Il saggio muove dall’ammonimento kantiano a sottrarre il nucleo originario del senso morale a ogni estrinseca soggezione eteronoma, considerandolo anche come invito a riconoscere e valutare criticamente la pretesa di sottrarre l’ambito comunicativo a qualsiasi implicazione etica, riducendolo a una sorta di enclave neutra, da gestire solo in nome di istanze di ordine operativo. Tale equivoco si collega a un’interpretazione inadeguata e riduttiva dello spessore pragmatico e interpersonale dell’atto del comunicare, che è primariamente una modalità fondamentale della reciprocità umana, e proprio per questo non dev’essere riduttivamente identificato con il problema dei mezzi di comunicazione, che ne rappresentano invece solo un apparato strumentale ausiliario. Il divorzio tra etica e comunicazione nasce quindi dal proposito di neutralizzare la sfera comunicativa, quasi si trattasse di una sorta di limbo impermeabile, valutabile solo in nome di criteri puramente funzionali. Questa pretesa comporta di conseguenza il disconoscimento di qualsiasi spessore interpersonale nell’atto comunicativo; svuotare tale atto di ogni valenza etica, collocandolo al di là del bene e del male, coincide in ultima analisi con la negazione del senso stesso e del valore di ogni prassi comunicativa, con evidenti effetti deresponsabilizzanti, che intaccano il senso stesso del vincolo interpersonale e il dovere reciproco di risponderne. A partire da qui, si abbozza un confronto critico con questa sfida, chiamando in causa alcune tesi sviluppate nell’ambito del pensiero filosofico contemporaneo, prima di suggerire un ritorno a questa posizione di partenza, che aiuti ad andare con Kant oltre Kant.

Reciprocità responsabile. Etica, linguaggio e comunicazione,

ALICI, Luigino
2009-01-01

Abstract

Il saggio muove dall’ammonimento kantiano a sottrarre il nucleo originario del senso morale a ogni estrinseca soggezione eteronoma, considerandolo anche come invito a riconoscere e valutare criticamente la pretesa di sottrarre l’ambito comunicativo a qualsiasi implicazione etica, riducendolo a una sorta di enclave neutra, da gestire solo in nome di istanze di ordine operativo. Tale equivoco si collega a un’interpretazione inadeguata e riduttiva dello spessore pragmatico e interpersonale dell’atto del comunicare, che è primariamente una modalità fondamentale della reciprocità umana, e proprio per questo non dev’essere riduttivamente identificato con il problema dei mezzi di comunicazione, che ne rappresentano invece solo un apparato strumentale ausiliario. Il divorzio tra etica e comunicazione nasce quindi dal proposito di neutralizzare la sfera comunicativa, quasi si trattasse di una sorta di limbo impermeabile, valutabile solo in nome di criteri puramente funzionali. Questa pretesa comporta di conseguenza il disconoscimento di qualsiasi spessore interpersonale nell’atto comunicativo; svuotare tale atto di ogni valenza etica, collocandolo al di là del bene e del male, coincide in ultima analisi con la negazione del senso stesso e del valore di ogni prassi comunicativa, con evidenti effetti deresponsabilizzanti, che intaccano il senso stesso del vincolo interpersonale e il dovere reciproco di risponderne. A partire da qui, si abbozza un confronto critico con questa sfida, chiamando in causa alcune tesi sviluppate nell’ambito del pensiero filosofico contemporaneo, prima di suggerire un ritorno a questa posizione di partenza, che aiuti ad andare con Kant oltre Kant.
2009
Internazionale
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