Il famoso argomento della Linea viene analizzato a partire da una sua precisa contestualizzazione, necessaria perché esso si colloca in una compatta sequenza di immagini: il Sole, la Linea, la Caverna, al cui interno la Linea svolge la funzione di anello di congiunzione tra le altre due immagini, che l’articolo prende brevemente in esame. Si cerca di cogliere il senso di ciascuna affermazione platonica nell’ambito del momento e del contesto in cui viene proposta. La cosa offre subito chiavi di lettura: poi-ché questa sequenza serve a giustificare la terza ondata, chiarendo che cosa si intende per filosofi e per filosofia, comporta come conseguenza diretta una radicale contrapposizione tra filosofi e filodossi, con un duro attacco alla doxa (484 C-D) che in altri contesti non si presenta affatto. In questa stessa chiave l’articolo svolge una breve analisi dedicata al Bene, in cui si elencano e sottolineano i vari passaggi te-stuali che inducono a sostenerne la conoscibilità; analogamente si propongono alcune brevi osservazioni finali sulla Caverna in cui si individua lo stesso meccanismo ambivalente visto nella Linea: una scansio-ne forte tra i due mondi, qui nella forma “fuori- dentro”, e nello stesso tempo un processo continuo e u-nitario. Lo sforzo maggiore è comunque quello di chiarire il ruolo che la Linea svolge nell’esposizione pla-tonica. Dopo aver accennato in modo forte alla questione del Bene, prima di riproporre un quadro molto più articolato in forma drammatica con la narrazione della Caverna, Platone, malgrado le sue “reticen-ze”, da buon maestro offre uno “schema”, appunto la Linea, per ricomprendere alcuni elementi del di-scorso proposto e per offrire così un aiuto con cui affrontare la Caverna. La Linea viene esaminata analiticamente in tutti i suoi vari passaggi. In particolare, si mostra che, an-che se a Platone interessa assai più la seconda sezione, cosa logica visto che tutto è in funzione della fi-gura del filosofo, la prima non è affatto priva di interesse dal punto di vista filosofico; l’eikasia è infatti una forma conoscitiva per quanto inferiore che va distinta dalla ignoranza e dal non sapere; ancora, si mostra come il testo stesso porti ad affermare il nesso, ma non l’identità, tra matematiche e dianoia. Un punto decisivo è che, dall’analisi del testo e dal confronto con le precedenti trattazioni, si manife-sta l’uso platonico di schemi diversi, ad esempio per descrivere e qualificare il ruolo della doxa, che nel libro V è intermedia fra sapere e ignoranza, mentre qui troviamo la dianoia intermedia tra doxa e nous. L’individuazione di questa costante polivalenza dell’analisi platonica permette di cogliere, nel testo stes-so della Linea, vari elementi che fuoriescono dal quadro, il che porta a riconoscere che qui abbiamo solo “uno” schema e non “lo” schema. Ciò emerge in quanto si individuano anche una serie di sbilanciamen-ti in questo diagramma, soprattutto tra le due sezioni e nei rapporti tra gli elementi delle sezioni stesse. Infine, non può essere sottovalutato il fatto che qui Platone, procedendo per immagini e non per ragio-namenti, ci dà molte informazioni, ma non argomenta. Si tratta di una scelta comprensibile, in quanto egli voleva sostenere una tesi che doveva apparire paradossale e per questo doveva per la prima volta presentare con chiarezza la figura del filosofo, distinguendolo dai filodossi e dagli pseudofilosofi, “ac-cennando” a temi di grande rilevanza e difficoltà. Da ciò deriva un atteggiamento metodico: non bisogna stupirsi di trovare nella Linea espliciti nuclei problematici, che sembrano voluti dall’Autore. D’altra parte Socrate stesso all’inizio afferma che ha la-sciato molte cose in sospeso e che molte altre ne tralascerà, anche se cercherà di non ometterne di pro-posito per quanto è possibile nella situazione presente (509 C). Il che ci lascia insoddisfatti e “pensiero-si”, ma probabilmente questo era proprio uno degli scopi che Platone si riprometteva.

Lo schema onto-epistemico della Linea

MIGLIORI, Maurizio
2007-01-01

Abstract

Il famoso argomento della Linea viene analizzato a partire da una sua precisa contestualizzazione, necessaria perché esso si colloca in una compatta sequenza di immagini: il Sole, la Linea, la Caverna, al cui interno la Linea svolge la funzione di anello di congiunzione tra le altre due immagini, che l’articolo prende brevemente in esame. Si cerca di cogliere il senso di ciascuna affermazione platonica nell’ambito del momento e del contesto in cui viene proposta. La cosa offre subito chiavi di lettura: poi-ché questa sequenza serve a giustificare la terza ondata, chiarendo che cosa si intende per filosofi e per filosofia, comporta come conseguenza diretta una radicale contrapposizione tra filosofi e filodossi, con un duro attacco alla doxa (484 C-D) che in altri contesti non si presenta affatto. In questa stessa chiave l’articolo svolge una breve analisi dedicata al Bene, in cui si elencano e sottolineano i vari passaggi te-stuali che inducono a sostenerne la conoscibilità; analogamente si propongono alcune brevi osservazioni finali sulla Caverna in cui si individua lo stesso meccanismo ambivalente visto nella Linea: una scansio-ne forte tra i due mondi, qui nella forma “fuori- dentro”, e nello stesso tempo un processo continuo e u-nitario. Lo sforzo maggiore è comunque quello di chiarire il ruolo che la Linea svolge nell’esposizione pla-tonica. Dopo aver accennato in modo forte alla questione del Bene, prima di riproporre un quadro molto più articolato in forma drammatica con la narrazione della Caverna, Platone, malgrado le sue “reticen-ze”, da buon maestro offre uno “schema”, appunto la Linea, per ricomprendere alcuni elementi del di-scorso proposto e per offrire così un aiuto con cui affrontare la Caverna. La Linea viene esaminata analiticamente in tutti i suoi vari passaggi. In particolare, si mostra che, an-che se a Platone interessa assai più la seconda sezione, cosa logica visto che tutto è in funzione della fi-gura del filosofo, la prima non è affatto priva di interesse dal punto di vista filosofico; l’eikasia è infatti una forma conoscitiva per quanto inferiore che va distinta dalla ignoranza e dal non sapere; ancora, si mostra come il testo stesso porti ad affermare il nesso, ma non l’identità, tra matematiche e dianoia. Un punto decisivo è che, dall’analisi del testo e dal confronto con le precedenti trattazioni, si manife-sta l’uso platonico di schemi diversi, ad esempio per descrivere e qualificare il ruolo della doxa, che nel libro V è intermedia fra sapere e ignoranza, mentre qui troviamo la dianoia intermedia tra doxa e nous. L’individuazione di questa costante polivalenza dell’analisi platonica permette di cogliere, nel testo stes-so della Linea, vari elementi che fuoriescono dal quadro, il che porta a riconoscere che qui abbiamo solo “uno” schema e non “lo” schema. Ciò emerge in quanto si individuano anche una serie di sbilanciamen-ti in questo diagramma, soprattutto tra le due sezioni e nei rapporti tra gli elementi delle sezioni stesse. Infine, non può essere sottovalutato il fatto che qui Platone, procedendo per immagini e non per ragio-namenti, ci dà molte informazioni, ma non argomenta. Si tratta di una scelta comprensibile, in quanto egli voleva sostenere una tesi che doveva apparire paradossale e per questo doveva per la prima volta presentare con chiarezza la figura del filosofo, distinguendolo dai filodossi e dagli pseudofilosofi, “ac-cennando” a temi di grande rilevanza e difficoltà. Da ciò deriva un atteggiamento metodico: non bisogna stupirsi di trovare nella Linea espliciti nuclei problematici, che sembrano voluti dall’Autore. D’altra parte Socrate stesso all’inizio afferma che ha la-sciato molte cose in sospeso e che molte altre ne tralascerà, anche se cercherà di non ometterne di pro-posito per quanto è possibile nella situazione presente (509 C). Il che ci lascia insoddisfatti e “pensiero-si”, ma probabilmente questo era proprio uno degli scopi che Platone si riprometteva.
2007
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