La rilevanza che oggi assume il politeismo idolatrico è un fenomeno nuovo, che obbliga a rivedere alcuni stereotipi: questa forma di neopaganesimo, che attesta il ritorno del credere sulla scena pubblica sembra assumere nei confronti della fede cristiana il carattere di un’alternativa ancora più radicale dell’ateismo. Il contributo sviluppa un’analisi del fenomeno attraverso tre passaggi fondamentali: anzitutto, la via idolatrica rappresenta la vera alternativa alla fede religiosa, più ancora – in un certo senso – dell’ateismo. In secondo luogo, se questo è vero, l’antitesi dinanzi alla quale siamo posti non è tanto tra credere e non credere, quasi fossero due opzioni in qualche modo “esterne” rispetto a un presunto “grado zero” dell’umano, ma tra forme opposte del credere, che si differenziano in relazione alla distanza – finita o infinita – entro la quale siamo disposti a vivere il nostro rapporto, di natura fiduciale e salvifica, con l’Ultimo. Infine tali forme, pur collocandosi agli antipodi nella medesima scala del credere, attestano l’intenzionalità religiosa come una modalità costitutiva dell’umano, che tuttavia si annuncia nella forma di una paradossale “anomalia antropologica” in cui la tensione tra finito e infinito è esposta a una insuperabilità fragilità di ordine spirituale e morale. Se tale tensione attraversa il cuore stesso dell’uomo, deve considerarsi come il fattore costitutivo della sua “anatomia spirituale”, da cui scaturiscono quindi il versante “fisiologico” e quello “patologico” del credere, che possono interessare anche le forme stesse della vita cristiana.
Il ritorno degli idoli nell'epoca dell'indifferenza
ALICI, Luigino
2012-01-01
Abstract
La rilevanza che oggi assume il politeismo idolatrico è un fenomeno nuovo, che obbliga a rivedere alcuni stereotipi: questa forma di neopaganesimo, che attesta il ritorno del credere sulla scena pubblica sembra assumere nei confronti della fede cristiana il carattere di un’alternativa ancora più radicale dell’ateismo. Il contributo sviluppa un’analisi del fenomeno attraverso tre passaggi fondamentali: anzitutto, la via idolatrica rappresenta la vera alternativa alla fede religiosa, più ancora – in un certo senso – dell’ateismo. In secondo luogo, se questo è vero, l’antitesi dinanzi alla quale siamo posti non è tanto tra credere e non credere, quasi fossero due opzioni in qualche modo “esterne” rispetto a un presunto “grado zero” dell’umano, ma tra forme opposte del credere, che si differenziano in relazione alla distanza – finita o infinita – entro la quale siamo disposti a vivere il nostro rapporto, di natura fiduciale e salvifica, con l’Ultimo. Infine tali forme, pur collocandosi agli antipodi nella medesima scala del credere, attestano l’intenzionalità religiosa come una modalità costitutiva dell’umano, che tuttavia si annuncia nella forma di una paradossale “anomalia antropologica” in cui la tensione tra finito e infinito è esposta a una insuperabilità fragilità di ordine spirituale e morale. Se tale tensione attraversa il cuore stesso dell’uomo, deve considerarsi come il fattore costitutivo della sua “anatomia spirituale”, da cui scaturiscono quindi il versante “fisiologico” e quello “patologico” del credere, che possono interessare anche le forme stesse della vita cristiana.File | Dimensione | Formato | |
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