L’emergenza sanitaria da Covid-19 ha profondamente inciso sul sistema produttivo e commerciale italiano. In circa un mese dalla sua comparsa, si è assistito prima alla formulazione di inviti ad operare nel rispetto delle istruzioni delle autorità sanitarie, poi alla sospensione di alcuni servizi (come l’istruzione, gli eventi pubblici, i convegni, ecc.) e limitazione di alcuni diritti individuali in aree circoscritte e in seguito in tutto il territorio nazionale, poi ancora alla sospensione delle attività di vendita al dettaglio, salvo alcune eccezioni, ma con prosecuzione delle attività produttive industriali e commerciali. Infine, una chiusura totale (lockdown) per ogni settore e individuo, tranne alcune filiere produttive e un limitato numero di attività. In vista della ripresa del sistema produttivo e commerciale o anche solo della volontaria prosecuzione delle attività non sospese, l'articolo affronta e si interroga sulla sussistenza o meno un obbligo concreto e diretto e una responsabilità dei singoli datori di lavoro per la salute e sicurezza, di ridurre il rischio di contagio all’interno delle aziende per i propri dipendenti e se tale rischio debba o meno essere oggetto di valutazione al pari di ogni rischio di impresa alla luce, sia dell’art. 42, comma 2 del c.d. decreto Cura Italia che fa riferimento all’ipotesi del coinvolgimento dell’INAIL “nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS-CoV-2) in occasione di lavoro”, sia della circolare dello stesso Ente, che porterebbero considerare tale infezione come un “evento infortunistico” da prevenire, sottoposto alla gestione assicurativa obbligatoria “che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell’infortunato”
Riavvio delle attività al tempo del coronavirus. Responsabilità del DDL
Benozzo, Matteo
2020-01-01
Abstract
L’emergenza sanitaria da Covid-19 ha profondamente inciso sul sistema produttivo e commerciale italiano. In circa un mese dalla sua comparsa, si è assistito prima alla formulazione di inviti ad operare nel rispetto delle istruzioni delle autorità sanitarie, poi alla sospensione di alcuni servizi (come l’istruzione, gli eventi pubblici, i convegni, ecc.) e limitazione di alcuni diritti individuali in aree circoscritte e in seguito in tutto il territorio nazionale, poi ancora alla sospensione delle attività di vendita al dettaglio, salvo alcune eccezioni, ma con prosecuzione delle attività produttive industriali e commerciali. Infine, una chiusura totale (lockdown) per ogni settore e individuo, tranne alcune filiere produttive e un limitato numero di attività. In vista della ripresa del sistema produttivo e commerciale o anche solo della volontaria prosecuzione delle attività non sospese, l'articolo affronta e si interroga sulla sussistenza o meno un obbligo concreto e diretto e una responsabilità dei singoli datori di lavoro per la salute e sicurezza, di ridurre il rischio di contagio all’interno delle aziende per i propri dipendenti e se tale rischio debba o meno essere oggetto di valutazione al pari di ogni rischio di impresa alla luce, sia dell’art. 42, comma 2 del c.d. decreto Cura Italia che fa riferimento all’ipotesi del coinvolgimento dell’INAIL “nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS-CoV-2) in occasione di lavoro”, sia della circolare dello stesso Ente, che porterebbero considerare tale infezione come un “evento infortunistico” da prevenire, sottoposto alla gestione assicurativa obbligatoria “che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell’infortunato”File | Dimensione | Formato | |
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