Il lavoro prende in considerazione il problema della revocabilità del giudizio abbreviato condizionato nel caso in cui l'acquisizione della prova dedotta in condizione divenga impossibile per circostanze imprevedibili e sopraggiunte. L’intervento delle Sezioni unite non sembra, al riguardo, aver fornito una risposta risolutiva. Ad avviso della Suprema Corte, infatti, la riserva di cui all’art. 438, comma 5, c.p.p. attiene all’ammissione e non all’effettiva assunzione delle ulteriori acquisizioni probatorie. Di conseguenza il vincolo di subordinazione insito nella richiesta dell’imputato dovrebbe ritenersi utilmente assolto con la mera instaurazione del rito, non potendo il relativo atto di impulso processuale essere influenzato dalle vicende correlate al distinto e successivo momento della effettiva assunzione della prova, che può dipendere da diversi fattori. Sembra, invece, che le premesse da cui partire debbano essere ribaltate. In primis, l’imputato resta titolare del diritto alla prova, e solo a seguito dell’assunzione della stessa, accetta lo “stato degli atti”. È d’altronde innegabile che l’impossibilità di acquisire la prova, derivante da eventi non prevedibili e sopraggiunti, abbia forti ripercussioni sulla scelta effettuata dall’imputato. Il punto, dunque, è se in tale circostanza, dato che la condizione cui era stata sottoposta la richiesta non si è verificata, l’imputato possa ritornare sui suoi passi e scegliere conseguentemente la via che riterrà più opportuna, in relazione alla nuova situazione. Occorre verificare, infatti, se il consenso iniziale sia ancora sussistente oppure no e, dunque, l’imputato dovrà decidere se ritenere comunque conveniente procedere con il rito abbreviato ovvero imboccare la via della revoca. Questi deve essere ricollocato al punto di origine, potendo rivalutare la propria strategia difensiva e, dunque, la scelta effettuata in precedenza. Il ragionamento della Corte appare, quindi, opinabile se si pensa al fine che con l’introduzione del giudizio abbreviato condizionato, il legislatore voleva raggiungere: l’economia processuale, la deflazione del dibattimento e la ragionevole durata del processo. E’ indubbio che la scelta di tale rito, in quanto permette di conciliare il vantaggio dello sconto di pena senza per questo dover rinunciare completamente al diritto alla prova, resta molto appetibile e, dunque, anche molto frequente. Ci si domanda, però, se sarebbe lo stesso nell’ipotesi in cui “le promesse” non venissero mantenute, se dietro a questa allettante prospettiva, solo formale, si finisse ineluttabilmente con lo scivolare in una sorta di trappola senza via di uscita. Alla luce delle circostanze emerse, all’imputato dovrà, dunque, essere sempre consentito di azzerare la precedente strategia processuale, garantendogli la possibilità di rimodularne una nuova. Se lo riterrà opportuno, potrà, con un’espressa manifestazione di volontà - che in sintesi corrisponde a una nuova richiesta di giudizio abbreviato - proseguire, o, meglio, ricominciare a percorrere, la via precedentemente intrapresa.

Giudizio abbreviato condizionato: ancora irrisolto il problema delle prove di impossibile acquisizione

BOSCO, Valeria
2013-01-01

Abstract

Il lavoro prende in considerazione il problema della revocabilità del giudizio abbreviato condizionato nel caso in cui l'acquisizione della prova dedotta in condizione divenga impossibile per circostanze imprevedibili e sopraggiunte. L’intervento delle Sezioni unite non sembra, al riguardo, aver fornito una risposta risolutiva. Ad avviso della Suprema Corte, infatti, la riserva di cui all’art. 438, comma 5, c.p.p. attiene all’ammissione e non all’effettiva assunzione delle ulteriori acquisizioni probatorie. Di conseguenza il vincolo di subordinazione insito nella richiesta dell’imputato dovrebbe ritenersi utilmente assolto con la mera instaurazione del rito, non potendo il relativo atto di impulso processuale essere influenzato dalle vicende correlate al distinto e successivo momento della effettiva assunzione della prova, che può dipendere da diversi fattori. Sembra, invece, che le premesse da cui partire debbano essere ribaltate. In primis, l’imputato resta titolare del diritto alla prova, e solo a seguito dell’assunzione della stessa, accetta lo “stato degli atti”. È d’altronde innegabile che l’impossibilità di acquisire la prova, derivante da eventi non prevedibili e sopraggiunti, abbia forti ripercussioni sulla scelta effettuata dall’imputato. Il punto, dunque, è se in tale circostanza, dato che la condizione cui era stata sottoposta la richiesta non si è verificata, l’imputato possa ritornare sui suoi passi e scegliere conseguentemente la via che riterrà più opportuna, in relazione alla nuova situazione. Occorre verificare, infatti, se il consenso iniziale sia ancora sussistente oppure no e, dunque, l’imputato dovrà decidere se ritenere comunque conveniente procedere con il rito abbreviato ovvero imboccare la via della revoca. Questi deve essere ricollocato al punto di origine, potendo rivalutare la propria strategia difensiva e, dunque, la scelta effettuata in precedenza. Il ragionamento della Corte appare, quindi, opinabile se si pensa al fine che con l’introduzione del giudizio abbreviato condizionato, il legislatore voleva raggiungere: l’economia processuale, la deflazione del dibattimento e la ragionevole durata del processo. E’ indubbio che la scelta di tale rito, in quanto permette di conciliare il vantaggio dello sconto di pena senza per questo dover rinunciare completamente al diritto alla prova, resta molto appetibile e, dunque, anche molto frequente. Ci si domanda, però, se sarebbe lo stesso nell’ipotesi in cui “le promesse” non venissero mantenute, se dietro a questa allettante prospettiva, solo formale, si finisse ineluttabilmente con lo scivolare in una sorta di trappola senza via di uscita. Alla luce delle circostanze emerse, all’imputato dovrà, dunque, essere sempre consentito di azzerare la precedente strategia processuale, garantendogli la possibilità di rimodularne una nuova. Se lo riterrà opportuno, potrà, con un’espressa manifestazione di volontà - che in sintesi corrisponde a una nuova richiesta di giudizio abbreviato - proseguire, o, meglio, ricominciare a percorrere, la via precedentemente intrapresa.
2013
UTET GIURIDICA
Nazionale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11393/170216
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