Abstract della tesi di dottorato Questo studio combina due temi protagonisti, cioè la categoria critica del romanzo modernista e il romanzo Rubè di Giuseppe Antonio Borgese, opera programmaticamente influenzata dalla poetica letteraria dello stesso critico siciliano e che lo rende accostabile in parte all’alveo degli scrittori modernisti o, per meglio dire, alla tendenza modernista. Il trattamento delle due tematiche e della poetica di Borgese scaturiscono da un obiettivo multiplo ma interconnesso: porre in rilievo l’importanza, a lungo e troppo spesso negata o ignorata, di un romanzo come Rubè, volutamente concepito da Borgese per porsi al centro del campo letterario, nella storia della narrativa italiana dei primi decenni del Novecento, cercando di inserirlo con più spazio nel canone alla luce, sia per affinità sia per contrasto, della nuova (almeno in Italia) categoria critica del romanzo modernista. Per arrivare a questo, come condicio sine qua non si è ritenuto di perseguire un primo scopo, cioè quello di provare a fare il punto sulla categoria di romanzo modernista (più spesso si parla di modernismo letterario in generale, ma si è scelto di delimitare il campo al genere romanzesco), ancora piuttosto mobile e indeterminata, dal momento che è entrata (e solo parzialmente) nel dibattito critico italiano da circa un decennio, ma ermeneuticamente feconda per diversi aspetti – che si riporteranno in seguito –, o almeno questo sostiene chi scrive, sulla scorta dei critici che la hanno importata e che cominciano ad adottarla in Italia. Sulla base di queste considerazioni introduttive si è edificata la struttura sostanzialmente bipartita della tesi: la prima dedicata allo status quaestionis (Cap. I) e ai caratteri precipui del romanzo modernista (Cap. II-III), la seconda all’analisi di Rubè (Cap. VI), preceduta da una ricognizione della sua sfortuna critica (Cap. V), ambedue collegate da un capitolo di raccordo sul Borgese critico e sulla sua concezione a favore della centralità del genere romanzesco nello spazio letterario (Cap. IV). Il corpo centrale della tesi è incorniciato da una Premessa che chiarisce gli intenti del lavoro e l’impostazione metodologica e delle Conclusioni provvisorie che ambiscono a tirare le fila e a abbozzare alcune riflessioni generali. Il Capitolo su Rubè è largamente il più ampio della tesi. Infatti, per compiere un discorso coerente concernente Borgese e il romanzo modernista, ha senso mettere al centro questo romanzo, l’opera narrativa con cui lo scrittore siciliano vuole porsi al centro dello spazio letterario e intende imprimerne una netta sterzata in direzione della sua concezione della letteratura, come dichiara anche in Tempo di edificare, volume critico coevo a Rubè. Il metodo adottato per identificare le caratteristiche proprie del romanzo modernista e di Rubè si è distinto per uno sguardo critico bifocale, definibile a cannocchiale e col microscopio: la prima visuale è servita a delineare alcune linee di longue durée tratteggiate dal romanzo di metà Ottocento fino al modernismo (ovviamente potendo tener conto solo degli autori italiani ed europei stabilmente al centro del canone, alcuni di quali sono modelli dichiarati di Borgese) e a determinare dove Borgese aderisce a tali tracciati e dove ne differisce; il secondo tipo di vista è stato utile per analizzare da vicino il testo borgesiano. Si è scelto di mantenere un orizzonte non solo nazionale, bensì continentale, perché considerato consono a un autore “europeo” come Borgese e a un oggetto ermeneutico come il romanzo modernista. Sul piano della letteratura critica, per tentare di imbastire un arduo e ambizioso discorso teorico-critico che abbracciasse un secolo di storia del romanzo, si è fatto affidamento, in primis, a grandi e ormai classici teorici del romanzo (su tutti Auerbach, Lukács, Bachtin e Ortega y Gasset), appoggiandosi poi ad alcuni ottimi studi critici contemporanei, affiancando altresì alcune riflessioni sul romanzo di scrittori modernisti. Per quanto riguarda il romanzo modernista, pur considerando parte della copiosa letteratura critica di matrice anglosassone e prendendo le mosse da due precoci canonizzatori ante litteram della narrativa modernista, ovvero Erich Auerbach e Giacomo Debenedetti, per circoscrivere il campo si sono privilegiati gli studi della critica italiana sul tema in questione, importato in Italia da Pierluigi Pellini da Romano Luperini e poi alimentato soprattutto dalla koiné critica afferente alla rivista «Allegoria», oltre a poche altre voci italiane delle quali ho tenuto conto. Nel Capitolo di apertura, dopo aver ricostruito la genealogia del concetto di modernismo letterario, si sono messe in luce le ragioni dell’utilità della categoria critica di modernismo, che, seppur «ancora indeterminata» (Luperini) – uno scopo di questa tesi sta proprio nel cercare di accrescere il grado di determinatezza del cosiddetto romanzo modernista –, è ormai divenuta «inevitabile» (Somigli). Usando questa categoria si può: operare una nuova valutazione del sistema letterario dell’epoca che abbraccia; mettere ordine nell’indicare alcuni rilevanti fenomeni che si collocano nei primi decenni del Novecento, offrendo una scansione forse più precisa della storia letteraria italiana; includere dentro una stessa area letteraria scrittori tra i quali, seppur diversi, sussistono delle somiglianze di famiglia che li apparentano; inserire scrittori italiani come Pirandello, Svevo, Montale, Saba (e – perché no – anche Borgese) nella prospettiva europea, rendendo il nostro territorio letterario «più accessibile e confrontabile con il panorama delle altre letterature europee (Valesio)», sprovincializzando la letteratura italiana e immettendola in un orizzonte transnazionale. L’ultima parte del Capitolo contiene una ricognizione del dibattito italiano sulla periodizzazione del modernismo, su cui si sono ravvisate quattro principali ipotesi. Nel secondo Capitolo, certamente il più ostico e ambizioso, si tenta una sistematizzazione delle peculiarità strutturali, narrative e tematiche (perlomeno di quelle ritenute principali e più ricorrenti) che distinguerebbero il romanzo che può essere definito modernista, al fine di conferire maggiore determinatezza a questa tipologia critica, tassonomia poi utile a stabilire – nell’ultimo Capitolo – il grado di densità modernista di un libro atipico come Rubè. Dunque, ho rintracciato le principali caratteristiche strutturali e narrative (preponderanza del narratore omodiegetico; decadimento del narratore onnisciente; sbiadimento della trama di tipo classico; sfaldamento del tempo-spazio narrativo: monologo interiore e flusso di coscienza, epifanie, analogie e romanzo-saggio; dettagli inessenziali ed effetti di reale) e gli elementi tematici (svuotamento della vita esteriore, politica, storico-sociale; la serietà dei fatti minimi del quotidiano e degli smottamenti dell’interiorità; la nuova psicologia dei personaggi; disgregazione dell’unità del mondo e del personaggio; crisi dell’idea di verità) del romanzo modernista, sviluppando punto per punto il riflesso ideologico e la Weltanschauung sottesi a tali caratteri. Nel terzo Capitolo, si avanza una proposta critica per il romanzo modernista. Dapprima, lo si inserisce nei più vasti disegni di una teoria del romanzo che vedrebbe nel modernismo il terzo stadio della modernità, collocabile a cavallo tra Otto e Novecento; poi, si individuano i precursori pre-modernisti principalmente in Baudelaire, Flaubert, Tolstoj e Dostoevskij; si suggeriscono gli estremi cronologici del romanzo modernista, circoscrivendolo soprattutto ai primi tre decenni del XX secolo (con l’eccentrica eccezione di Gadda nello scenario italiano); si evidenzia il rapporto dialettico del modernismo con la tradizione, elemento che lo distinguerebbe dalle avanguardie storiche; infine, si tenta di abbozzare una definizione critica riassuntiva, basata sull’idea che il romanzo modernista non rappresenti un rifiuto del realismo classico o naturalista dell’Ottocento, bensì un passaggio di paradigma a un nuovo tipo di realismo, cioè un realismo interiore. Il Capitolo IV, quello di raccordo, è dedicato a illustrare: la poetica del romanzo del Borgese critico; la sua visione della letteratura e la sua volontà di riedificarla contrastando il gusto frammentista, soggettivista e lirico diffuso dai Vociani e mettendo al centro il genere romanzesco; il suo status di isolato battitore libero; il suo interesse verso le letterature straniere e la scoperta di autori come Tozzi e Moravia. Quasi tutti questi elementi rendono possibile l’accostamento dello scrittore siciliano alla tendenza modernista, pur mantenendo chiare le specificità della concezione borgesiana, e corroborano sul piano teorico-critico gli esiti pratici cui lo scrittore siciliano ambisce a pervenire con Rubè, sancendo una stretta e organica relazione tra la sua produzione critica e quella artistica. L’ultimo Capitolo è preceduto da un breve capitolo (il V) che ripercorre le ragioni dell’ostracismo nei confronti di Borgese e le precoci e decisive stroncature di Rubè. Infine, nel sesto Capitolo si è prefissato di identificare gli aspetti modernisti e non di Rubè, evidenziando la specificità del libro borgesiano anche attraverso un dialogo interdiscorsivo con romanzieri modernisti italiani ed europei e con grandi scrittori della tradizione del romanzo ottocentesco. L’esito della lunga e articolata analisi vede in Rubè un emblematico romanzo di transizione al modernismo. Sul piano del sottogenere letterario, l’opera di Borgese si connota: da un versante, come romanzo contemporaneo storico-politico nel quale la storia, pur rielaborata in chiave modernista, mantiene una certa validità che ricorda il paradigma del romanzo ottocentesco; sull’altro versante, come romanzo della coscienza che lo ascrive pienamente alla tendenza del realismo modernista. Dal punto di vista architettonico, pur indulgendo già a strategie moderniste (la trama subordinata al personaggio epifanie, monologhi interiori, il ruolo del caso), le strutture e le tecniche narrative di Rubè conservano, o almeno ambiscono a conservare, una compattezza di tipo ottocentesco; invece, sul piano tematico (la disgregazione del mondo sociale e interiore, la malattia e le nevrosi psichiche, l’irrazionale, la perdita di valore della vita sociale, la crisi dell’intellettuale, l’alienazione dell’uomo moderno, l’impossibilità di trovare una verità e di dare un senso all’esistenza) e nella costituzione psichica del protagonista (l’inettitudine, la solitudine, l’incapacità di costruire rapporti solidi, l’esplosione di un interiorità lacerata, la nevrotica introspezione, la crisi d’identità dell’individuo), il romanzo borgesiano è integralmente modernista. Nelle Conclusioni si cerca, in primis, di sintetizzare il passaggio paradigmatico che avviene tra lo strutturato realismo ottocentesco (e tardo-ottocentesco) e il cubismo prospettico del realismo modernista, corrispettivi artistici delle diverse Weltanschaaung, epistemologie e assiologie di queste due (o tre) età della modernità. Filippo Rubè rappresenta il dramma umano e storico di questo passaggio e della crisi di valori primonovecentesca: conserva l’anelito a un eroismo ormai anacronistico, ma è privo della volontà di perseguire le sue ambizioni, risultando così inetto a vivere (pur nella peculiare accezione di inetto cristiano) nel mondo della sua epoca. Poi, si puntualizza come Borgese, aspirando nostalgicamente a un’unità perduta, ma non potendola più ottenere nei modi del realismo del romanzo ottocentesco, trovi comunque una soluzione legata a questa tradizione sul piano strutturale, esprimendo, però, una semantica modernista nei contenuti, nella rappresentazione della realtà e degli interrogativi esistenziali. Così, Borgese, scrittore di cose che cerca pervicacemente di saldare letteratura e vita, scrive un romanzo che si propone come una risposta etica ed estetica alla disgregazione dell’esistente. Da questa natura binaria dell’opera scaturisce la peculiarità di Rubè, in transizione tra emersioni moderniste e permanenze della tradizione, libro precursore della rinascita del romanzo italiano e battistrada di nuovi “tropi” esistenziali e psicologici.

Giuseppe Antonio Borgese, Rubè e il modernismo Il romanzo modernista, la poetica del romanzo in Borgese critico e le emersioni moderniste di Rubè

Capone, Maurizio
2019-01-01

Abstract

Abstract della tesi di dottorato Questo studio combina due temi protagonisti, cioè la categoria critica del romanzo modernista e il romanzo Rubè di Giuseppe Antonio Borgese, opera programmaticamente influenzata dalla poetica letteraria dello stesso critico siciliano e che lo rende accostabile in parte all’alveo degli scrittori modernisti o, per meglio dire, alla tendenza modernista. Il trattamento delle due tematiche e della poetica di Borgese scaturiscono da un obiettivo multiplo ma interconnesso: porre in rilievo l’importanza, a lungo e troppo spesso negata o ignorata, di un romanzo come Rubè, volutamente concepito da Borgese per porsi al centro del campo letterario, nella storia della narrativa italiana dei primi decenni del Novecento, cercando di inserirlo con più spazio nel canone alla luce, sia per affinità sia per contrasto, della nuova (almeno in Italia) categoria critica del romanzo modernista. Per arrivare a questo, come condicio sine qua non si è ritenuto di perseguire un primo scopo, cioè quello di provare a fare il punto sulla categoria di romanzo modernista (più spesso si parla di modernismo letterario in generale, ma si è scelto di delimitare il campo al genere romanzesco), ancora piuttosto mobile e indeterminata, dal momento che è entrata (e solo parzialmente) nel dibattito critico italiano da circa un decennio, ma ermeneuticamente feconda per diversi aspetti – che si riporteranno in seguito –, o almeno questo sostiene chi scrive, sulla scorta dei critici che la hanno importata e che cominciano ad adottarla in Italia. Sulla base di queste considerazioni introduttive si è edificata la struttura sostanzialmente bipartita della tesi: la prima dedicata allo status quaestionis (Cap. I) e ai caratteri precipui del romanzo modernista (Cap. II-III), la seconda all’analisi di Rubè (Cap. VI), preceduta da una ricognizione della sua sfortuna critica (Cap. V), ambedue collegate da un capitolo di raccordo sul Borgese critico e sulla sua concezione a favore della centralità del genere romanzesco nello spazio letterario (Cap. IV). Il corpo centrale della tesi è incorniciato da una Premessa che chiarisce gli intenti del lavoro e l’impostazione metodologica e delle Conclusioni provvisorie che ambiscono a tirare le fila e a abbozzare alcune riflessioni generali. Il Capitolo su Rubè è largamente il più ampio della tesi. Infatti, per compiere un discorso coerente concernente Borgese e il romanzo modernista, ha senso mettere al centro questo romanzo, l’opera narrativa con cui lo scrittore siciliano vuole porsi al centro dello spazio letterario e intende imprimerne una netta sterzata in direzione della sua concezione della letteratura, come dichiara anche in Tempo di edificare, volume critico coevo a Rubè. Il metodo adottato per identificare le caratteristiche proprie del romanzo modernista e di Rubè si è distinto per uno sguardo critico bifocale, definibile a cannocchiale e col microscopio: la prima visuale è servita a delineare alcune linee di longue durée tratteggiate dal romanzo di metà Ottocento fino al modernismo (ovviamente potendo tener conto solo degli autori italiani ed europei stabilmente al centro del canone, alcuni di quali sono modelli dichiarati di Borgese) e a determinare dove Borgese aderisce a tali tracciati e dove ne differisce; il secondo tipo di vista è stato utile per analizzare da vicino il testo borgesiano. Si è scelto di mantenere un orizzonte non solo nazionale, bensì continentale, perché considerato consono a un autore “europeo” come Borgese e a un oggetto ermeneutico come il romanzo modernista. Sul piano della letteratura critica, per tentare di imbastire un arduo e ambizioso discorso teorico-critico che abbracciasse un secolo di storia del romanzo, si è fatto affidamento, in primis, a grandi e ormai classici teorici del romanzo (su tutti Auerbach, Lukács, Bachtin e Ortega y Gasset), appoggiandosi poi ad alcuni ottimi studi critici contemporanei, affiancando altresì alcune riflessioni sul romanzo di scrittori modernisti. Per quanto riguarda il romanzo modernista, pur considerando parte della copiosa letteratura critica di matrice anglosassone e prendendo le mosse da due precoci canonizzatori ante litteram della narrativa modernista, ovvero Erich Auerbach e Giacomo Debenedetti, per circoscrivere il campo si sono privilegiati gli studi della critica italiana sul tema in questione, importato in Italia da Pierluigi Pellini da Romano Luperini e poi alimentato soprattutto dalla koiné critica afferente alla rivista «Allegoria», oltre a poche altre voci italiane delle quali ho tenuto conto. Nel Capitolo di apertura, dopo aver ricostruito la genealogia del concetto di modernismo letterario, si sono messe in luce le ragioni dell’utilità della categoria critica di modernismo, che, seppur «ancora indeterminata» (Luperini) – uno scopo di questa tesi sta proprio nel cercare di accrescere il grado di determinatezza del cosiddetto romanzo modernista –, è ormai divenuta «inevitabile» (Somigli). Usando questa categoria si può: operare una nuova valutazione del sistema letterario dell’epoca che abbraccia; mettere ordine nell’indicare alcuni rilevanti fenomeni che si collocano nei primi decenni del Novecento, offrendo una scansione forse più precisa della storia letteraria italiana; includere dentro una stessa area letteraria scrittori tra i quali, seppur diversi, sussistono delle somiglianze di famiglia che li apparentano; inserire scrittori italiani come Pirandello, Svevo, Montale, Saba (e – perché no – anche Borgese) nella prospettiva europea, rendendo il nostro territorio letterario «più accessibile e confrontabile con il panorama delle altre letterature europee (Valesio)», sprovincializzando la letteratura italiana e immettendola in un orizzonte transnazionale. L’ultima parte del Capitolo contiene una ricognizione del dibattito italiano sulla periodizzazione del modernismo, su cui si sono ravvisate quattro principali ipotesi. Nel secondo Capitolo, certamente il più ostico e ambizioso, si tenta una sistematizzazione delle peculiarità strutturali, narrative e tematiche (perlomeno di quelle ritenute principali e più ricorrenti) che distinguerebbero il romanzo che può essere definito modernista, al fine di conferire maggiore determinatezza a questa tipologia critica, tassonomia poi utile a stabilire – nell’ultimo Capitolo – il grado di densità modernista di un libro atipico come Rubè. Dunque, ho rintracciato le principali caratteristiche strutturali e narrative (preponderanza del narratore omodiegetico; decadimento del narratore onnisciente; sbiadimento della trama di tipo classico; sfaldamento del tempo-spazio narrativo: monologo interiore e flusso di coscienza, epifanie, analogie e romanzo-saggio; dettagli inessenziali ed effetti di reale) e gli elementi tematici (svuotamento della vita esteriore, politica, storico-sociale; la serietà dei fatti minimi del quotidiano e degli smottamenti dell’interiorità; la nuova psicologia dei personaggi; disgregazione dell’unità del mondo e del personaggio; crisi dell’idea di verità) del romanzo modernista, sviluppando punto per punto il riflesso ideologico e la Weltanschauung sottesi a tali caratteri. Nel terzo Capitolo, si avanza una proposta critica per il romanzo modernista. Dapprima, lo si inserisce nei più vasti disegni di una teoria del romanzo che vedrebbe nel modernismo il terzo stadio della modernità, collocabile a cavallo tra Otto e Novecento; poi, si individuano i precursori pre-modernisti principalmente in Baudelaire, Flaubert, Tolstoj e Dostoevskij; si suggeriscono gli estremi cronologici del romanzo modernista, circoscrivendolo soprattutto ai primi tre decenni del XX secolo (con l’eccentrica eccezione di Gadda nello scenario italiano); si evidenzia il rapporto dialettico del modernismo con la tradizione, elemento che lo distinguerebbe dalle avanguardie storiche; infine, si tenta di abbozzare una definizione critica riassuntiva, basata sull’idea che il romanzo modernista non rappresenti un rifiuto del realismo classico o naturalista dell’Ottocento, bensì un passaggio di paradigma a un nuovo tipo di realismo, cioè un realismo interiore. Il Capitolo IV, quello di raccordo, è dedicato a illustrare: la poetica del romanzo del Borgese critico; la sua visione della letteratura e la sua volontà di riedificarla contrastando il gusto frammentista, soggettivista e lirico diffuso dai Vociani e mettendo al centro il genere romanzesco; il suo status di isolato battitore libero; il suo interesse verso le letterature straniere e la scoperta di autori come Tozzi e Moravia. Quasi tutti questi elementi rendono possibile l’accostamento dello scrittore siciliano alla tendenza modernista, pur mantenendo chiare le specificità della concezione borgesiana, e corroborano sul piano teorico-critico gli esiti pratici cui lo scrittore siciliano ambisce a pervenire con Rubè, sancendo una stretta e organica relazione tra la sua produzione critica e quella artistica. L’ultimo Capitolo è preceduto da un breve capitolo (il V) che ripercorre le ragioni dell’ostracismo nei confronti di Borgese e le precoci e decisive stroncature di Rubè. Infine, nel sesto Capitolo si è prefissato di identificare gli aspetti modernisti e non di Rubè, evidenziando la specificità del libro borgesiano anche attraverso un dialogo interdiscorsivo con romanzieri modernisti italiani ed europei e con grandi scrittori della tradizione del romanzo ottocentesco. L’esito della lunga e articolata analisi vede in Rubè un emblematico romanzo di transizione al modernismo. Sul piano del sottogenere letterario, l’opera di Borgese si connota: da un versante, come romanzo contemporaneo storico-politico nel quale la storia, pur rielaborata in chiave modernista, mantiene una certa validità che ricorda il paradigma del romanzo ottocentesco; sull’altro versante, come romanzo della coscienza che lo ascrive pienamente alla tendenza del realismo modernista. Dal punto di vista architettonico, pur indulgendo già a strategie moderniste (la trama subordinata al personaggio epifanie, monologhi interiori, il ruolo del caso), le strutture e le tecniche narrative di Rubè conservano, o almeno ambiscono a conservare, una compattezza di tipo ottocentesco; invece, sul piano tematico (la disgregazione del mondo sociale e interiore, la malattia e le nevrosi psichiche, l’irrazionale, la perdita di valore della vita sociale, la crisi dell’intellettuale, l’alienazione dell’uomo moderno, l’impossibilità di trovare una verità e di dare un senso all’esistenza) e nella costituzione psichica del protagonista (l’inettitudine, la solitudine, l’incapacità di costruire rapporti solidi, l’esplosione di un interiorità lacerata, la nevrotica introspezione, la crisi d’identità dell’individuo), il romanzo borgesiano è integralmente modernista. Nelle Conclusioni si cerca, in primis, di sintetizzare il passaggio paradigmatico che avviene tra lo strutturato realismo ottocentesco (e tardo-ottocentesco) e il cubismo prospettico del realismo modernista, corrispettivi artistici delle diverse Weltanschaaung, epistemologie e assiologie di queste due (o tre) età della modernità. Filippo Rubè rappresenta il dramma umano e storico di questo passaggio e della crisi di valori primonovecentesca: conserva l’anelito a un eroismo ormai anacronistico, ma è privo della volontà di perseguire le sue ambizioni, risultando così inetto a vivere (pur nella peculiare accezione di inetto cristiano) nel mondo della sua epoca. Poi, si puntualizza come Borgese, aspirando nostalgicamente a un’unità perduta, ma non potendola più ottenere nei modi del realismo del romanzo ottocentesco, trovi comunque una soluzione legata a questa tradizione sul piano strutturale, esprimendo, però, una semantica modernista nei contenuti, nella rappresentazione della realtà e degli interrogativi esistenziali. Così, Borgese, scrittore di cose che cerca pervicacemente di saldare letteratura e vita, scrive un romanzo che si propone come una risposta etica ed estetica alla disgregazione dell’esistente. Da questa natura binaria dell’opera scaturisce la peculiarità di Rubè, in transizione tra emersioni moderniste e permanenze della tradizione, libro precursore della rinascita del romanzo italiano e battistrada di nuovi “tropi” esistenziali e psicologici.
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Descrizione: Tesi Capne Maurizio
Tipologia: Tesi di dottorato
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