La crescita economica cinese è stata guidata, dalla fine degli anni settanta, dalla politica dell’Open Door. Grazie all’attrazione di capitali e tecnologie straniere, il Paese, in circa trent’anni, ha subito una trasformazione radicale. Da puramente agricolo, è divenuto la meta irrinunciabile dei processi di decentramento produttivo e commerciale delle principali multinazionali del mondo. A partire dall’inizio del nuovo millennio, una nuova politica è stata ufficialmente lanciata dal governo cinese, attraverso il decimo Piano quinquennale: il Go Global. Volto a stimolare l’internazionalizzazione delle imprese cinesi e a correggere la traiettoria di sviluppo del Paese, il Go Global ha progressivamente visto mutare gli obiettivi perseguiti dal governo, oltre che gli strumenti adottati. Dall’iniziale quasi esclusiva focalizzazione sull’acquisizione di risorse naturali, si è passati alla ricerca di mercati di sbocco, tecnologie, conoscenze, marchi. Alle imprese statali si sono progressivamente affiancate le imprese private. Il ruolo del governo si è dinamicamente adattato negli ultimi anni: i poteri autorizzativi sono stati delegati agli enti provinciali e locali; lo Stato è divenuto promotore di una rete interna e internazionale di servizi e consulenza, oltre che garante del monitoraggio della buona riuscita delle operazioni. L’undicesimo Piano quinquennale (2006-2010) ha segnato una tappa importante di accelerazione nel sostegno governativo: il Go global è stato incorporato nei piani di sviluppo pluriennali. Con il dodicesimo (2011-2015), la Cina si è posta una ulteriore sfida: divenire investitore netto. Per questo è stata impressa una forte accelerazione alle attività delle multinazionali cinesi nel mondo. Le conseguenze sono già riscontrabili nei dati del 2013. Gli investimenti in ingresso sono cresciuti del 2,3% su base annua, arrivando a 123,9 miliardi di dollari. Gli investimenti in uscita sono cresciuti del 15% su base annua, generando un flusso di 101 miliardi di dollari. La Cina è ora il terzo investitore mondiale dopo USA e Giappone. L’Italia, praticamente assente tra le destinazioni cinesi sino a un decennio fa, si è resa protagonista negli ultimi anni di una attenzione crescente da parte cinese. Lo spostamento di interesse dalle materie prime alle tecnologie, al know how e ai marchi l’ha fatta divenire una delle mete più interessanti per il Go Global. Nel corso del 2014, l’attenzione per l’Italia è divenuta addirittura eclatante. Gli aspetti politici hanno giocato un ruolo decisivo nella crescita degli investimenti, tanto che il 2014 si ritiene abbia aperto una nuova era negli scambi con la Cina. Lo si può intuire da vari aspetti: il timing, le modalità operative, i settori e la natura degli investimenti.
La Cina e il Made in Italy: il caso Bright Food-Salov
SPIGARELLI, Francesca;ROSENTHAL, THOMAS ALBERT
2015-01-01
Abstract
La crescita economica cinese è stata guidata, dalla fine degli anni settanta, dalla politica dell’Open Door. Grazie all’attrazione di capitali e tecnologie straniere, il Paese, in circa trent’anni, ha subito una trasformazione radicale. Da puramente agricolo, è divenuto la meta irrinunciabile dei processi di decentramento produttivo e commerciale delle principali multinazionali del mondo. A partire dall’inizio del nuovo millennio, una nuova politica è stata ufficialmente lanciata dal governo cinese, attraverso il decimo Piano quinquennale: il Go Global. Volto a stimolare l’internazionalizzazione delle imprese cinesi e a correggere la traiettoria di sviluppo del Paese, il Go Global ha progressivamente visto mutare gli obiettivi perseguiti dal governo, oltre che gli strumenti adottati. Dall’iniziale quasi esclusiva focalizzazione sull’acquisizione di risorse naturali, si è passati alla ricerca di mercati di sbocco, tecnologie, conoscenze, marchi. Alle imprese statali si sono progressivamente affiancate le imprese private. Il ruolo del governo si è dinamicamente adattato negli ultimi anni: i poteri autorizzativi sono stati delegati agli enti provinciali e locali; lo Stato è divenuto promotore di una rete interna e internazionale di servizi e consulenza, oltre che garante del monitoraggio della buona riuscita delle operazioni. L’undicesimo Piano quinquennale (2006-2010) ha segnato una tappa importante di accelerazione nel sostegno governativo: il Go global è stato incorporato nei piani di sviluppo pluriennali. Con il dodicesimo (2011-2015), la Cina si è posta una ulteriore sfida: divenire investitore netto. Per questo è stata impressa una forte accelerazione alle attività delle multinazionali cinesi nel mondo. Le conseguenze sono già riscontrabili nei dati del 2013. Gli investimenti in ingresso sono cresciuti del 2,3% su base annua, arrivando a 123,9 miliardi di dollari. Gli investimenti in uscita sono cresciuti del 15% su base annua, generando un flusso di 101 miliardi di dollari. La Cina è ora il terzo investitore mondiale dopo USA e Giappone. L’Italia, praticamente assente tra le destinazioni cinesi sino a un decennio fa, si è resa protagonista negli ultimi anni di una attenzione crescente da parte cinese. Lo spostamento di interesse dalle materie prime alle tecnologie, al know how e ai marchi l’ha fatta divenire una delle mete più interessanti per il Go Global. Nel corso del 2014, l’attenzione per l’Italia è divenuta addirittura eclatante. Gli aspetti politici hanno giocato un ruolo decisivo nella crescita degli investimenti, tanto che il 2014 si ritiene abbia aperto una nuova era negli scambi con la Cina. Lo si può intuire da vari aspetti: il timing, le modalità operative, i settori e la natura degli investimenti.File | Dimensione | Formato | |
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