Il pudore è senza dubbio un sentimento e forse nessuno più di Max Scheler è stato capace di spingersi verso la sua fenomenologia, verso la sua manifestazione . Ma che cosa il pudore mette in gioco? Che cosa fa? Come opera e, in ciò, si manifesta? Esso lo fa con un certo coraggio, come Jean-Louis Chrétien ha scritto commentando alcuni passi del Fedro e delle Leggi di Platone dove si affrontano le lacerazioni che l’anima vive davanti all’amato/amata. Mentre uno dei cavalli della biga dell’anima non conosce pudore, l’altro invece si lascia dominare da esso e lascia l’amato nella prossimità inibendo la violenza del possesso. E commentando liberamente il testo platonico Chrétien scrive: «Il pudore non è codardia di chi non osa affidarsi al desiderio, ma è audacia che lascia manifestare il bello in tutto ciò che esso ha di inafferrabile e di intimorente» . C’è però anche un altro livello del pudore che, dice Chrétien non concerne soltanto l’uomo e il suo animo ma «il rapporto con il fulgore dell’Essere nella bellezza» . Questo pudore è «il passo indietro, l’arretramento, il ritrarsi che lasciano essere ciò che si volta verso di noi, l’origine» . In tal senso il pudore è «la vera prossimità che sa che è vicino soltanto ciò di cui esso non si impossessa e non riconduce a sé. Il pudore sa che l’origine è nel suo stesso essere ciò di cui non posso disporre, ma che sempre già ha disposto di me e mi ha disposto verso di esso. […] Il pudore non si lascia sgomentare dalla prossimità, ma dall’annullamento della distanza che farebbe perdere la prossimità. Qualsiasi pudore ontico deve essere inteso a partire da questo pudore ontopatico, più che ontologico, che si scopre nell’amore» . Se allora il pudore è innegabilmente un sentimento, esso però è anche quella soglia che ci apre ad altro e alla sua prossimità. Come coglierla tuttavia? Forse, partendo non da fuori ma da dentro per vedere come tale prossimità si tracci innanzitutto in quello che chiamiamo intimo, cercando di vedere che cosa in esso si apre, ovvero: quale profondità si lascia scoprire in esso. Profondità che ricondurrà, infine, al pudore – solo in apparenza, dopo questo incipit, perduto.

Lo spazio inaudito. Note sull’intimo, il sacro, il pudore

C. Canullo
2021-01-01

Abstract

Il pudore è senza dubbio un sentimento e forse nessuno più di Max Scheler è stato capace di spingersi verso la sua fenomenologia, verso la sua manifestazione . Ma che cosa il pudore mette in gioco? Che cosa fa? Come opera e, in ciò, si manifesta? Esso lo fa con un certo coraggio, come Jean-Louis Chrétien ha scritto commentando alcuni passi del Fedro e delle Leggi di Platone dove si affrontano le lacerazioni che l’anima vive davanti all’amato/amata. Mentre uno dei cavalli della biga dell’anima non conosce pudore, l’altro invece si lascia dominare da esso e lascia l’amato nella prossimità inibendo la violenza del possesso. E commentando liberamente il testo platonico Chrétien scrive: «Il pudore non è codardia di chi non osa affidarsi al desiderio, ma è audacia che lascia manifestare il bello in tutto ciò che esso ha di inafferrabile e di intimorente» . C’è però anche un altro livello del pudore che, dice Chrétien non concerne soltanto l’uomo e il suo animo ma «il rapporto con il fulgore dell’Essere nella bellezza» . Questo pudore è «il passo indietro, l’arretramento, il ritrarsi che lasciano essere ciò che si volta verso di noi, l’origine» . In tal senso il pudore è «la vera prossimità che sa che è vicino soltanto ciò di cui esso non si impossessa e non riconduce a sé. Il pudore sa che l’origine è nel suo stesso essere ciò di cui non posso disporre, ma che sempre già ha disposto di me e mi ha disposto verso di esso. […] Il pudore non si lascia sgomentare dalla prossimità, ma dall’annullamento della distanza che farebbe perdere la prossimità. Qualsiasi pudore ontico deve essere inteso a partire da questo pudore ontopatico, più che ontologico, che si scopre nell’amore» . Se allora il pudore è innegabilmente un sentimento, esso però è anche quella soglia che ci apre ad altro e alla sua prossimità. Come coglierla tuttavia? Forse, partendo non da fuori ma da dentro per vedere come tale prossimità si tracci innanzitutto in quello che chiamiamo intimo, cercando di vedere che cosa in esso si apre, ovvero: quale profondità si lascia scoprire in esso. Profondità che ricondurrà, infine, al pudore – solo in apparenza, dopo questo incipit, perduto.
2021
Inschibboleth
Internazionale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11393/287391
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