This paper deals with the art. 2697 of the Italian Civil Code and its practical application in bankruptcy cases. The Italian Supreme Court, with the order n. 22208/18, ruled the burden of proof in the procedure for assessing bankruptcy liabilities. In this respect, a new code addressing Companies crisis and insolvency has recently entered into legal force, with Legislative Act n. 14/2019 which, however, did not change the previous legislation. This paper focuses on the probative value of the account statements used by the banks during their credit recovery activity, given the fact that the art. 1832 c.c. against the bankruptcy cannot be utilised since in this situation the banks are a third party. In this regard, as these are unilateral documents, the Italian Supreme Court uses, among other things, the controversial institute of atypical evidence to consider as ascertained the claim proposed by the creditor for the bankruptcy liabilities. Without prejudice to the correct distribution of the evidentiary burden between the parties, also due to the proximity of the proof principle, the author values the lack of specific contestation by the bankruptcy receiver to achieve the same result instead, at the same time criticizing an excess of superficiality in motivation about the use of the atypical proof doctrine.

La nota di commento all’ordinanza Cass. n. 22208/2018 affronta il tema, estremamente vivo e dibattuto in dottrina come in giurisprudenza, concernente l’interpretazione dell’art. 2697 c.c. In questo contesto, la Suprema Corte si occupa di applicare l’onere della prova nello specifico ambito del procedimento di accertamento del passivo fallimentare, rimasto pressoché immutato, anche a seguito della recentissima riforma relativa al Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, apportata con il D.Lgs. n. 14/2019. Segnatamente, l’attenzione si sofferma sul valore probatorio degli estratti conto nel regime di rendicontazione compiuto dalle banche durante la propria attività di esercizio del credito, stante l’inutilizzabilità dell’art. 1832 c.c. nei confronti della curatela fallimentare. In proposito, trattandosi di documenti unilaterali, la Cassazione utilizza, tra l’altro, il controverso istituto della prova atipica per ritenere accertato il diritto vantato dal creditore proponente la domanda d’insinuazione al passivo fallimentare. Per contro, fermo restando la corretta distribuzione del carico probatorio tra le parti, anche in ragione del c.d. principio di vicinanza della prova, l’autore valorizza la mancanza di specifica contestazione del quantum da parte del curatore fallimentare per raggiungere il medesimo risultato, al contempo criticando un eccesso di superficialità della motivazione nell’utilizzo della nozione di prova atipica.

Estratti conto bancari, onere della prova e accertamento del passivo

Francesco Fradeani
2020-01-01

Abstract

This paper deals with the art. 2697 of the Italian Civil Code and its practical application in bankruptcy cases. The Italian Supreme Court, with the order n. 22208/18, ruled the burden of proof in the procedure for assessing bankruptcy liabilities. In this respect, a new code addressing Companies crisis and insolvency has recently entered into legal force, with Legislative Act n. 14/2019 which, however, did not change the previous legislation. This paper focuses on the probative value of the account statements used by the banks during their credit recovery activity, given the fact that the art. 1832 c.c. against the bankruptcy cannot be utilised since in this situation the banks are a third party. In this regard, as these are unilateral documents, the Italian Supreme Court uses, among other things, the controversial institute of atypical evidence to consider as ascertained the claim proposed by the creditor for the bankruptcy liabilities. Without prejudice to the correct distribution of the evidentiary burden between the parties, also due to the proximity of the proof principle, the author values the lack of specific contestation by the bankruptcy receiver to achieve the same result instead, at the same time criticizing an excess of superficiality in motivation about the use of the atypical proof doctrine.
2020
Giappichelli
La nota di commento all’ordinanza Cass. n. 22208/2018 affronta il tema, estremamente vivo e dibattuto in dottrina come in giurisprudenza, concernente l’interpretazione dell’art. 2697 c.c. In questo contesto, la Suprema Corte si occupa di applicare l’onere della prova nello specifico ambito del procedimento di accertamento del passivo fallimentare, rimasto pressoché immutato, anche a seguito della recentissima riforma relativa al Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, apportata con il D.Lgs. n. 14/2019. Segnatamente, l’attenzione si sofferma sul valore probatorio degli estratti conto nel regime di rendicontazione compiuto dalle banche durante la propria attività di esercizio del credito, stante l’inutilizzabilità dell’art. 1832 c.c. nei confronti della curatela fallimentare. In proposito, trattandosi di documenti unilaterali, la Cassazione utilizza, tra l’altro, il controverso istituto della prova atipica per ritenere accertato il diritto vantato dal creditore proponente la domanda d’insinuazione al passivo fallimentare. Per contro, fermo restando la corretta distribuzione del carico probatorio tra le parti, anche in ragione del c.d. principio di vicinanza della prova, l’autore valorizza la mancanza di specifica contestazione del quantum da parte del curatore fallimentare per raggiungere il medesimo risultato, al contempo criticando un eccesso di superficialità della motivazione nell’utilizzo della nozione di prova atipica.
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