Il dibattito intorno alla laicità tocca oggi un nervo scoperto del pensiero contemporaneo: a una questione antica si sovrappongono nuove domande, spesso occultate da semplificazioni polemiche e irrigidimenti ideologici. Il percorso di riflessione che viene suggerito in questo intervento prende le mosse da una questione fondamentale di ordine etico-antropologico, prima ancora che religioso, che consente di evidenziare un doppio riduzionismo, non sempre riconosciuto e valutato adeguatamente, soprattutto nel dibattito italiano: il primo riduzionismo si esprime nel proposito di negare la pertinenza antropologica del credere, nella tacita presupposizione che si possa declassare la fede, confinandola nella nicchia delle opzioni supererogatorie, senza che questo comporti una mortificazione dell’umano; il secondo riduzionismo riguarda la vocazione universale dell’etica, più precisamente la pretesa di neutralizzare in modo indolore qualsiasi riferimento vincolante al bene-che-accomuna. Su questo terreno si decidono molti dei conflitti che poi si trasformano – in forme più o meno aggressive – in conflitti fra religione e politica; mostrando che la loro radice è primariamente di ordine etico e antropologico, è possibile aprirsi una via d’accesso non estrinseca ad una riconsiderazione integrata dei problemi connessi al credere e al vivere insieme.

Laicità e bene comune nell’epoca dell’idolatrie,

ALICI, Luigino
2011-01-01

Abstract

Il dibattito intorno alla laicità tocca oggi un nervo scoperto del pensiero contemporaneo: a una questione antica si sovrappongono nuove domande, spesso occultate da semplificazioni polemiche e irrigidimenti ideologici. Il percorso di riflessione che viene suggerito in questo intervento prende le mosse da una questione fondamentale di ordine etico-antropologico, prima ancora che religioso, che consente di evidenziare un doppio riduzionismo, non sempre riconosciuto e valutato adeguatamente, soprattutto nel dibattito italiano: il primo riduzionismo si esprime nel proposito di negare la pertinenza antropologica del credere, nella tacita presupposizione che si possa declassare la fede, confinandola nella nicchia delle opzioni supererogatorie, senza che questo comporti una mortificazione dell’umano; il secondo riduzionismo riguarda la vocazione universale dell’etica, più precisamente la pretesa di neutralizzare in modo indolore qualsiasi riferimento vincolante al bene-che-accomuna. Su questo terreno si decidono molti dei conflitti che poi si trasformano – in forme più o meno aggressive – in conflitti fra religione e politica; mostrando che la loro radice è primariamente di ordine etico e antropologico, è possibile aprirsi una via d’accesso non estrinseca ad una riconsiderazione integrata dei problemi connessi al credere e al vivere insieme.
2011
9788861297302
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