Il lavoro percorre trasversalmente l’impianto del D.Lgs. n. 231/2001 per scrutare le dinamiche della “premialità” e della “non punibilità”. Prima ancora di dare conto della disciplina recata dal decreto, viene posto in evidenza come lo stesso sia tuttora sottoposto a prassi ‘disapplicative’ corrive, territorialmente disomogenee, che tramandano una preoccupante dimensione prasseologica della “non punibilità”. A questo proposito, il lavoro prova a rintracciare le possibili cause di tale grave distorsione, proponendo alcuni scenari di riforma. Operata questa premessa, vengono poi analizzate le disposizioni che disciplinano la “premialità” nell’ambito del sistema sanzionatorio, di cui viene posta in risalto la coerenza con le finalità preventive assegnate al decreto. Più articolata la disamina della “non punibilità”, che muove dall’esame della disciplina apprestata dall’art. 8 del decreto. Pensata avendo di mira il ridottissimo numero di reati-presupposto della responsabilità dell’ente, al momento del varo del decreto, la soluzione prescelta, che replica, in buona parte, le fattezze di quella ‘penalistica’ dell’art. 182, rilascia palpabili fibrillazioni al cospetto delle vicende dettate dallo ius superveniens, che ha fatto registrare un sensibile incremento di cause estintive del reato o di non punibilità (si pensi, tra le altre, alla tenuità del fatto, alle condotte riparatorie, alla messa alla prova, all’estinzione delle contravvenzioni in materia ambientale, alle condotte di collaborazione proces- suale). All’esito dell’articolata disamina, si perviene alla conclusione che il regime dell’art. 8 denota significativi limiti, che renderebbero auspicabili interventi de lege ferenda.
Premialità e non punibilità nel sistema della responsabilità degli enti
carlo Piergallini
2019-01-01
Abstract
Il lavoro percorre trasversalmente l’impianto del D.Lgs. n. 231/2001 per scrutare le dinamiche della “premialità” e della “non punibilità”. Prima ancora di dare conto della disciplina recata dal decreto, viene posto in evidenza come lo stesso sia tuttora sottoposto a prassi ‘disapplicative’ corrive, territorialmente disomogenee, che tramandano una preoccupante dimensione prasseologica della “non punibilità”. A questo proposito, il lavoro prova a rintracciare le possibili cause di tale grave distorsione, proponendo alcuni scenari di riforma. Operata questa premessa, vengono poi analizzate le disposizioni che disciplinano la “premialità” nell’ambito del sistema sanzionatorio, di cui viene posta in risalto la coerenza con le finalità preventive assegnate al decreto. Più articolata la disamina della “non punibilità”, che muove dall’esame della disciplina apprestata dall’art. 8 del decreto. Pensata avendo di mira il ridottissimo numero di reati-presupposto della responsabilità dell’ente, al momento del varo del decreto, la soluzione prescelta, che replica, in buona parte, le fattezze di quella ‘penalistica’ dell’art. 182, rilascia palpabili fibrillazioni al cospetto delle vicende dettate dallo ius superveniens, che ha fatto registrare un sensibile incremento di cause estintive del reato o di non punibilità (si pensi, tra le altre, alla tenuità del fatto, alle condotte riparatorie, alla messa alla prova, all’estinzione delle contravvenzioni in materia ambientale, alle condotte di collaborazione proces- suale). All’esito dell’articolata disamina, si perviene alla conclusione che il regime dell’art. 8 denota significativi limiti, che renderebbero auspicabili interventi de lege ferenda.File | Dimensione | Formato | |
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