All’interno della produzione di G. I. Ascoli, si colloca nel periodo giovanile (1851) il breve saggio Pasitelegrafia, dedicato alla definizione di un progetto di “lingua universale telegrafica”, codice standardizzato a base cifrata, inteso per la trasmissione e per la comunicazione interlinguistica tramite telegrafo. A partire dalla sintesi introduttiva, l’Autore recupera nomi e temi della teoresi universalista dell’epoca moderna, di cui ripropone (e in parte riproduce) il metodo della “riduzione” alle unità minime concettuali e la tassonomia combinatoria (Kircher), la propedeutica operazione dell’astrazione delle forme rispetto alle lingue storiche (Bacone), la dominanza attribuita al significato nell’elaborazione del sistema dei primitivi (Comenio), la correlata dimensione logica annessa al presupposto della grammatica generale (Cartesio), l’autonomia della scrittura come strumento di comunicazione globale (Wilkins), l’assunzione del modello matematico per la rappresentazione metalinguistica del reale (Leibniz, Maimieux). Rispetto al paradigma ereditato, la proposta ascoliana rileva puntualmente la problematicità dell’apriorismo semanticista, risolvendolo entro le dinamiche della relazione (ovvero traduzione) tra lingue, come impone il secolo dell’osservazione storica e comparativa del fatto linguistico (Humboldt). Contro l’astratta idea di perfezione, l’impraticabilità manifesta della lingua artificiale trova circostanza di attualizzazione nella prospettata applicazione all’ambito della comunicazione via telegrafo, un dominio settoriale che sottrae il modello alle insufficienze dell’universalismo preconcetto trasferendone i valori nella pratica dimensione internazionale e riconducendo la visione nomenclaturista dalla generale utopia all’alveo della specializzazione tecnologica. Per la tematica e per la trattazione, il progetto della Pasitelegrafia costituisce un contributo interessante per il confronto con la coeva speculazione europea, che, nel corso dell’Ottocento, va procedendo alla elaborazione di sistemi efficaci di scritture veloci per la riproduzione del parlato, come soprattutto avviene nelle diffuse scuole stenografiche (Taylor, Delpino, Pitman, Francini, Duployé, Gabelsberger, Noe) e, naturalmente, nella parallela e correlata scienza fonetica, impegnata nella codificazione dell’alfabeto universale (Volney, Lepsius, Bell, Sweet). Le istanze pratiche della comunicazione internazionale definiscono il metodo della Pasigrafia, giustificando la tradizionale soluzione riduzionista, ma salvaguardando la varietà: la classificazione enciclopedica è così annessa alla comune identità (europea), la velocità e la brevità sono elevate al rango di strumenti di precisione e di correttezza per l’espressione linguistica, la scrittura è eletta a canale metalinguistico inequivocabile.

La Pasitelegrafia di Ascoli nella riflessione linguistica europea, tra paradigma universalista e scritture veloci

F. Chiusaroli
2018-01-01

Abstract

All’interno della produzione di G. I. Ascoli, si colloca nel periodo giovanile (1851) il breve saggio Pasitelegrafia, dedicato alla definizione di un progetto di “lingua universale telegrafica”, codice standardizzato a base cifrata, inteso per la trasmissione e per la comunicazione interlinguistica tramite telegrafo. A partire dalla sintesi introduttiva, l’Autore recupera nomi e temi della teoresi universalista dell’epoca moderna, di cui ripropone (e in parte riproduce) il metodo della “riduzione” alle unità minime concettuali e la tassonomia combinatoria (Kircher), la propedeutica operazione dell’astrazione delle forme rispetto alle lingue storiche (Bacone), la dominanza attribuita al significato nell’elaborazione del sistema dei primitivi (Comenio), la correlata dimensione logica annessa al presupposto della grammatica generale (Cartesio), l’autonomia della scrittura come strumento di comunicazione globale (Wilkins), l’assunzione del modello matematico per la rappresentazione metalinguistica del reale (Leibniz, Maimieux). Rispetto al paradigma ereditato, la proposta ascoliana rileva puntualmente la problematicità dell’apriorismo semanticista, risolvendolo entro le dinamiche della relazione (ovvero traduzione) tra lingue, come impone il secolo dell’osservazione storica e comparativa del fatto linguistico (Humboldt). Contro l’astratta idea di perfezione, l’impraticabilità manifesta della lingua artificiale trova circostanza di attualizzazione nella prospettata applicazione all’ambito della comunicazione via telegrafo, un dominio settoriale che sottrae il modello alle insufficienze dell’universalismo preconcetto trasferendone i valori nella pratica dimensione internazionale e riconducendo la visione nomenclaturista dalla generale utopia all’alveo della specializzazione tecnologica. Per la tematica e per la trattazione, il progetto della Pasitelegrafia costituisce un contributo interessante per il confronto con la coeva speculazione europea, che, nel corso dell’Ottocento, va procedendo alla elaborazione di sistemi efficaci di scritture veloci per la riproduzione del parlato, come soprattutto avviene nelle diffuse scuole stenografiche (Taylor, Delpino, Pitman, Francini, Duployé, Gabelsberger, Noe) e, naturalmente, nella parallela e correlata scienza fonetica, impegnata nella codificazione dell’alfabeto universale (Volney, Lepsius, Bell, Sweet). Le istanze pratiche della comunicazione internazionale definiscono il metodo della Pasigrafia, giustificando la tradizionale soluzione riduzionista, ma salvaguardando la varietà: la classificazione enciclopedica è così annessa alla comune identità (europea), la velocità e la brevità sono elevate al rango di strumenti di precisione e di correttezza per l’espressione linguistica, la scrittura è eletta a canale metalinguistico inequivocabile.
2018
978-88-6897-138-0
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Descrizione: La Pasitelegrafia di Ascoli nella riflessione linguistica europea, tra paradigma universalista e scritture veloci .
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