Sulla scorta della tradizione rivoluzionaria e della preunitaria legge Rattazzi, il decreto emanato il 3 gennaio 1861 dal Commissario Valerio stabiliva la demaniazione delle chiese e dei conventi non più adibiti al culto e la statalizzazione dei beni storico-artistici in essi contenuti, i quali, come sancito all’art. 20, avrebbero dovuto essere trasportati ad Urbino per « fondare un museo a maggior lustro e incremento della scuola di belle arti esistente presso quella Università, la quale scuola piglierà il titolo d’Istituto di Belle Arti delle Marche». Questa posizione teneva assai scarso conto delle reazioni che una simile idea avrebbe suscitato in una regione fisicamente, politicamente e culturalmente composita. La sollevazione fu in effetti generale. Un po’ tutti i comuni condannarono il progetto, affermando il diritto a conservare entro i propri confini i beni del loro territorio. Del resto la questione della destinazione delle opere d’arte era parte integrante ed emblematica del trauma complessivo sia istituzionale e amministrativo che sociale ed economico determinato dall’applicazione alla realtà regionale della legislazione piemontese e il patrimonio artistico veniva considerato non solo un patrimonio pubblico oggetto di venerazione e di affetti collettivi, ma soprattutto un vanto cittadino su cui fondava l’orgoglio e la dignità della “piccola patria” municipale costitutiva della grande patria italiana. La conservazione delle testimonianze della propria storia venne dunque ritenuta un dovere da onorare anche nei confronti delle future generazioni, e la nascita dei musei locali, ancorché caratterizzata da un processo lento e difficile, ne costituì la garanzia. On the basis of the revolutionary tradition and the pre-Unification Rattazzi law, the decree of January 3, 1861, by Valerio Commissioner, established the Estate of the churches and convents are no longer used for worship and the nationalitation of the historic and artistic heritage they contain, which, as enshrined in art. 20, should have been transported to Urbino for “founding a museum to increase luster and mosto f the school of fine arts at the University exists”. This position he held very little account of the reactions that would in fact general. A tittle common all condemned the projecr, claiming the right to retain the property within its bordres of their territory. The artistic heritage was considered not only a subject of public property veneration and collective suffering, but also a pride of the town based on which the prode and dignity of the “Small contry” home of great Italian city consistitutive. The preservation of evidence of its history was therefore considered a duty toh onor also towards future generations, and the creation of local museums he appointed the warranty.
La memoria sul territorio: i musei civici delle Marche
DRAGONI, PATRIZIA
2012-01-01
Abstract
Sulla scorta della tradizione rivoluzionaria e della preunitaria legge Rattazzi, il decreto emanato il 3 gennaio 1861 dal Commissario Valerio stabiliva la demaniazione delle chiese e dei conventi non più adibiti al culto e la statalizzazione dei beni storico-artistici in essi contenuti, i quali, come sancito all’art. 20, avrebbero dovuto essere trasportati ad Urbino per « fondare un museo a maggior lustro e incremento della scuola di belle arti esistente presso quella Università, la quale scuola piglierà il titolo d’Istituto di Belle Arti delle Marche». Questa posizione teneva assai scarso conto delle reazioni che una simile idea avrebbe suscitato in una regione fisicamente, politicamente e culturalmente composita. La sollevazione fu in effetti generale. Un po’ tutti i comuni condannarono il progetto, affermando il diritto a conservare entro i propri confini i beni del loro territorio. Del resto la questione della destinazione delle opere d’arte era parte integrante ed emblematica del trauma complessivo sia istituzionale e amministrativo che sociale ed economico determinato dall’applicazione alla realtà regionale della legislazione piemontese e il patrimonio artistico veniva considerato non solo un patrimonio pubblico oggetto di venerazione e di affetti collettivi, ma soprattutto un vanto cittadino su cui fondava l’orgoglio e la dignità della “piccola patria” municipale costitutiva della grande patria italiana. La conservazione delle testimonianze della propria storia venne dunque ritenuta un dovere da onorare anche nei confronti delle future generazioni, e la nascita dei musei locali, ancorché caratterizzata da un processo lento e difficile, ne costituì la garanzia. On the basis of the revolutionary tradition and the pre-Unification Rattazzi law, the decree of January 3, 1861, by Valerio Commissioner, established the Estate of the churches and convents are no longer used for worship and the nationalitation of the historic and artistic heritage they contain, which, as enshrined in art. 20, should have been transported to Urbino for “founding a museum to increase luster and mosto f the school of fine arts at the University exists”. This position he held very little account of the reactions that would in fact general. A tittle common all condemned the projecr, claiming the right to retain the property within its bordres of their territory. The artistic heritage was considered not only a subject of public property veneration and collective suffering, but also a pride of the town based on which the prode and dignity of the “Small contry” home of great Italian city consistitutive. The preservation of evidence of its history was therefore considered a duty toh onor also towards future generations, and the creation of local museums he appointed the warranty.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.