Il lavoro vuole fornire una preliminare relazione sulla VII campagna di scavo effettuata nell’estate del 2006 dall’Università degli Studi di Macerata a Tifernum Mataurense, antico municipio romano nell’alta valle del Metauro nella VI regio augustea. Le attività, finalizzate alla riscoperta delle antiche terme romane in loc. Colombaro, già scavate tra il 1957 e il 1959 dalla Soprintendenza Archeologica delle Marche di Ancona e poi ricoperte per ragioni conservative, ha previsto un duplice intervento. Il primo è consistito in un’indagine stratigrafica sul ‘Testimone A’, risparmiato dagli scavi del ’57, che ha permesso di documentare una situazione antica già fortemente compromessa in età medievale. Il secondo ha riguardato l’estensione verso Est del fronte di scavo con la rimozione di un consistente strato di riporto; l’operazione ha fatto emergere strutture di ambienti termali parzialmente obliterati dalla costruzione di un laboratorio moderno, ampi tratti della sottopavimentazione dell’ipocausto con parte delle suspensurae tuttora in situ, resti di pavimentazione in cocciopesto con un piccolo lembo di mosaico bicromo, ancora conservato. I lavori hanno previsto anche il proseguimento degli scavi nei piccoli Saggi ‘A’ e ‘B’, avviati nel 2003 e ripresi nel 2005 lungo l’asse mediano del cardo maximus per lo studio della preparazione stradale e dell'eventuale fase precedente. Nel “Saggio A” e sotto la massicciata stradale è stato rinvenuto uno strato antico formato da ghiaia grossolana e ciottoli fluviali, disposti in modo casuale e caotico, ben addensati e incastrati tra loro da una compatta sabbia. La presenza di turbative nell’assortimento deposizionale delle ghiaie prova che il materiale è stato soggetto a notevole energia idraulica e suggerisce una genesi naturale dello strato, forse da identificare nel fondo di un canale. Nel “saggio B” le attività hanno raggiunto uno strato composto da una matrice di terra limosa e sabbiosa, molto compatta, con una componente di grossolana ghiaia fluviale, a disposizione caotica con uno scenario d’insieme che indirizza l’interpretazione verso uno strato antropico, forse un piano preparatorio per un’opera idrica, quale un canale di irrigazione o di derivazione, come nell’adiacente “Saggio A”.
Indagini archeologiche a Tifernum Mataurense (Sant’Angelo in Vado- PU). VII campagna di scavo (3-29 luglio 2006).
STORTONI, EMANUELA
2010-01-01
Abstract
Il lavoro vuole fornire una preliminare relazione sulla VII campagna di scavo effettuata nell’estate del 2006 dall’Università degli Studi di Macerata a Tifernum Mataurense, antico municipio romano nell’alta valle del Metauro nella VI regio augustea. Le attività, finalizzate alla riscoperta delle antiche terme romane in loc. Colombaro, già scavate tra il 1957 e il 1959 dalla Soprintendenza Archeologica delle Marche di Ancona e poi ricoperte per ragioni conservative, ha previsto un duplice intervento. Il primo è consistito in un’indagine stratigrafica sul ‘Testimone A’, risparmiato dagli scavi del ’57, che ha permesso di documentare una situazione antica già fortemente compromessa in età medievale. Il secondo ha riguardato l’estensione verso Est del fronte di scavo con la rimozione di un consistente strato di riporto; l’operazione ha fatto emergere strutture di ambienti termali parzialmente obliterati dalla costruzione di un laboratorio moderno, ampi tratti della sottopavimentazione dell’ipocausto con parte delle suspensurae tuttora in situ, resti di pavimentazione in cocciopesto con un piccolo lembo di mosaico bicromo, ancora conservato. I lavori hanno previsto anche il proseguimento degli scavi nei piccoli Saggi ‘A’ e ‘B’, avviati nel 2003 e ripresi nel 2005 lungo l’asse mediano del cardo maximus per lo studio della preparazione stradale e dell'eventuale fase precedente. Nel “Saggio A” e sotto la massicciata stradale è stato rinvenuto uno strato antico formato da ghiaia grossolana e ciottoli fluviali, disposti in modo casuale e caotico, ben addensati e incastrati tra loro da una compatta sabbia. La presenza di turbative nell’assortimento deposizionale delle ghiaie prova che il materiale è stato soggetto a notevole energia idraulica e suggerisce una genesi naturale dello strato, forse da identificare nel fondo di un canale. Nel “saggio B” le attività hanno raggiunto uno strato composto da una matrice di terra limosa e sabbiosa, molto compatta, con una componente di grossolana ghiaia fluviale, a disposizione caotica con uno scenario d’insieme che indirizza l’interpretazione verso uno strato antropico, forse un piano preparatorio per un’opera idrica, quale un canale di irrigazione o di derivazione, come nell’adiacente “Saggio A”.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.