Questa riflessione prende le mosse dal massacro industriale-amministrativo messo in atto dalla società europea del ventesimo secolo quale esito tanatopolitico di una volontà di razionalizzazione sociale e di medicalizzazione in cui il razzismo antisemita e la sua legalizzazione hanno fatto da collante ideologico. Lo spazio compreso tra un sistema ideologico di matrice razziale e la sua messa in opera si è avvalso di un enorme apparato burocratico che ha tradotto i principi razzisti in un normale processo di problem solving. A rendere possibile quel totalitarismo tecnico-politico che ha generato strutture mortifere è stata la collaborazione di individui che hanno svolto il proprio lavoro in una mite “medialità” che oblitera la coscienza nella coscienziosità con cui si svolge un compito. Con il regime nazista la morale è sprofondata perdendo consistenza quasi si trattasse di un vuoto insieme di mores, di usi e costumi modificabili con disinvoltura, non a causa dei criminali bensì di gente ordinaria che “pattinava sulla superficie degli eventi”, incapace di discriminare tra giusto e sbagliato e di avvertire le conseguenze di un’azione. Occorre allora riflettere sulla tenuta dei puntelli morali nelle situazioni-limite e sulla possibilità di avere una qualche bussola orientativa in circostanze che logorano ogni criterio cui appellarsi. Quando tutti si lasciano trascinare dalla corrente della credulità, quelli che si sottraggono a tale processo in quanto pensanti mostrano che proposizioni come “non uccidere” continuano a essere auto-evidenti solo per chi vuole continuare a vivere in compagnia di se stesso dando così profondità all’esistenza. A trattenerci dal compiere il male può essere la solitudine del pensiero oppure il giudizio che guarda agli altri, scegliendo i compagni con cui vogliamo vivere, senza lasciare che siano le circostanze a farlo per noi, e prendendo decisioni avendo come bussola gesti e persone esemplari.

Morality in Extreme Situations: Orienting Oneself with the Example

MATTUCCI, NATASCIA
2013-01-01

Abstract

Questa riflessione prende le mosse dal massacro industriale-amministrativo messo in atto dalla società europea del ventesimo secolo quale esito tanatopolitico di una volontà di razionalizzazione sociale e di medicalizzazione in cui il razzismo antisemita e la sua legalizzazione hanno fatto da collante ideologico. Lo spazio compreso tra un sistema ideologico di matrice razziale e la sua messa in opera si è avvalso di un enorme apparato burocratico che ha tradotto i principi razzisti in un normale processo di problem solving. A rendere possibile quel totalitarismo tecnico-politico che ha generato strutture mortifere è stata la collaborazione di individui che hanno svolto il proprio lavoro in una mite “medialità” che oblitera la coscienza nella coscienziosità con cui si svolge un compito. Con il regime nazista la morale è sprofondata perdendo consistenza quasi si trattasse di un vuoto insieme di mores, di usi e costumi modificabili con disinvoltura, non a causa dei criminali bensì di gente ordinaria che “pattinava sulla superficie degli eventi”, incapace di discriminare tra giusto e sbagliato e di avvertire le conseguenze di un’azione. Occorre allora riflettere sulla tenuta dei puntelli morali nelle situazioni-limite e sulla possibilità di avere una qualche bussola orientativa in circostanze che logorano ogni criterio cui appellarsi. Quando tutti si lasciano trascinare dalla corrente della credulità, quelli che si sottraggono a tale processo in quanto pensanti mostrano che proposizioni come “non uccidere” continuano a essere auto-evidenti solo per chi vuole continuare a vivere in compagnia di se stesso dando così profondità all’esistenza. A trattenerci dal compiere il male può essere la solitudine del pensiero oppure il giudizio che guarda agli altri, scegliendo i compagni con cui vogliamo vivere, senza lasciare che siano le circostanze a farlo per noi, e prendendo decisioni avendo come bussola gesti e persone esemplari.
2013
C.I.R.S.I. & I.S.I -I.E.I.
Internazionale
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