Il decreto legislativo 3 settembre 2020, n. 116 ha recepito le direttive n. 851/2018 sui rifiuti e n. 852/2018 sugli imballaggi. Si tratta del recepimento di quello che è stato definito il Circular Economy Package nel quale un ruolo fondamentale per la migliore tutela dell’ambiente viene giocato dai meccanismi di mercato ai quali è dedicato uno specifico allegato della direttiva rifiuti. Uno degli istituti di mercato su cui più incide la nuova normativa europea è quello della responsabilità estesa del produttore (EPR) che punta a responsabilizzare maggiormente i produttori in relazione a quello che immettono al consumo, penalizzandoli economicamente nel caso in cui non contribuiscano a realizzare efficacemente gli obiettivi dell’economia circolare. La penalizzazione non consiste in una tassa o imposta da pagare quanto piuttosto nel porre a carico dei produttori i costi del fine vita dei prodotti ad essi riferibili. Si è definitivamente così aperto un mercato nuovo di operatori che puntano ad ottenere i più bassi costi di fine vita per essere più competitivi sul mercato e, così facendo, contribuiscono in modo efficace alla tutela dell’ambiente producendo prodotti “circolari”. Una tale trasformazione dei rifiuti in risorse ha inevitabilmente modificato il contesto nazionale che era caratterizzato da una situazione di monopolio e che si è dovuto aprire alla pluralità di operatori anche grazie all’opera della giurisprudenza amministrativa e dell’autorità Antitrust. Concorrenza e ambiente che tradizionalmente venivano visti come istituti antitetici hanno trovato una felice formula di composizione e si è reso necessario un nuovo assetto regolatorio di cui si trovano tracce proprio nel decreto legislativo 3 settembre 2020, n. 116. Un gruppo di norme e principi nuovi sono stati inseriti nel codice dell’ambiente senza però ancora andare ad intaccare il nucleo vecchio di disposizioni ancora improntato al riconoscimento in capo ad uno dei soggetti privati concorrenti di poteri di indirizzo e di regia. In questo quadro il tentativo del legislatore di indirizzarsi verso un modello di regolazione che prevede un primo step di autoregolamentazione da parte degli operatori attraverso un accordo e solo eventualmente un successivo intervento regolatorio di carattere pubblico (peraltro non caso di un’autorità indipendente ma del Ministero competente) se pur appare teoricamente avanzato sembra scontrarsi con la realtà delle cose.

Il passaggio dall’economia di consumo all’economia circolare: alla ricerca di una regolazione terza e imparziale

francesco de leonardis
2021-01-01

Abstract

Il decreto legislativo 3 settembre 2020, n. 116 ha recepito le direttive n. 851/2018 sui rifiuti e n. 852/2018 sugli imballaggi. Si tratta del recepimento di quello che è stato definito il Circular Economy Package nel quale un ruolo fondamentale per la migliore tutela dell’ambiente viene giocato dai meccanismi di mercato ai quali è dedicato uno specifico allegato della direttiva rifiuti. Uno degli istituti di mercato su cui più incide la nuova normativa europea è quello della responsabilità estesa del produttore (EPR) che punta a responsabilizzare maggiormente i produttori in relazione a quello che immettono al consumo, penalizzandoli economicamente nel caso in cui non contribuiscano a realizzare efficacemente gli obiettivi dell’economia circolare. La penalizzazione non consiste in una tassa o imposta da pagare quanto piuttosto nel porre a carico dei produttori i costi del fine vita dei prodotti ad essi riferibili. Si è definitivamente così aperto un mercato nuovo di operatori che puntano ad ottenere i più bassi costi di fine vita per essere più competitivi sul mercato e, così facendo, contribuiscono in modo efficace alla tutela dell’ambiente producendo prodotti “circolari”. Una tale trasformazione dei rifiuti in risorse ha inevitabilmente modificato il contesto nazionale che era caratterizzato da una situazione di monopolio e che si è dovuto aprire alla pluralità di operatori anche grazie all’opera della giurisprudenza amministrativa e dell’autorità Antitrust. Concorrenza e ambiente che tradizionalmente venivano visti come istituti antitetici hanno trovato una felice formula di composizione e si è reso necessario un nuovo assetto regolatorio di cui si trovano tracce proprio nel decreto legislativo 3 settembre 2020, n. 116. Un gruppo di norme e principi nuovi sono stati inseriti nel codice dell’ambiente senza però ancora andare ad intaccare il nucleo vecchio di disposizioni ancora improntato al riconoscimento in capo ad uno dei soggetti privati concorrenti di poteri di indirizzo e di regia. In questo quadro il tentativo del legislatore di indirizzarsi verso un modello di regolazione che prevede un primo step di autoregolamentazione da parte degli operatori attraverso un accordo e solo eventualmente un successivo intervento regolatorio di carattere pubblico (peraltro non caso di un’autorità indipendente ma del Ministero competente) se pur appare teoricamente avanzato sembra scontrarsi con la realtà delle cose.
2021
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