I flussi migratori in ingresso nelle Marche registrano un sorprendente potenziamento nel corso degli anni Novanta quando a quelli di più lunga data, con origine dai Paesi a sud del Mediterraneo si sommano i movimenti demici provenienti dall’Est europeo. L’anno 2000 si chiude enumerando oltre 35.000 immigrati presenti nella regione, un contingente umano dalle grandi potenzialità e aspirazioni. Il mercato del lavoro regionale ha reagito in maniera per molti versi contraddittoria, interpretando l’immigrazione come risorsa ma solo negli aspetti più deboli del tessuto produttivo, ossia riconoscendo agli immigrati un ruolo prevalentemente sostitutivo della manodopera locale nelle attività distinte dalle tre “d”: dirty, dangerous and demanding. L’aspirazione degli immigrati a condizioni lavorative migliori e meno stringenti si è pertanto concretizzata anche nel loro esordio come imprenditori, soprattutto in quei comparti che non richiedono particolari requisiti professionali come l’edilizia, il commercio al dettaglio e all’ingrosso, la ristorazione e i servizi di pulizia. L’analisi della tipologie di impresa create dagli immigrati evidenzia la predilezione per le forme più semplici e flessibili, quali le imprese individuali e le società di persone, forme che attestano pure una “imprenditorialità di lavoratori” piuttosto che una “imprenditorialità di capitali”. Tale processo coinvolge anche la componente femminile che, pur essendo ancora minoritaria, si va gradatamente affermando. Significative risultano infine le interazioni, mediate dall’imprenditoria degli immigrati, tra le il tessuto produttivo regionale e quello delle aree di provenienza degli immigrati stessi.
Immigrazione e imprenditorialità: una sinergia per il modello marchigiano
PONGETTI, Carlo
2004-01-01
Abstract
I flussi migratori in ingresso nelle Marche registrano un sorprendente potenziamento nel corso degli anni Novanta quando a quelli di più lunga data, con origine dai Paesi a sud del Mediterraneo si sommano i movimenti demici provenienti dall’Est europeo. L’anno 2000 si chiude enumerando oltre 35.000 immigrati presenti nella regione, un contingente umano dalle grandi potenzialità e aspirazioni. Il mercato del lavoro regionale ha reagito in maniera per molti versi contraddittoria, interpretando l’immigrazione come risorsa ma solo negli aspetti più deboli del tessuto produttivo, ossia riconoscendo agli immigrati un ruolo prevalentemente sostitutivo della manodopera locale nelle attività distinte dalle tre “d”: dirty, dangerous and demanding. L’aspirazione degli immigrati a condizioni lavorative migliori e meno stringenti si è pertanto concretizzata anche nel loro esordio come imprenditori, soprattutto in quei comparti che non richiedono particolari requisiti professionali come l’edilizia, il commercio al dettaglio e all’ingrosso, la ristorazione e i servizi di pulizia. L’analisi della tipologie di impresa create dagli immigrati evidenzia la predilezione per le forme più semplici e flessibili, quali le imprese individuali e le società di persone, forme che attestano pure una “imprenditorialità di lavoratori” piuttosto che una “imprenditorialità di capitali”. Tale processo coinvolge anche la componente femminile che, pur essendo ancora minoritaria, si va gradatamente affermando. Significative risultano infine le interazioni, mediate dall’imprenditoria degli immigrati, tra le il tessuto produttivo regionale e quello delle aree di provenienza degli immigrati stessi.File | Dimensione | Formato | |
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