Il Sud è stato a lungo ombra e specchio del Nord. E ciò è vero tanto per il Sud Italia, quanto per quello che oggi chiamiamo Sud globale e una volta definivamo Terzo Mondo, ovvero per quella parte del pianeta che, nel corso dell’Ottocento e del Novecento, è stata colonizzata dall’Occidente europeo e statunitense. Questa “coincidenza” ha fatto sì che, nell’analisi di tale fenomeno a livello culturale, venissero impiegate, nell’uno come nell’altro caso, le medesime categorie: categorie coniate nell’ambito del processo di decolonizzazione e collaudate sulla produzione artistico-letteraria di paesi uscenti dallo smantellamento degli imperi. Il vantaggio dell’applicazione della cosiddetta “metodologia postcoloniale” alla cultura del Sud Italia ha però, sin da subito, mostrato il suo rovescio: essa andava ad avvalorare le ipotesi più radicali e discutibili del revisionismo risorgimentale, che vedono nell’unificazione nazionale l’instaurazione di un colonialismo interno ai danni del Meridione e delle isole. Talvolta ciò avveniva in accordo con le posizioni espresse dagli stessi scrittori presi in esame, altre volte, invece, l’approccio metodologico determinava l’esito dell’analisi, ben al di là della lettera del testo. Di qui l’esigenza, di cui questo lavoro di tesi è espressione, di trovare nuove categorie per analizzare quell’effetto prodotto dal rispecchiamento del Nord sul Sud Italia. Per fare ciò, si è scelto di concentrare l’attenzione principalmente sulla cultura: come spieghiamo diffusamente nel primo capitolo, ci siamo infatti basati sull’approccio semiotico-culturale di Jurij Lotman, integrandolo con l’apporto di altre “teorie della differenza”, e abbiamo così messo a punto un paradigma analitico con cui indagare le opere degli scrittori meridionali e gli elementi che le accomunano. Questi ultimi, a nostro avviso, sono il prodotto dal “dialogo” che si è venuto ad instaurare fra le due parti del Paese a partire dall’Unità e, osservati nel loro insieme, sono in grado di delineare una genealogia, se non una vera e propria tradizione letteraria del Mezzogiorno; dove, con la parola Mezzogiorno, intendiamo riferirci a quelle regioni del Sud che la nazione settentriocentrica, proprio con tale termine, ha inteso alterizzare e che di tale termine si sono poi appropriate per rivendicare l’autonomia della propria rappresentazione. Appare evidente come una simile analisi acquisti valore con l’allargarsi della casistica e delle comparazioni, e in tal senso la presente ricerca vuole essere solo un punto di partenza cui auspichiamo possano seguire altre più ampie trattazioni. In questa sede, infatti, abbiamo scelto di circoscrivere l’indagine a un numero di autori piuttosto ristretto che consentisse di testare la validità dell’approccio adottato senza trascurare l’approfondimento esegetico dei testi e l’analisi in diacronia delle poetiche. La scelta del corpus, in parte inevitabilmente arbitraria, si è quindi basata sugli elementi di comunanza rintracciati fra gli scrittori, ma ha anche provato a tenere conto di una certa rappresentatività territoriale e di genere. La tesi si struttura in sette capitoli: a un capitolo introduttivo in cui vengono presentati il problema e la metodologia con la quale si intende affrontarlo, segue un secondo capitolo incentrato sul dibattito relativo all’immagine alterizzante del Meridione e volto a restituire la dimensione raggiunta dalla discussione, nonché a sviscerare le criticità fin qui sollevate e spesso rimaste insolute. I capitoli successivi sono dedicati ai cinque autori: partendo da alcuni elementi biografici importanti per comprendere il loro rapporto con il Sud, la trattazione procede con l’analisi delle opere legate alla regione d’appartenenza e trova compimento nell’esame accurato di un’opera in particolare, momento apicale della loro identificazione con il Mezzogiorno. Per quanto riguarda Giovanni Verga, la ricerca prende le mosse da alcune novelle contenute nelle raccolte Primavera e altri racconti, Vita dei campi e Novelle rusticane, per poi concentrarsi sull’analisi dei Malavoglia. Di Gabriele d’Annunzio si indaga brevemente la raccolta d’esordio, Terra vergine, per poi proseguire con la lettura critica del Trionfo della morte, dell’orazione Laude dell’illaudato e infine, in modo più dettagliato, della tragedia pastorale La figlia di Iorio. Per Grazia Deledda, da una disamina delle sillogi narrative e delle opere etnografiche giovanili si passa all’analisi di alcune novelle della maturità e del romanzo Canne al vento. Per quanto riguarda Silone, dopo un breve inquadramento della sua opera, l’analisi si incentra interamente sul suo primo e più importante romanzo, Fontamara, attraverso una attenta indagine sul testo. La tesi si conclude con la trattazione dell’opera di Anna Maria Ortese, partendo dai racconti de L’Infanta sepolta che hanno per oggetto Napoli, passando per lo spartiacque, non solo poetico, ma anche biografico, del Mare non bagna Napoli, per terminare con l’analisi dell’Iguana.

Effetto Sud Il Mezzogiorno degli scrittori meridionali Verga, d’Annunzio, Deledda, Silone, Ortese

Dominioni Maria Valeria
2021-01-01

Abstract

Il Sud è stato a lungo ombra e specchio del Nord. E ciò è vero tanto per il Sud Italia, quanto per quello che oggi chiamiamo Sud globale e una volta definivamo Terzo Mondo, ovvero per quella parte del pianeta che, nel corso dell’Ottocento e del Novecento, è stata colonizzata dall’Occidente europeo e statunitense. Questa “coincidenza” ha fatto sì che, nell’analisi di tale fenomeno a livello culturale, venissero impiegate, nell’uno come nell’altro caso, le medesime categorie: categorie coniate nell’ambito del processo di decolonizzazione e collaudate sulla produzione artistico-letteraria di paesi uscenti dallo smantellamento degli imperi. Il vantaggio dell’applicazione della cosiddetta “metodologia postcoloniale” alla cultura del Sud Italia ha però, sin da subito, mostrato il suo rovescio: essa andava ad avvalorare le ipotesi più radicali e discutibili del revisionismo risorgimentale, che vedono nell’unificazione nazionale l’instaurazione di un colonialismo interno ai danni del Meridione e delle isole. Talvolta ciò avveniva in accordo con le posizioni espresse dagli stessi scrittori presi in esame, altre volte, invece, l’approccio metodologico determinava l’esito dell’analisi, ben al di là della lettera del testo. Di qui l’esigenza, di cui questo lavoro di tesi è espressione, di trovare nuove categorie per analizzare quell’effetto prodotto dal rispecchiamento del Nord sul Sud Italia. Per fare ciò, si è scelto di concentrare l’attenzione principalmente sulla cultura: come spieghiamo diffusamente nel primo capitolo, ci siamo infatti basati sull’approccio semiotico-culturale di Jurij Lotman, integrandolo con l’apporto di altre “teorie della differenza”, e abbiamo così messo a punto un paradigma analitico con cui indagare le opere degli scrittori meridionali e gli elementi che le accomunano. Questi ultimi, a nostro avviso, sono il prodotto dal “dialogo” che si è venuto ad instaurare fra le due parti del Paese a partire dall’Unità e, osservati nel loro insieme, sono in grado di delineare una genealogia, se non una vera e propria tradizione letteraria del Mezzogiorno; dove, con la parola Mezzogiorno, intendiamo riferirci a quelle regioni del Sud che la nazione settentriocentrica, proprio con tale termine, ha inteso alterizzare e che di tale termine si sono poi appropriate per rivendicare l’autonomia della propria rappresentazione. Appare evidente come una simile analisi acquisti valore con l’allargarsi della casistica e delle comparazioni, e in tal senso la presente ricerca vuole essere solo un punto di partenza cui auspichiamo possano seguire altre più ampie trattazioni. In questa sede, infatti, abbiamo scelto di circoscrivere l’indagine a un numero di autori piuttosto ristretto che consentisse di testare la validità dell’approccio adottato senza trascurare l’approfondimento esegetico dei testi e l’analisi in diacronia delle poetiche. La scelta del corpus, in parte inevitabilmente arbitraria, si è quindi basata sugli elementi di comunanza rintracciati fra gli scrittori, ma ha anche provato a tenere conto di una certa rappresentatività territoriale e di genere. La tesi si struttura in sette capitoli: a un capitolo introduttivo in cui vengono presentati il problema e la metodologia con la quale si intende affrontarlo, segue un secondo capitolo incentrato sul dibattito relativo all’immagine alterizzante del Meridione e volto a restituire la dimensione raggiunta dalla discussione, nonché a sviscerare le criticità fin qui sollevate e spesso rimaste insolute. I capitoli successivi sono dedicati ai cinque autori: partendo da alcuni elementi biografici importanti per comprendere il loro rapporto con il Sud, la trattazione procede con l’analisi delle opere legate alla regione d’appartenenza e trova compimento nell’esame accurato di un’opera in particolare, momento apicale della loro identificazione con il Mezzogiorno. Per quanto riguarda Giovanni Verga, la ricerca prende le mosse da alcune novelle contenute nelle raccolte Primavera e altri racconti, Vita dei campi e Novelle rusticane, per poi concentrarsi sull’analisi dei Malavoglia. Di Gabriele d’Annunzio si indaga brevemente la raccolta d’esordio, Terra vergine, per poi proseguire con la lettura critica del Trionfo della morte, dell’orazione Laude dell’illaudato e infine, in modo più dettagliato, della tragedia pastorale La figlia di Iorio. Per Grazia Deledda, da una disamina delle sillogi narrative e delle opere etnografiche giovanili si passa all’analisi di alcune novelle della maturità e del romanzo Canne al vento. Per quanto riguarda Silone, dopo un breve inquadramento della sua opera, l’analisi si incentra interamente sul suo primo e più importante romanzo, Fontamara, attraverso una attenta indagine sul testo. La tesi si conclude con la trattazione dell’opera di Anna Maria Ortese, partendo dai racconti de L’Infanta sepolta che hanno per oggetto Napoli, passando per lo spartiacque, non solo poetico, ma anche biografico, del Mare non bagna Napoli, per terminare con l’analisi dell’Iguana.
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