Nessuno contesterà il fatto che l’ultima modernità è stata caratterizzata dall’evento, soprattutto teorico e, dunque, tanto più radicalmente determinante, indicato come la “morte di Dio”. Certamente si tratta di un fatto sociologico di massa, che penetra in ogni società e cultura, che la fede cristiana vive come un pericolo ma anche come una sfida, forse foriera di futuri passi in avanti. Del resto, il dialogo con i non-credenti è un dovere in ogni caso ineludibile per i credenti in Cristo. Di tutto ciò siamo convinti e, in queste pagine, a tale convinzione non s’intende aggiungere nulla. Il nostro intento è ben più delimitato e mosso dalla speranza di poter offrire un utile contributo: sebbene la “morte di Dio” accada come evento filosofico, la virulenza scandalosa che lo connota appare in tutta la sua pienezza quando finisce col riguardare il pensiero teologico. Di qui la domanda che chiede quale ruolo giochi questo evento filosofico – “la morte di Dio” – agli occhi della teologia e non soltanto dal punto di vista della filosofia. Si tratta, per certi versi, della via opposta a quella abitualmente seguita, troppo semplice e forse epistemologicamente discutibile, con cui l’istanza filosofica interroga gli enunciati teologici. Tuttavia non intendiamo, lo si vedrà subito, mettere in discussione “la morte di Dio” con la quale si conclude la parabola della metafisica, né si tratta di mettere in discussione la filosofia che in tal modo giunge a compimento; non cerchiamo di confutare teologicamente la filosofia ma, di fronte alla “morte di Dio”, intendiamo individuare la situazione teologica della metafisica.

J.-L. Marion, Dalla "morte di Dio" ai nomi divini. L'itinerario teologico della metafisica

CANULLO, Carla
2012-01-01

Abstract

Nessuno contesterà il fatto che l’ultima modernità è stata caratterizzata dall’evento, soprattutto teorico e, dunque, tanto più radicalmente determinante, indicato come la “morte di Dio”. Certamente si tratta di un fatto sociologico di massa, che penetra in ogni società e cultura, che la fede cristiana vive come un pericolo ma anche come una sfida, forse foriera di futuri passi in avanti. Del resto, il dialogo con i non-credenti è un dovere in ogni caso ineludibile per i credenti in Cristo. Di tutto ciò siamo convinti e, in queste pagine, a tale convinzione non s’intende aggiungere nulla. Il nostro intento è ben più delimitato e mosso dalla speranza di poter offrire un utile contributo: sebbene la “morte di Dio” accada come evento filosofico, la virulenza scandalosa che lo connota appare in tutta la sua pienezza quando finisce col riguardare il pensiero teologico. Di qui la domanda che chiede quale ruolo giochi questo evento filosofico – “la morte di Dio” – agli occhi della teologia e non soltanto dal punto di vista della filosofia. Si tratta, per certi versi, della via opposta a quella abitualmente seguita, troppo semplice e forse epistemologicamente discutibile, con cui l’istanza filosofica interroga gli enunciati teologici. Tuttavia non intendiamo, lo si vedrà subito, mettere in discussione “la morte di Dio” con la quale si conclude la parabola della metafisica, né si tratta di mettere in discussione la filosofia che in tal modo giunge a compimento; non cerchiamo di confutare teologicamente la filosofia ma, di fronte alla “morte di Dio”, intendiamo individuare la situazione teologica della metafisica.
2012
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