Tra i molti spunti di riflessione che la sentenza n. 221 del 2019 offre all’interprete, nel commento si sceglie di esaminare due profili che interessano per la prima volta il divieto legale di assistenza medica al concepimento per le coppie same-gender: la pretesa discriminazione per orientamento sessuale e la pretesa violazione dell’art. 2 Cost. In ordine al primo profilo (par. 2), secondo l'interpretazione proposta, la legge n. 40 sembra incapace di cogliere la complessità del fenomeno riproduttivo umano in tutte le sue sfumature biologiche, rifiutando la sfida posta da una trama che è per natura non lineare. Emerge dalla norma un solco prevalentemente culturale, entro il quale anche la pronuncia della Corte finisce per collocarsi, accogliendo la dicotomia "fisiologia/patologia" come direttrice discriminante. Riguardo al secondo profilo (par. 3), il legislatore fa propria la tradizione culturale per cui le migliori condizioni di partenza per un bambino che deve nascere consistono, secondo la comunità sociale, nella famiglia eterosessuale. Secondo la Corte, questi sono gli apprezzamenti correnti che il legislatore ha rappresentato. Soluzioni di segno diverso saranno possibili all’evolversi dell’apprezzamento sociale della fenomenologia considerata. Nel commento si evidenzia una possibile preoccupazione sottesa al ragionamento condotto (par. 4): il superamento dei due baluardi essenziali individuati dal legislatore del 2004 (la finalità terapeutica e il paradigma genitoriale eterosessuale) potrebbe avere effetti di ricaduta a catena sulla platea delle ulteriori posizioni soggettive attualmente escluse dalle pratiche mediche riproduttive, incidendo definitivamente sul cardine delle scelte legislative.

Coppie omosessuali e divieto di assistenza medica al concepimento

angela cossiri
2019-01-01

Abstract

Tra i molti spunti di riflessione che la sentenza n. 221 del 2019 offre all’interprete, nel commento si sceglie di esaminare due profili che interessano per la prima volta il divieto legale di assistenza medica al concepimento per le coppie same-gender: la pretesa discriminazione per orientamento sessuale e la pretesa violazione dell’art. 2 Cost. In ordine al primo profilo (par. 2), secondo l'interpretazione proposta, la legge n. 40 sembra incapace di cogliere la complessità del fenomeno riproduttivo umano in tutte le sue sfumature biologiche, rifiutando la sfida posta da una trama che è per natura non lineare. Emerge dalla norma un solco prevalentemente culturale, entro il quale anche la pronuncia della Corte finisce per collocarsi, accogliendo la dicotomia "fisiologia/patologia" come direttrice discriminante. Riguardo al secondo profilo (par. 3), il legislatore fa propria la tradizione culturale per cui le migliori condizioni di partenza per un bambino che deve nascere consistono, secondo la comunità sociale, nella famiglia eterosessuale. Secondo la Corte, questi sono gli apprezzamenti correnti che il legislatore ha rappresentato. Soluzioni di segno diverso saranno possibili all’evolversi dell’apprezzamento sociale della fenomenologia considerata. Nel commento si evidenzia una possibile preoccupazione sottesa al ragionamento condotto (par. 4): il superamento dei due baluardi essenziali individuati dal legislatore del 2004 (la finalità terapeutica e il paradigma genitoriale eterosessuale) potrebbe avere effetti di ricaduta a catena sulla platea delle ulteriori posizioni soggettive attualmente escluse dalle pratiche mediche riproduttive, incidendo definitivamente sul cardine delle scelte legislative.
2019
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