Over the last twenty years, the historians of education who investigated the heuristic potential of school writings tended to focus on extraordinary historical periods (such as wars and revolutions) and to use notebooks and diaries not as sources able to describe how wars and dictatorships adulterated educational processes and teaching practices commonly promoted at school, but as materials to be used to tell how wars and dictatorships upset the lives of small protagonists in their school life or as unintentional written witnesses about social and political changes. Hence, the obsessive search for spontaneity as a guarantee of the reliability of the source, able to witness in a more natural and genuine way what was happening outside school and/or how this affected children’s lives inside school. This polarization generated a prevailing interest in what Davide Montino called “disciplined writings”. Starting from this assumption, this study tries to recover the “production rejects” of the strict selection process to which historians subjected these sources in search of the rare cases of evident spontaneity, and to re-evaluate them on the basis of a different interpretative parameter, that is reading their rhetoric, repetitiveness and stereotypy not as negative elements, but as real markers of a widespread teaching practice.

Nel corso dell’ultimo ventennio gli storici dell’educazione che hanno indagato le potenzialità euristiche delle scritture scolastiche hanno teso a concentrarsi sui periodi storici straordinari (come guerre e rivoluzioni) e ad utilizzare quaderni e diari non in quanto fonti utili a descrivere come guerre e dittature abbiano adulterato i processi educativi e le pratiche didattiche comunemente promosse nella scuola, bensì in quanto materiali di cui servirsi per raccontare come guerre e dittature abbiano stravolto il vissuto dei piccoli protagonisti della vita scolastica o in quanto testimonianze scritte involontarie dei mutamenti sociali e politici. Di qui, l’ossessiva ricerca della spontaneità, intesa come garanzia dell’attendibilità della fonte, non contaminata dalle pressanti esigenze propagandistiche avanzate dal mondo adulto, le cui manifestazioni avrebbero dovuto essere in grado di testimoniare nella forma più naturale e genuina possibile ciò che succedeva fuori della scuola e/o come questo condizionava la vita dei bambini all’interno della scuola. Questa polarizzazione ha generato un sostanziale interesse nei confronti di quelle che Davide Montino ha definito «scritture disciplinate». Partendo da questo presupposto, il presente studio propone invece di recuperare gli scarti di lavorazione del rigido processo di selezione al quale gli storici hanno in genere sottoposto tali fonti alla ricerca dei rari casi di manifesta spontaneità/soggettività degli scriventi e rivalutarli in base a un differente parametro interpretativo, leggendo cioè la loro retorica, la loro ripetitività e la loro stereotipia non come elementi di per se stessi negativi, ma come veri e propri marcatori di una diffusissima prassi didattica.

School writings as sources for the study of teaching practices: the Italian case (1925-1945)

Meda, J.
2020-01-01

Abstract

Over the last twenty years, the historians of education who investigated the heuristic potential of school writings tended to focus on extraordinary historical periods (such as wars and revolutions) and to use notebooks and diaries not as sources able to describe how wars and dictatorships adulterated educational processes and teaching practices commonly promoted at school, but as materials to be used to tell how wars and dictatorships upset the lives of small protagonists in their school life or as unintentional written witnesses about social and political changes. Hence, the obsessive search for spontaneity as a guarantee of the reliability of the source, able to witness in a more natural and genuine way what was happening outside school and/or how this affected children’s lives inside school. This polarization generated a prevailing interest in what Davide Montino called “disciplined writings”. Starting from this assumption, this study tries to recover the “production rejects” of the strict selection process to which historians subjected these sources in search of the rare cases of evident spontaneity, and to re-evaluate them on the basis of a different interpretative parameter, that is reading their rhetoric, repetitiveness and stereotypy not as negative elements, but as real markers of a widespread teaching practice.
2020
EUM
Nel corso dell’ultimo ventennio gli storici dell’educazione che hanno indagato le potenzialità euristiche delle scritture scolastiche hanno teso a concentrarsi sui periodi storici straordinari (come guerre e rivoluzioni) e ad utilizzare quaderni e diari non in quanto fonti utili a descrivere come guerre e dittature abbiano adulterato i processi educativi e le pratiche didattiche comunemente promosse nella scuola, bensì in quanto materiali di cui servirsi per raccontare come guerre e dittature abbiano stravolto il vissuto dei piccoli protagonisti della vita scolastica o in quanto testimonianze scritte involontarie dei mutamenti sociali e politici. Di qui, l’ossessiva ricerca della spontaneità, intesa come garanzia dell’attendibilità della fonte, non contaminata dalle pressanti esigenze propagandistiche avanzate dal mondo adulto, le cui manifestazioni avrebbero dovuto essere in grado di testimoniare nella forma più naturale e genuina possibile ciò che succedeva fuori della scuola e/o come questo condizionava la vita dei bambini all’interno della scuola. Questa polarizzazione ha generato un sostanziale interesse nei confronti di quelle che Davide Montino ha definito «scritture disciplinate». Partendo da questo presupposto, il presente studio propone invece di recuperare gli scarti di lavorazione del rigido processo di selezione al quale gli storici hanno in genere sottoposto tali fonti alla ricerca dei rari casi di manifesta spontaneità/soggettività degli scriventi e rivalutarli in base a un differente parametro interpretativo, leggendo cioè la loro retorica, la loro ripetitività e la loro stereotipia non come elementi di per se stessi negativi, ma come veri e propri marcatori di una diffusissima prassi didattica.
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