I sistemi educativi si trovano oggi a dialogare con gli elementi di complessità derivanti dalle rapide trasformazioni della società contemporanea. L’occupabilità e le competenze professionali sono notevolmente evolute dall’inizio del XXI secolo, con un’enfasi sulla creatività, il design e i processi ingegneristici. Il post-digitale si è immerso nel processo pedagogico, rompendo i confini dell’insegnamento e dell’apprendimento formale e informale e configurandosi come una delle grandi sfide del panorama educativo attuale. Tale scenario impone un ripensamento dei percorsi di insegnamento e apprendimento, privilegiando da un lato una progettazione flessibile e dall’altro una didattica per competenze, orientata a compiti situati, aperti e autentici, che integri efficacemente le tecnologie andando a colmare la distanza tra vita reale e proposte didattiche tradizionali. La natura aperta, collaborativa e sperimentale dei compiti si configura come elemento caratterizzante della Maker Education, in cui i discenti, nella veste di makers, costruiscono in modo attivo ed esperienziale le proprie conoscenze attraverso attività pratiche che combinano le abilità manuali con l’esercizio di competenze digitali. Tale approccio educativo viene infatti considerato come un’estensione tecnologica dell’attivismo, in grado di veicolare lo sviluppo delle competenze STEAM e del XXI secolo, implementando i principi dell’apprendimento project-based e hands-on e promuovendo un processo di progettazione partecipata fortemente “enattivo”. Il presente testo mira a delineare un background teorico relativo alla Maker Culture e agli scenari emergenti nell’ambito della tecnologia per l’educazione, per illustrare poi un piano di sperimentazione messo a punto a partire da tali esigenze e basi teoriche. Il progetto pilota, svoltosi nell’ambito del dottorato di ricerca tra il gennaio del 2021 e l’aprile del 2022, si configura come una proposta di integrazione delle attività making nella didattica curricolare della scuola primaria e secondaria di primo grado al fine di rilevarne l’impatto su attitude verso le STEM e le abilità del XXI secolo degli studenti (Q1) e su autoefficacia scolastica percepita (Q2). Esso è stato in gran parte sviluppato durante il periodo di emergenza sanitaria Covid-19 e risulta suddiviso in due parti, coinvolgendo 53 studenti e cinque insegnanti in un percorso verticale orientato a pratiche laboratoriali e collaborative secondo un approccio multidisciplinare e longitudinale. A tal fine, abbiamo proposto sfide autentiche legate ai temi dell’Agenda 2030, volte a richiamare i contenuti curricolari e i contesti di vita degli alunni e a stimolare lo sviluppo delle competenze. Abbiamo inoltre scelto di adottare la Design-Based Implementation Research come principale metodologia di riferimento e di privilegiare una forma di valutazione as learning, rendendo gli studenti partecipi del processo valutativo. La valutazione del progetto è stata perseguita mediante l’utilizzo di strumenti quantitativi e qualitativi. Abbiamo infatti selezionato due questionari validati volti ad indagare le variabili sopra citate, da somministrare ad inizio e conclusione delle due fasi di progetto. Nel corso di ogni incontro, gli studenti hanno inoltre compilato dei diari di bordo con autovalutazioni e sulla base di questi ultimi è stata co-progettata con i docenti una rubric valutativa. Infine, al termine della prima parte, i docenti sono stati coinvolti in un focus group. Il progetto ci ha consentito di impattare sulle life skills degli studenti, sollecitando le tre aree interconnesse di competenza delineate nell’European Framework “LifeComp” del 2020 e quelle descritte dal World Economic Forum nel 2015. Nei vari confronti pre-post, le abilità del XXI secolo hanno ottenuto i punteggi più elevati rispetto alle aree STEM indagate dal Q1. Se nei pre-post delle due parti notiamo uno sviluppo più consistente delle abilità legate alla sfera interpersonale, dal confronto più esteso emerge un rilevante incremento anche di quelle legate alla sfera personale. Le aree di miglioramento costanti sono riferibili alle abilità organizzative e di leadership, come confermato dagli esiti del Q2 sulle abilità per l’apprendimento autoregolato. Rispetto all’attitude verso le discipline STEM, gli studenti hanno mostrato una propensione più marcata per i campi dell’ingegneria e della tecnologia. Tuttavia, in tutti i confronti emerge un’attitude elevata verso le prospettive di miglioramento dell’andamento disciplinare nell’ambito matematico-scientifico e un progressivo sviluppo degli item relativi all’uso avanzato delle discipline in un futuro impiego. Infine, gli alunni hanno accresciuto anche la loro autoefficacia percepita verso le discipline scolastiche non attinenti all’ambito STEM. I diari di bordo hanno posto ulteriore enfasi sullo sviluppo delle life skills degli studenti. In entrambe le parti del progetto, gli studenti mostrano dei buoni o ottimi livelli di autoefficacia rispetto al lavorare bene in gruppo, comunicare con chiarezza le proprie idee e controllare le emozioni nel confronto con gli altri. Rispetto all’intero percorso, i punteggi medi più elevati si riscontrano per l’utilizzo efficace di strumenti e informazioni e la capacità di lavorare bene in gruppo. Gli alunni hanno mostrato una consapevolezza sempre maggiore dei loro limiti e dei loro traguardi, ponendo il focus principalmente sulle proprie capacità relazionali, a conferma dell’impronta fortemente sociale delle attività making, ma anche su aspetti legati alla sfera personale e a quella dell’imparare ad imparare. La maggioranza dei propositi di miglioramento avanzati verteva infatti sulle dinamiche comunicative e collaborative all’interno del gruppo, oltre che sulla gestione delle risorse e dei tempi. Molte di queste osservazioni coincidono con quelle riferite dalle insegnanti in occasione del focus group, risultate estremamente preziose per una rimodulazione del percorso nell’ottica di una maggiore funzionalità e sostenibilità. L’impatto positivo su autoefficacia e self-confidence degli studenti può ricondursi primariamente alla possibilità di assumere il ruolo di agenti attivi, incorporando i propri interessi e repertori di pratica e consolidando la tendenza al cosiddetto authorship learning. La tecnologia si è rivelata un prezioso strumento per apprendere numerosi concetti curricolari, ma soprattutto per consentire agli studenti di lavorare sulla loro creatività e sulla capacità di progettare, costruire, collaborare e rivedere. Inoltre, il collegamento diretto con problemi reali e la possibilità di ipotizzare, anticipare possibili scenari, testare e riformulare hanno fornito un forte stimolo per le competenze di problem-solving e problem-posing e la costruzione di nuovi significati. Ciò ha a sua volta favorito il coinvolgimento dei giovani alunni in un apprendimento più profondo delle STEM e un accesso “facilitato” e alternativo alla conoscenza scientifica. Molti dei vantaggi educativi ricondotti all’approccio Maker hanno dunque trovato riscontro positivo negli esiti del progetto. Gli spazi maker si sono rivelati ambienti di apprendimento generativi di competenze, di nuove modalità di inclusione e di opportunità di innovazione scolastica. Le esperienze raccolte e il progetto pilota si pongono l’obiettivo di avviare un processo di ripensamento e di riflessione sulle correnti pratiche educative, che appaiono ancora troppo spesso ancorate a schemi tradizionali poco conformi alla società attuale, caratterizzata da rapidi mutamenti e complessità. Il fine ultimo è indubbiamente quello di porre in evidenza luci e ombre, potenzialità e sfide di un approccio innovativo e “trasformativo” della didattica tradizionale, segnando un passo avanti nella ricerca in ambito educativo e individuando al contempo future direzioni da perseguire ed indagare.

Make it happen. L’approccio Maker per ripensare l’educazione nell’era post-digitale

GRATANI FRANCESCA
2023-01-01

Abstract

I sistemi educativi si trovano oggi a dialogare con gli elementi di complessità derivanti dalle rapide trasformazioni della società contemporanea. L’occupabilità e le competenze professionali sono notevolmente evolute dall’inizio del XXI secolo, con un’enfasi sulla creatività, il design e i processi ingegneristici. Il post-digitale si è immerso nel processo pedagogico, rompendo i confini dell’insegnamento e dell’apprendimento formale e informale e configurandosi come una delle grandi sfide del panorama educativo attuale. Tale scenario impone un ripensamento dei percorsi di insegnamento e apprendimento, privilegiando da un lato una progettazione flessibile e dall’altro una didattica per competenze, orientata a compiti situati, aperti e autentici, che integri efficacemente le tecnologie andando a colmare la distanza tra vita reale e proposte didattiche tradizionali. La natura aperta, collaborativa e sperimentale dei compiti si configura come elemento caratterizzante della Maker Education, in cui i discenti, nella veste di makers, costruiscono in modo attivo ed esperienziale le proprie conoscenze attraverso attività pratiche che combinano le abilità manuali con l’esercizio di competenze digitali. Tale approccio educativo viene infatti considerato come un’estensione tecnologica dell’attivismo, in grado di veicolare lo sviluppo delle competenze STEAM e del XXI secolo, implementando i principi dell’apprendimento project-based e hands-on e promuovendo un processo di progettazione partecipata fortemente “enattivo”. Il presente testo mira a delineare un background teorico relativo alla Maker Culture e agli scenari emergenti nell’ambito della tecnologia per l’educazione, per illustrare poi un piano di sperimentazione messo a punto a partire da tali esigenze e basi teoriche. Il progetto pilota, svoltosi nell’ambito del dottorato di ricerca tra il gennaio del 2021 e l’aprile del 2022, si configura come una proposta di integrazione delle attività making nella didattica curricolare della scuola primaria e secondaria di primo grado al fine di rilevarne l’impatto su attitude verso le STEM e le abilità del XXI secolo degli studenti (Q1) e su autoefficacia scolastica percepita (Q2). Esso è stato in gran parte sviluppato durante il periodo di emergenza sanitaria Covid-19 e risulta suddiviso in due parti, coinvolgendo 53 studenti e cinque insegnanti in un percorso verticale orientato a pratiche laboratoriali e collaborative secondo un approccio multidisciplinare e longitudinale. A tal fine, abbiamo proposto sfide autentiche legate ai temi dell’Agenda 2030, volte a richiamare i contenuti curricolari e i contesti di vita degli alunni e a stimolare lo sviluppo delle competenze. Abbiamo inoltre scelto di adottare la Design-Based Implementation Research come principale metodologia di riferimento e di privilegiare una forma di valutazione as learning, rendendo gli studenti partecipi del processo valutativo. La valutazione del progetto è stata perseguita mediante l’utilizzo di strumenti quantitativi e qualitativi. Abbiamo infatti selezionato due questionari validati volti ad indagare le variabili sopra citate, da somministrare ad inizio e conclusione delle due fasi di progetto. Nel corso di ogni incontro, gli studenti hanno inoltre compilato dei diari di bordo con autovalutazioni e sulla base di questi ultimi è stata co-progettata con i docenti una rubric valutativa. Infine, al termine della prima parte, i docenti sono stati coinvolti in un focus group. Il progetto ci ha consentito di impattare sulle life skills degli studenti, sollecitando le tre aree interconnesse di competenza delineate nell’European Framework “LifeComp” del 2020 e quelle descritte dal World Economic Forum nel 2015. Nei vari confronti pre-post, le abilità del XXI secolo hanno ottenuto i punteggi più elevati rispetto alle aree STEM indagate dal Q1. Se nei pre-post delle due parti notiamo uno sviluppo più consistente delle abilità legate alla sfera interpersonale, dal confronto più esteso emerge un rilevante incremento anche di quelle legate alla sfera personale. Le aree di miglioramento costanti sono riferibili alle abilità organizzative e di leadership, come confermato dagli esiti del Q2 sulle abilità per l’apprendimento autoregolato. Rispetto all’attitude verso le discipline STEM, gli studenti hanno mostrato una propensione più marcata per i campi dell’ingegneria e della tecnologia. Tuttavia, in tutti i confronti emerge un’attitude elevata verso le prospettive di miglioramento dell’andamento disciplinare nell’ambito matematico-scientifico e un progressivo sviluppo degli item relativi all’uso avanzato delle discipline in un futuro impiego. Infine, gli alunni hanno accresciuto anche la loro autoefficacia percepita verso le discipline scolastiche non attinenti all’ambito STEM. I diari di bordo hanno posto ulteriore enfasi sullo sviluppo delle life skills degli studenti. In entrambe le parti del progetto, gli studenti mostrano dei buoni o ottimi livelli di autoefficacia rispetto al lavorare bene in gruppo, comunicare con chiarezza le proprie idee e controllare le emozioni nel confronto con gli altri. Rispetto all’intero percorso, i punteggi medi più elevati si riscontrano per l’utilizzo efficace di strumenti e informazioni e la capacità di lavorare bene in gruppo. Gli alunni hanno mostrato una consapevolezza sempre maggiore dei loro limiti e dei loro traguardi, ponendo il focus principalmente sulle proprie capacità relazionali, a conferma dell’impronta fortemente sociale delle attività making, ma anche su aspetti legati alla sfera personale e a quella dell’imparare ad imparare. La maggioranza dei propositi di miglioramento avanzati verteva infatti sulle dinamiche comunicative e collaborative all’interno del gruppo, oltre che sulla gestione delle risorse e dei tempi. Molte di queste osservazioni coincidono con quelle riferite dalle insegnanti in occasione del focus group, risultate estremamente preziose per una rimodulazione del percorso nell’ottica di una maggiore funzionalità e sostenibilità. L’impatto positivo su autoefficacia e self-confidence degli studenti può ricondursi primariamente alla possibilità di assumere il ruolo di agenti attivi, incorporando i propri interessi e repertori di pratica e consolidando la tendenza al cosiddetto authorship learning. La tecnologia si è rivelata un prezioso strumento per apprendere numerosi concetti curricolari, ma soprattutto per consentire agli studenti di lavorare sulla loro creatività e sulla capacità di progettare, costruire, collaborare e rivedere. Inoltre, il collegamento diretto con problemi reali e la possibilità di ipotizzare, anticipare possibili scenari, testare e riformulare hanno fornito un forte stimolo per le competenze di problem-solving e problem-posing e la costruzione di nuovi significati. Ciò ha a sua volta favorito il coinvolgimento dei giovani alunni in un apprendimento più profondo delle STEM e un accesso “facilitato” e alternativo alla conoscenza scientifica. Molti dei vantaggi educativi ricondotti all’approccio Maker hanno dunque trovato riscontro positivo negli esiti del progetto. Gli spazi maker si sono rivelati ambienti di apprendimento generativi di competenze, di nuove modalità di inclusione e di opportunità di innovazione scolastica. Le esperienze raccolte e il progetto pilota si pongono l’obiettivo di avviare un processo di ripensamento e di riflessione sulle correnti pratiche educative, che appaiono ancora troppo spesso ancorate a schemi tradizionali poco conformi alla società attuale, caratterizzata da rapidi mutamenti e complessità. Il fine ultimo è indubbiamente quello di porre in evidenza luci e ombre, potenzialità e sfide di un approccio innovativo e “trasformativo” della didattica tradizionale, segnando un passo avanti nella ricerca in ambito educativo e individuando al contempo future direzioni da perseguire ed indagare.
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Descrizione: Make it happen. L’approccio Maker per ripensare l’educazione nell’era post-digitale
Tipologia: Tesi di dottorato
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11393/307234
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