Si è diffusa da qualche anno la convinzione che la Costituzione italiana sia la più bella del mondo, sebbene il legame che gli italiani hanno con essa sia piuttosto indifferente, salvo gli impeti di venerazione innescati dai tentativi unilaterali di modificarla messi in atto negli ultimi vent’anni. Nella democrazia italiana, infatti, si contrappongono, come ha scritto Augusto Barbera, ‘una visione oleografica del testo costituzionale e una che tende invece a una sua delegittimazione’. Parlarne, però, come di una ‘bella’ Costituzione, senza eccedere in iperboli, evidenzia una caratteristica che gli stessi Padri costituenti ritennero di primaria importanza: la lingua. Essa rivela una bellezza proveniente dalla sua leggibilità - il suo essere per il possibile “popolare”, evitando ogni monumentalizzazione - e dalla sua concretezza, a proposito della quale Paolo Grossi ha scritto: “(g)li articoli della nostra Carta [...] non abbandonano il popolo italiano nella solitudine astratta di un modello; al contrario, lo immergono nella carnalità dell’esistenza, dandogli una sostanza, dei contenuti storicamente concreti. I suoi componenti - uomini e donne - sono creature carnali, sorpresi nelle trame di una vita quotidiana fatta di ideali ma anche di interessi e bisogni troppo spesso difficili da soddisfare. Dopo aver ripercorso il dibattito in Assemblea costituente sulle scelte linguistiche con cui si scrisse la nuova Carta fondamentale, l’articolo riflette sulla immediatezza e, dunque, sulla deliberata democraticità della Costituzione e, soprattutto, sulla concretezza della persona a cui la Costituzione si rivolge, sintomo di quella ‘passione della compassione’ - della cui mancanza Hannah Arendt rimproverava, unica fra tutte le rivoluzioni, quella degli Stati Uniti - per il cittadino qualunque, il quisquis de populo.

La più bella del mondo? leggibilità e concretezza della Costituzione italiana

Barbisan Benedetta
2022-01-01

Abstract

Si è diffusa da qualche anno la convinzione che la Costituzione italiana sia la più bella del mondo, sebbene il legame che gli italiani hanno con essa sia piuttosto indifferente, salvo gli impeti di venerazione innescati dai tentativi unilaterali di modificarla messi in atto negli ultimi vent’anni. Nella democrazia italiana, infatti, si contrappongono, come ha scritto Augusto Barbera, ‘una visione oleografica del testo costituzionale e una che tende invece a una sua delegittimazione’. Parlarne, però, come di una ‘bella’ Costituzione, senza eccedere in iperboli, evidenzia una caratteristica che gli stessi Padri costituenti ritennero di primaria importanza: la lingua. Essa rivela una bellezza proveniente dalla sua leggibilità - il suo essere per il possibile “popolare”, evitando ogni monumentalizzazione - e dalla sua concretezza, a proposito della quale Paolo Grossi ha scritto: “(g)li articoli della nostra Carta [...] non abbandonano il popolo italiano nella solitudine astratta di un modello; al contrario, lo immergono nella carnalità dell’esistenza, dandogli una sostanza, dei contenuti storicamente concreti. I suoi componenti - uomini e donne - sono creature carnali, sorpresi nelle trame di una vita quotidiana fatta di ideali ma anche di interessi e bisogni troppo spesso difficili da soddisfare. Dopo aver ripercorso il dibattito in Assemblea costituente sulle scelte linguistiche con cui si scrisse la nuova Carta fondamentale, l’articolo riflette sulla immediatezza e, dunque, sulla deliberata democraticità della Costituzione e, soprattutto, sulla concretezza della persona a cui la Costituzione si rivolge, sintomo di quella ‘passione della compassione’ - della cui mancanza Hannah Arendt rimproverava, unica fra tutte le rivoluzioni, quella degli Stati Uniti - per il cittadino qualunque, il quisquis de populo.
2022
Associazione italiana dei costituzionalisti
Internazionale
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