Milano, nel corso della prima età moderna, ha indubbiamente rappresentato un esempio di welfare civico. Un inedito intervento razionalizzatore dello Stato si realizza però nel corso del Settecento con il governo asburgico, come in tutta la Lombardia austriaca. La collaborazione fra la normativa dettata dal centro e le iniziative locali, tuttavia, si rivela subito una caratteristica del nuovo sistema, come pure successivamente nel periodo napoleonico e nell’età della Restaurazione. Già con Maria Teresa e Giuseppe II, la centralizzazione e il controllo dello Stato sulle istituzioni assistenziali milanesi conoscono diversi momenti, ma sempre alla ricerca di un equilibrio fra l’opera della pubblica amministrazione e il coinvolgimento dell’élite cittadina, che costituisce l’obiettivo principale dei Direttori elemosinieri e poi delle Congregazioni di carità napoleoniche, sia pure in un contesto differente. All’indomani del 1814 viene riproposta la medesima situazione con il ripristino dei Direttori elemosinieri: l’effettiva gestione del sistema resta nelle mani del ceto dirigente cittadino, in grado di assicurare il personale necessario e di mantenere quel flusso di lasciti e di donazioni che rappresenta un’importante forma di ridistribuzione della ricchezza. Sono questi i modi in cui la società civile e religiosa milanese si esprime nel primo Ottocento, attraverso la ripresa della carità cattolica e la diffusione della filantropia laica. Fra numerosi esempi non si può non ricordare il campo della cura dell’infanzia, dell’educazione, del disagio sociale, della riabilitazione della disabilità e della devianza, in un’autentica rete di solidarietà.
Il disegno razionalizzatore dell’assistenza a Milano tra Riforme e Restaurazione
Bressan, E.
2019-01-01
Abstract
Milano, nel corso della prima età moderna, ha indubbiamente rappresentato un esempio di welfare civico. Un inedito intervento razionalizzatore dello Stato si realizza però nel corso del Settecento con il governo asburgico, come in tutta la Lombardia austriaca. La collaborazione fra la normativa dettata dal centro e le iniziative locali, tuttavia, si rivela subito una caratteristica del nuovo sistema, come pure successivamente nel periodo napoleonico e nell’età della Restaurazione. Già con Maria Teresa e Giuseppe II, la centralizzazione e il controllo dello Stato sulle istituzioni assistenziali milanesi conoscono diversi momenti, ma sempre alla ricerca di un equilibrio fra l’opera della pubblica amministrazione e il coinvolgimento dell’élite cittadina, che costituisce l’obiettivo principale dei Direttori elemosinieri e poi delle Congregazioni di carità napoleoniche, sia pure in un contesto differente. All’indomani del 1814 viene riproposta la medesima situazione con il ripristino dei Direttori elemosinieri: l’effettiva gestione del sistema resta nelle mani del ceto dirigente cittadino, in grado di assicurare il personale necessario e di mantenere quel flusso di lasciti e di donazioni che rappresenta un’importante forma di ridistribuzione della ricchezza. Sono questi i modi in cui la società civile e religiosa milanese si esprime nel primo Ottocento, attraverso la ripresa della carità cattolica e la diffusione della filantropia laica. Fra numerosi esempi non si può non ricordare il campo della cura dell’infanzia, dell’educazione, del disagio sociale, della riabilitazione della disabilità e della devianza, in un’autentica rete di solidarietà.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.