Nel lavoro: “Tradurre la Venezia invisibile”, il riferimento a Venezia è a carattere metaforico. Il titolo è un modo per introdurre l’argomento della dimensione interiore della mente vissuta come spazio architettonico, dove la coscienza è, al tempo stesso, oggetto e soggetto delle rappresentazioni. La metafora della mente come spazio architettonico ha radici molto antiche (dalla caverna platonica ai loci della memoria nella tradizione classica, alle rappresentazioni cartesiane del teatro-mente, ecc.). Si descrive l’influenza della tragedia greca sulla forma mentis dei greci, e le sue implicazioni cognitive per poi passare alle rappresentazioni del teatro interiore durante il Medioevo e il Rinascimento, con lo sdoppiamento del dramma nell’epoca isabelliana e la forte influenza della filosofia ermetica.. La configurazione architettonica della mente si riflette nella psicologia moderna e contemporanea, prima con i fratelli James, più tardi resa più complessa con Freud e Jung, fino ad arrivare alle scienze neurocognitive che ricorrono alla metafora della mente come spazio strutturato in sottocompartimenti. Quindi, la casa, la città, il tempio e, in generale, tutti gli spazi architettonici, diventano nella cultura occidentale, specialmente a partire dal secolo scorso, proiezioni di una dimensione interiore che si sperimenta come forma spaziale, impregnando le metafore del quotidiano e non soltanto le opere letterarie. Si analizza successivamente il nuovo paradigma della conoscenza in rapporto al soggetto multiculturale e alle problematiche dell’io, con l’accentuarsi delle dissonanze cognitive nel terzo millennio, dell’apporto dell’interdisciplinarità nella ricerca, per poi fermarsi nella forma mentis dell’uomo occidentale contemporaneo nelle culture più tecnicizzate, dove la mente è immersa in una situazione instabile e stressante, circondata da una realtà virtuale sovraccarica d’informazione e mancante di vera comunicazione. Circostanze che portano a problematiche neurologiche per via di un cervello non abituato alle nuove sfide della psiche. Infatti, poiché si è entrati troppo velocemente nel mondo multimediatico, la meccanica evolutiva di risposta del cervello non è ancora predisposta verso il mondo della realtà virtuale, per cui il cervello –che non ha imparato a far differenza tra realtà esterna e realtà interna- riempie il corpo di adrenalina e di cortisolo. Le conseguenze sembrano essere eccesso di stress, sintomi depressivi e deficit di attenzione dovute all’impossibilità di gestire l’iperattività e il controllo dell’ intelligenza emotiva. Possono anche subentrare malattie del sistema immunologico. Si può quindi ipotizzare che, per coloro che abbiano assimilato questo nuovo paradigma (che vuol dire il ricorso continuo allo schermo, la modifica del concetto di testo e di ricerca con l’utilizzo della rete, la trasformazione dei tempi di comunicazione con i nuovi media elettronici) la forma mentis non sia più la stessa. Tutte queste tecniche ormai generalizzate hanno contribuito alla perdita del concetto di gerarchia e alla trasformazione dello spazio interno in un luogo di frontiera che non è più una costruzione architettonica compatta e ha subito una mutazione di stile e di consistenza. Le domande cruciali, a questo punto, sono due: 1. In quale direzione stiamo andando come specie umana? 2. In questa nostra Venezia interiore, sempre più fluida, chi definisce ciò che è importante? Si parla quindi della funzione strategica che ha avuto l’utilizzo della narrazione nell’evoluzione della specie umana, nella trasmissione del sapere e nello sviluppo della conoscenza; si parla anche dell’importanza dei neuroni mirror o specchio in questo contesto. Con l’avvento del pensiero complesso e lo sviluppo delle tecniche multimediale, la tecnica del raccontare storie come metodologia specifica si espande e passa ad essere considerata uno strumento essenziale nella formazione, anche a livello imprenditoriale. In risposta alle domande precedenti, una risposta arriva dall’Università di Chicago e riguarda la architettura comunicativa neurale. Questa Università, partendo dalle più recenti riflessioni sui processi di apprendimento, è arrivata alla conclusione che l’identità cresce in complessità con un tipo di esperienza soggettiva chiamata “flusso di coscienza o esperienza ottimale” (esperienza emergente di tipo sistemico che dà all’essere umano una dimensione di intensa partecipazione con l’universo). Tale esperienza trova le radici biologiche negli schemi cognitivi generati dal cervello nel tempo, a partire dalle necessità di sopravvivenza, sempre più sofisticate, che gli esseri umani cercano di soddisfare. Ci sono anche tutta una serie di nuove tendenze terapeutiche che attingono alle dimensioni dello sport, delle arti e della filosofia, per cercare di ottenere lo stato ottimale desiderato. Come conclusione si accenna al fatto che l’epoca attuale, intessuta di problematiche multiculturali, rappresenta una grande sfida che l’intera umanità, prima o poi, dovrà affrontare allargando gli orizzonti per generare un nuovo paradigma universale basato sulla condivisione di obiettivi, su una comunicazione autentica e non virtuale, e fornendo una risposta complessa, con la costruzione di nuovi domini metaforici interrelati che rappresentino le nuove forme di conoscenza. A questo punto è probabile che emerga una nuova identità più articolata con delle caratteristiche emergenti che ancora non possiamo prevedere, ma che di sicuro sarà sempre di più concepita non come entità nucleare statica, bensì come progetto storico in continua espansione, con un graduale incremento dei cosiddetti ‘flussi di coscienza’, che permetteranno di comprendere meglio le problematiche imprevedibili della società del domani.

TRANSLATING THE INVISIBLE VENICE.FIFTY YEARS OF ICLA

RICCI, Nilbet Graciela
2009-01-01

Abstract

Nel lavoro: “Tradurre la Venezia invisibile”, il riferimento a Venezia è a carattere metaforico. Il titolo è un modo per introdurre l’argomento della dimensione interiore della mente vissuta come spazio architettonico, dove la coscienza è, al tempo stesso, oggetto e soggetto delle rappresentazioni. La metafora della mente come spazio architettonico ha radici molto antiche (dalla caverna platonica ai loci della memoria nella tradizione classica, alle rappresentazioni cartesiane del teatro-mente, ecc.). Si descrive l’influenza della tragedia greca sulla forma mentis dei greci, e le sue implicazioni cognitive per poi passare alle rappresentazioni del teatro interiore durante il Medioevo e il Rinascimento, con lo sdoppiamento del dramma nell’epoca isabelliana e la forte influenza della filosofia ermetica.. La configurazione architettonica della mente si riflette nella psicologia moderna e contemporanea, prima con i fratelli James, più tardi resa più complessa con Freud e Jung, fino ad arrivare alle scienze neurocognitive che ricorrono alla metafora della mente come spazio strutturato in sottocompartimenti. Quindi, la casa, la città, il tempio e, in generale, tutti gli spazi architettonici, diventano nella cultura occidentale, specialmente a partire dal secolo scorso, proiezioni di una dimensione interiore che si sperimenta come forma spaziale, impregnando le metafore del quotidiano e non soltanto le opere letterarie. Si analizza successivamente il nuovo paradigma della conoscenza in rapporto al soggetto multiculturale e alle problematiche dell’io, con l’accentuarsi delle dissonanze cognitive nel terzo millennio, dell’apporto dell’interdisciplinarità nella ricerca, per poi fermarsi nella forma mentis dell’uomo occidentale contemporaneo nelle culture più tecnicizzate, dove la mente è immersa in una situazione instabile e stressante, circondata da una realtà virtuale sovraccarica d’informazione e mancante di vera comunicazione. Circostanze che portano a problematiche neurologiche per via di un cervello non abituato alle nuove sfide della psiche. Infatti, poiché si è entrati troppo velocemente nel mondo multimediatico, la meccanica evolutiva di risposta del cervello non è ancora predisposta verso il mondo della realtà virtuale, per cui il cervello –che non ha imparato a far differenza tra realtà esterna e realtà interna- riempie il corpo di adrenalina e di cortisolo. Le conseguenze sembrano essere eccesso di stress, sintomi depressivi e deficit di attenzione dovute all’impossibilità di gestire l’iperattività e il controllo dell’ intelligenza emotiva. Possono anche subentrare malattie del sistema immunologico. Si può quindi ipotizzare che, per coloro che abbiano assimilato questo nuovo paradigma (che vuol dire il ricorso continuo allo schermo, la modifica del concetto di testo e di ricerca con l’utilizzo della rete, la trasformazione dei tempi di comunicazione con i nuovi media elettronici) la forma mentis non sia più la stessa. Tutte queste tecniche ormai generalizzate hanno contribuito alla perdita del concetto di gerarchia e alla trasformazione dello spazio interno in un luogo di frontiera che non è più una costruzione architettonica compatta e ha subito una mutazione di stile e di consistenza. Le domande cruciali, a questo punto, sono due: 1. In quale direzione stiamo andando come specie umana? 2. In questa nostra Venezia interiore, sempre più fluida, chi definisce ciò che è importante? Si parla quindi della funzione strategica che ha avuto l’utilizzo della narrazione nell’evoluzione della specie umana, nella trasmissione del sapere e nello sviluppo della conoscenza; si parla anche dell’importanza dei neuroni mirror o specchio in questo contesto. Con l’avvento del pensiero complesso e lo sviluppo delle tecniche multimediale, la tecnica del raccontare storie come metodologia specifica si espande e passa ad essere considerata uno strumento essenziale nella formazione, anche a livello imprenditoriale. In risposta alle domande precedenti, una risposta arriva dall’Università di Chicago e riguarda la architettura comunicativa neurale. Questa Università, partendo dalle più recenti riflessioni sui processi di apprendimento, è arrivata alla conclusione che l’identità cresce in complessità con un tipo di esperienza soggettiva chiamata “flusso di coscienza o esperienza ottimale” (esperienza emergente di tipo sistemico che dà all’essere umano una dimensione di intensa partecipazione con l’universo). Tale esperienza trova le radici biologiche negli schemi cognitivi generati dal cervello nel tempo, a partire dalle necessità di sopravvivenza, sempre più sofisticate, che gli esseri umani cercano di soddisfare. Ci sono anche tutta una serie di nuove tendenze terapeutiche che attingono alle dimensioni dello sport, delle arti e della filosofia, per cercare di ottenere lo stato ottimale desiderato. Come conclusione si accenna al fatto che l’epoca attuale, intessuta di problematiche multiculturali, rappresenta una grande sfida che l’intera umanità, prima o poi, dovrà affrontare allargando gli orizzonti per generare un nuovo paradigma universale basato sulla condivisione di obiettivi, su una comunicazione autentica e non virtuale, e fornendo una risposta complessa, con la costruzione di nuovi domini metaforici interrelati che rappresentino le nuove forme di conoscenza. A questo punto è probabile che emerga una nuova identità più articolata con delle caratteristiche emergenti che ancora non possiamo prevedere, ma che di sicuro sarà sempre di più concepita non come entità nucleare statica, bensì come progetto storico in continua espansione, con un graduale incremento dei cosiddetti ‘flussi di coscienza’, che permetteranno di comprendere meglio le problematiche imprevedibili della società del domani.
2009
9788875432515
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