Achille Loria fu professore nell’Università di Torino dal 1903 fino al 1932. Questo periodo fu caratterizzato dal lungo declino del suo prestigio come economista e dalla sua “solitudine”. Tuttavia questa solitudine non fu originata dalla ignoranza della moderna teoria economica, per la quale, invece, mostrò in diverse occasioni una genuina curiosità intellettuale. Piuttosto, egli rimase sempre consapevolmente fedele a una concezione classica dell’economia politica, basata sulla teoria della distribuzione del sovrappiù e della divisone tra le classi sociali, e a una visione dell’evoluzione della società e della scienza fortemente influenzata da un positivismo ormai abbandonato dalla maggior parte degli intellettuali. Oltre alla distribuzione fondamentale del reddito tra lavoratori produttivi e proprietari dei mezzi di produzione, Loria analizzò anche la redistribuzione conflittuale del sovrappiù fra differenti classi e gruppi sociali (proprietari fondiari, capitalisti produttivi e improduttivi e lavoratori improduttivi). In questo quadro elaborò la sua teoria del “subprodotto”, secondo la quale il prodotto effettivo è generalmente minore del prodotto potenziale in un’economia capitalistica. Loria concentrò la sua attenzione sulle condizioni di produzione e negò che il risparmio potesse non essere prontamente trasformato in investimento. Tuttavia egli riconobbe anche che la sua teoria del “capitale improduttivo” era analoga all’analisi della circolazione finanziaria svolta nel Trattato sulla moneta da Keynes. Per quanto riguarda il positivismo, uno degli elementi che caratterizzano i suoi scritti è la tensione tra l’analisi di una società e di un sistema economico complessi e articolati, e la volontà di ricondurre comunque questa complessità a sistema e di analizzarla a partire da un’unica causa determinante, il rapporto tra l’uomo e le risorse produttive naturali. Da una parte c’è quindi un’analisi che tende a mostrare, anche attraverso indagini interdisciplinari, l’articolazione delle classi e dei gruppi sociali, dei loro rapporti economici e di potere, dall’altra il principio di causalità si traduce nella convinzione che tutti i fenomeni, da qualsiasi punto di vista siano analizzati, vanno quasi immediatamente ricondotti in modo semplicistico ad un’unica causa che spieghi ad un tempo l’evoluzione storico-economica, la struttura economica, la distribuzione del prodotto, il progresso della produttività del lavoro e la costituzione politica.
La “solitudine” di Achille Loria: Positivismo, questione sociale e distribuzione
PERRI, Stefano
2004-01-01
Abstract
Achille Loria fu professore nell’Università di Torino dal 1903 fino al 1932. Questo periodo fu caratterizzato dal lungo declino del suo prestigio come economista e dalla sua “solitudine”. Tuttavia questa solitudine non fu originata dalla ignoranza della moderna teoria economica, per la quale, invece, mostrò in diverse occasioni una genuina curiosità intellettuale. Piuttosto, egli rimase sempre consapevolmente fedele a una concezione classica dell’economia politica, basata sulla teoria della distribuzione del sovrappiù e della divisone tra le classi sociali, e a una visione dell’evoluzione della società e della scienza fortemente influenzata da un positivismo ormai abbandonato dalla maggior parte degli intellettuali. Oltre alla distribuzione fondamentale del reddito tra lavoratori produttivi e proprietari dei mezzi di produzione, Loria analizzò anche la redistribuzione conflittuale del sovrappiù fra differenti classi e gruppi sociali (proprietari fondiari, capitalisti produttivi e improduttivi e lavoratori improduttivi). In questo quadro elaborò la sua teoria del “subprodotto”, secondo la quale il prodotto effettivo è generalmente minore del prodotto potenziale in un’economia capitalistica. Loria concentrò la sua attenzione sulle condizioni di produzione e negò che il risparmio potesse non essere prontamente trasformato in investimento. Tuttavia egli riconobbe anche che la sua teoria del “capitale improduttivo” era analoga all’analisi della circolazione finanziaria svolta nel Trattato sulla moneta da Keynes. Per quanto riguarda il positivismo, uno degli elementi che caratterizzano i suoi scritti è la tensione tra l’analisi di una società e di un sistema economico complessi e articolati, e la volontà di ricondurre comunque questa complessità a sistema e di analizzarla a partire da un’unica causa determinante, il rapporto tra l’uomo e le risorse produttive naturali. Da una parte c’è quindi un’analisi che tende a mostrare, anche attraverso indagini interdisciplinari, l’articolazione delle classi e dei gruppi sociali, dei loro rapporti economici e di potere, dall’altra il principio di causalità si traduce nella convinzione che tutti i fenomeni, da qualsiasi punto di vista siano analizzati, vanno quasi immediatamente ricondotti in modo semplicistico ad un’unica causa che spieghi ad un tempo l’evoluzione storico-economica, la struttura economica, la distribuzione del prodotto, il progresso della produttività del lavoro e la costituzione politica.File | Dimensione | Formato | |
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