L’effettività dei diritti del consumatore costituisce oggetto di una letteratura giuridica ed economica fortemente critica verso il modello europeo tradizionale. Com’è noto, tale modello si fonda sulla strutturale asimmetria informativa fra soggetti deboli e professionisti. Per evitare il rischio di fallimenti del mercato causati dalla selezione avversa e dall’azzardo morale, il diritto europeo si avvale principalmente di regole di informazione standardizzate, lasciando poi ai singoli Stati nazionali la scelta dei rimedi più idonei ad assicurare l’effettività della loro applicazione. Recenti indagini hanno tuttavia dimostrato che le regole informative dettate dal diritto privato europeo non tengono conto dei profili personali delle parti che concludono una certa operazione, ad es. per quanto riguarda alcuni tratti della personalità del consumatore o le conoscenze tecniche sottese ai profili dell’operazione (Ben-Shahar, Bar-Gill, 2013, p. 109 ss.; Ben-Shahar, Golan, 2014). La conseguenza è che, sebbene apparentemente informato, il consumatore rischia di concludere un contratto senza avere effettiva conoscenza delle condizioni di quella stipulazione e delle conseguenze che da essa derivano. Ciò in quanto le informazioni fornite sono sostanzialmente inadeguate rispetto alla preparazione tecnica di cui il soggetto debole dispone ovvero all’attenzione da lui (normalmente) riposta nella fase precontrattuale. Inoltre, la tutela giurisdizionale dei diritti del consumatore è spesso inefficace, soprattutto quando riguarda controversie che hanno a oggetto modeste somme di denaro o beni di consumo: è allora razionale la scarsa propensione del consumatore a far valere i propri diritti in sede giudiziaria. Sul piano nazionale, il tentativo di assicurare l’effettività dei diritti del consumatore risulta peraltro frustrato dal sostanziale fallimento dell’istituto della mediazione civile obbligatoria (v. i dati forniti dall’Osservatorio Unioncamere sulla mediazione e la conciliazione: https://www.unioncamere.gov.it/). La sua introduzione fu motivata proprio della necessità di deflazionare il contenzioso, e segnatamente di evitare, per quanto possibile, la fase processuale, la quale implica ingenti costi per le parti e tempi lunghi per la decisione giudiziale. Se a ciò si aggiungono le note e gravi sofferenze che da tempo affliggono il processo civile (Comm. from the Commission to the Europ. Parl., the Council, the European Central Bank, the European Economic and Social Committee and the Committees of the Regions, 2020 EU Just. Scor.), l’esigenza di riflettere sul ricorso a strumenti di autotutela e a sistemi stragiudiziali di risoluzione delle controversie diviene pressante e indifferibile, al fine di offrire maggiore effettività ai diritti del consumatore. Ciò spiega la crescente diffusione dei sistemi di ADR nelle società contemporanee, quantomeno in Europa (Sirena, 2018, p. 1372). Infatti, almeno in determinati settori, i sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie dei consumatori non risultano intimamente congegnati solo allo scopo di addivenire a una giustizia più evoluta ovvero di deflazionare il contenzioso. Le procedure di ADR, soprattutto se basate su una combinazione di private enforcement e public enforcement, perseguono l’obiettivo finale di indurre i professionisti ad aderire alle best practices e agli standards più elevati di correttezza nei confronti dei loro clienti e di trasparenza dei loro contratti, anzitutto predisponendo adeguati sistemi di gestione in-house dei reclami da parte degli acquirenti di beni e servizi. La progettazione di un sistema più avanzato di risoluzione delle controversie tra consumatori e fornitori di beni e servizi, in linea con le istanze provenienti dalla revisione del diritto europeo (v. Comm. from the Commission to the Europ. Parl., 2020 EU Just. Scor.), si dimostrerebbe maggiormente efficace nel modificare i comportamenti degli intermediari rispetto alla giurisdizione dello Stato, il cui esercizio ha un impatto spesso trascurabile sul livello di compliance degli intermediari e sulla effettività della regolazione del mercato. La letteratura italiana e internazionale ha messo in luce che, in uno scenario del genere, i consumatori assumerebbero il ruolo di co-regolatori del mercato, in quanto i loro reclami potrebbero profondamente influenzare i comportamenti degli intermediari grazie alla stretta interazione con l’esercizio dei poteri di vigilanza da parte delle autorità competenti.
CoPE Project (Consumer Protection Effectiveness) - Towards a Digital Effectiveness of Consumer Protection Through Self-Executing Remedies and ADR Systems: An Empirical Approach to European Private Law
Alpini, A;Gambino,F;Marucci, B;Giacomini, E;Zanier, M;Busilacchi, G;Vulpiani, G
2021-01-01
Abstract
L’effettività dei diritti del consumatore costituisce oggetto di una letteratura giuridica ed economica fortemente critica verso il modello europeo tradizionale. Com’è noto, tale modello si fonda sulla strutturale asimmetria informativa fra soggetti deboli e professionisti. Per evitare il rischio di fallimenti del mercato causati dalla selezione avversa e dall’azzardo morale, il diritto europeo si avvale principalmente di regole di informazione standardizzate, lasciando poi ai singoli Stati nazionali la scelta dei rimedi più idonei ad assicurare l’effettività della loro applicazione. Recenti indagini hanno tuttavia dimostrato che le regole informative dettate dal diritto privato europeo non tengono conto dei profili personali delle parti che concludono una certa operazione, ad es. per quanto riguarda alcuni tratti della personalità del consumatore o le conoscenze tecniche sottese ai profili dell’operazione (Ben-Shahar, Bar-Gill, 2013, p. 109 ss.; Ben-Shahar, Golan, 2014). La conseguenza è che, sebbene apparentemente informato, il consumatore rischia di concludere un contratto senza avere effettiva conoscenza delle condizioni di quella stipulazione e delle conseguenze che da essa derivano. Ciò in quanto le informazioni fornite sono sostanzialmente inadeguate rispetto alla preparazione tecnica di cui il soggetto debole dispone ovvero all’attenzione da lui (normalmente) riposta nella fase precontrattuale. Inoltre, la tutela giurisdizionale dei diritti del consumatore è spesso inefficace, soprattutto quando riguarda controversie che hanno a oggetto modeste somme di denaro o beni di consumo: è allora razionale la scarsa propensione del consumatore a far valere i propri diritti in sede giudiziaria. Sul piano nazionale, il tentativo di assicurare l’effettività dei diritti del consumatore risulta peraltro frustrato dal sostanziale fallimento dell’istituto della mediazione civile obbligatoria (v. i dati forniti dall’Osservatorio Unioncamere sulla mediazione e la conciliazione: https://www.unioncamere.gov.it/). La sua introduzione fu motivata proprio della necessità di deflazionare il contenzioso, e segnatamente di evitare, per quanto possibile, la fase processuale, la quale implica ingenti costi per le parti e tempi lunghi per la decisione giudiziale. Se a ciò si aggiungono le note e gravi sofferenze che da tempo affliggono il processo civile (Comm. from the Commission to the Europ. Parl., the Council, the European Central Bank, the European Economic and Social Committee and the Committees of the Regions, 2020 EU Just. Scor.), l’esigenza di riflettere sul ricorso a strumenti di autotutela e a sistemi stragiudiziali di risoluzione delle controversie diviene pressante e indifferibile, al fine di offrire maggiore effettività ai diritti del consumatore. Ciò spiega la crescente diffusione dei sistemi di ADR nelle società contemporanee, quantomeno in Europa (Sirena, 2018, p. 1372). Infatti, almeno in determinati settori, i sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie dei consumatori non risultano intimamente congegnati solo allo scopo di addivenire a una giustizia più evoluta ovvero di deflazionare il contenzioso. Le procedure di ADR, soprattutto se basate su una combinazione di private enforcement e public enforcement, perseguono l’obiettivo finale di indurre i professionisti ad aderire alle best practices e agli standards più elevati di correttezza nei confronti dei loro clienti e di trasparenza dei loro contratti, anzitutto predisponendo adeguati sistemi di gestione in-house dei reclami da parte degli acquirenti di beni e servizi. La progettazione di un sistema più avanzato di risoluzione delle controversie tra consumatori e fornitori di beni e servizi, in linea con le istanze provenienti dalla revisione del diritto europeo (v. Comm. from the Commission to the Europ. Parl., 2020 EU Just. Scor.), si dimostrerebbe maggiormente efficace nel modificare i comportamenti degli intermediari rispetto alla giurisdizione dello Stato, il cui esercizio ha un impatto spesso trascurabile sul livello di compliance degli intermediari e sulla effettività della regolazione del mercato. La letteratura italiana e internazionale ha messo in luce che, in uno scenario del genere, i consumatori assumerebbero il ruolo di co-regolatori del mercato, in quanto i loro reclami potrebbero profondamente influenzare i comportamenti degli intermediari grazie alla stretta interazione con l’esercizio dei poteri di vigilanza da parte delle autorità competenti.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
PRIN2020.docx
accesso aperto
Descrizione: Progetto
Tipologia:
Altro materiale allegato (es. Copertina, Indice, Materiale supplementare, Abstract, Brevetti Spin-off, Start-up etc.)
Licenza:
DRM non definito
Dimensione
102.28 kB
Formato
Microsoft Word XML
|
102.28 kB | Microsoft Word XML | Visualizza/Apri |
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.