Lo studio approfondisce la formazione dei professionisti della mediazione, collocandosi all’interno del dibattito relativo agli agenti della mediazione nel mobile scenario dell’attuale realtà sociale ed educativa italiana. Le autrici fanno emergere aspetti fondamentali e necessariamente in divenire della formazione e del ruolo del cosiddetto ‘facilitatore’, come figura intrinsecamente legata al processo della mediazione linguistica e culturale in contesto scolastico. Attraverso la riflessione critica su un’esperienza condotta dalle studiose per un corso di formazione professionale a livello provinciale, sono problematizzate le modalità di gestione dello spazio della mediazione creato dal facilitatore per l’italiano come lingua seconda, così come gli obiettivi che tale figura dovrebbe e potrebbe porsi per svolgere un ruolo attivo, non assistenziale, nel settore in cui e per cui nasce. Ne vengono quindi evidenziati alcuni caratteri peculiari, anche in modo complementare rispetto al ‘mediatore culturale’, con il quale viene talvolta assimilato, nella definizione come nelle funzioni. In effetti, come segnalano le autrici e come mettono anche in evidenza altri contributi qui raccolti, le definizioni del mediatore sono molteplici e talvolta imprecise e questo fa sì che la figura professionale faccia fatica a definirsi. Il concetto di mediatore include gli operatori della mediazione culturale, i facilitatori linguistici e/o culturali, i mediatori interculturali e altre figure che in certi casi si sovrappongono, e che in altri si differenziano, senza che sia possibile individuare una norma apparente. In questo contesto, appare quindi necessario andare oltre e stabilire nella regolamentazione e nella pratica all’interno degli albi professionali creati a livello locale e nazionale, una definizione concreta della figura in modo anche da definire e rinforzare la relativa formazione professionale. Tramite gli esempi derivanti da esperienze concrete di formazione, le autrici mostrano come una preparazione ad hoc e un approccio (auto)riflessivo al contesto didattico possano efficacemente contribuire a rendere la figura del facilitatore un fondamentale supporto su due piani specifici: a) sul piano strettamente educativo; b) su un piano più ampio, per la creazione di quelli che vengono denominati “spazi del meticciato”, negoziabili sia a livello istituzionale sia a livello dei singoli soggetti in gioco. Le autrici accennano contestualmente agli aspetti critici di una simile declinazione della figura, per suggerire tuttavia la possibilità che il facilitatore possa davvero facilitare la mediazione, ponendosi tra diverse discipline oltre che tra diverse lingue-culture presenti in classe, e contribuendo in questo modo a creare nuove connessioni, contaminazioni e interferenze positive nella formazione nell’ambito della didattica in un contesto plurilingue.

Facilitare la mediazione: spazi e figure della mediazione linguistico-culturale in contesto educativo

COGNIGNI, EDITH;
2010-01-01

Abstract

Lo studio approfondisce la formazione dei professionisti della mediazione, collocandosi all’interno del dibattito relativo agli agenti della mediazione nel mobile scenario dell’attuale realtà sociale ed educativa italiana. Le autrici fanno emergere aspetti fondamentali e necessariamente in divenire della formazione e del ruolo del cosiddetto ‘facilitatore’, come figura intrinsecamente legata al processo della mediazione linguistica e culturale in contesto scolastico. Attraverso la riflessione critica su un’esperienza condotta dalle studiose per un corso di formazione professionale a livello provinciale, sono problematizzate le modalità di gestione dello spazio della mediazione creato dal facilitatore per l’italiano come lingua seconda, così come gli obiettivi che tale figura dovrebbe e potrebbe porsi per svolgere un ruolo attivo, non assistenziale, nel settore in cui e per cui nasce. Ne vengono quindi evidenziati alcuni caratteri peculiari, anche in modo complementare rispetto al ‘mediatore culturale’, con il quale viene talvolta assimilato, nella definizione come nelle funzioni. In effetti, come segnalano le autrici e come mettono anche in evidenza altri contributi qui raccolti, le definizioni del mediatore sono molteplici e talvolta imprecise e questo fa sì che la figura professionale faccia fatica a definirsi. Il concetto di mediatore include gli operatori della mediazione culturale, i facilitatori linguistici e/o culturali, i mediatori interculturali e altre figure che in certi casi si sovrappongono, e che in altri si differenziano, senza che sia possibile individuare una norma apparente. In questo contesto, appare quindi necessario andare oltre e stabilire nella regolamentazione e nella pratica all’interno degli albi professionali creati a livello locale e nazionale, una definizione concreta della figura in modo anche da definire e rinforzare la relativa formazione professionale. Tramite gli esempi derivanti da esperienze concrete di formazione, le autrici mostrano come una preparazione ad hoc e un approccio (auto)riflessivo al contesto didattico possano efficacemente contribuire a rendere la figura del facilitatore un fondamentale supporto su due piani specifici: a) sul piano strettamente educativo; b) su un piano più ampio, per la creazione di quelli che vengono denominati “spazi del meticciato”, negoziabili sia a livello istituzionale sia a livello dei singoli soggetti in gioco. Le autrici accennano contestualmente agli aspetti critici di una simile declinazione della figura, per suggerire tuttavia la possibilità che il facilitatore possa davvero facilitare la mediazione, ponendosi tra diverse discipline oltre che tra diverse lingue-culture presenti in classe, e contribuendo in questo modo a creare nuove connessioni, contaminazioni e interferenze positive nella formazione nell’ambito della didattica in un contesto plurilingue.
2010
9788895451473
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