Sotto la finzione di un saggio storico, questo articolo ricostruisce la cornice filosofica e teologica in cui è nato il primo ospedale cristiano nel IV secolo, ad opera dei Padri Cappadoci. Esso non fu un monumento all’evergetismo di un ricco benefattore, come era uso presso i pagani. L’ospedale detto Basiliade fu la realizzazione di uno spazio semantico, nel quale veniva estensionalizzata e mostrata la relazione fra persone. L’articolo rilegge gli enunciati di due opere fondamentali per illuminare questo fatto: il trattato De hominis opificio e il secondo discorso De pauperibus amandis di Gregorio di Nissa. L’uomo vi viene descritto come “vivente linguistico” e la malattia come una decostruzione di questa identità costruita attraverso le relazioni rese possibili dal linguaggio. Questo approccio vicino alla filosofia analitica rivela che i testi dei Padri non sono teologici più di quanto non siano filosofici. Inoltre, esso spiega come la visione filosofica antica posseduta dai Cappadoci – giusta l’insegnamento di Pierre Hadot – era quella di una forma di vita, piuttosto che di un sistema di pensiero in sé conchiuso, ed avrebbe qualcosa da dire anche alla moderna visione della bioetica, i cui prodotti teorici oscillano sempre fra dogmatismo e stipulazione. L’autore professa qui la sua fiducia nella lezione della “svolta linguistica” in filosofia.

Il posto del malato tra ethos e logos. Luoghi di cura e saperi nel Mondo Antico e Tardoantico

LA MATINA, Vincenzo Marcello
2007-01-01

Abstract

Sotto la finzione di un saggio storico, questo articolo ricostruisce la cornice filosofica e teologica in cui è nato il primo ospedale cristiano nel IV secolo, ad opera dei Padri Cappadoci. Esso non fu un monumento all’evergetismo di un ricco benefattore, come era uso presso i pagani. L’ospedale detto Basiliade fu la realizzazione di uno spazio semantico, nel quale veniva estensionalizzata e mostrata la relazione fra persone. L’articolo rilegge gli enunciati di due opere fondamentali per illuminare questo fatto: il trattato De hominis opificio e il secondo discorso De pauperibus amandis di Gregorio di Nissa. L’uomo vi viene descritto come “vivente linguistico” e la malattia come una decostruzione di questa identità costruita attraverso le relazioni rese possibili dal linguaggio. Questo approccio vicino alla filosofia analitica rivela che i testi dei Padri non sono teologici più di quanto non siano filosofici. Inoltre, esso spiega come la visione filosofica antica posseduta dai Cappadoci – giusta l’insegnamento di Pierre Hadot – era quella di una forma di vita, piuttosto che di un sistema di pensiero in sé conchiuso, ed avrebbe qualcosa da dire anche alla moderna visione della bioetica, i cui prodotti teorici oscillano sempre fra dogmatismo e stipulazione. L’autore professa qui la sua fiducia nella lezione della “svolta linguistica” in filosofia.
2007
Internazionale
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