L’antico dilemma fra immediatezza e mediazione, fra la positività del dato d’esperienza, che s’impone di per sé con una propria forza di attestazione, e l’universalità della ricognizione trascendentale, che accetta la problematicità di una distanza critica dal mondo fenomenico in cambio di un rigore conoscitivo altrimenti irraggiungibile, ha trovato un importante banco di prova proprio nel punto di intersezione fra fenomenologia ed ermeneutica. In una certa misura, questo moto pendolare ha una qualche connessione con la difficoltà di raccordare, a livello diverso, intelligenza teologica della fede e fedeltà all’evento inaudito della rivelazione, custodito dalla Scrittura. La stessa rilettura di Agostino nell’ambito del pensiero contemporaneo riflette questa oscillazione; del resto, la sua opera non solo è aperta una pluralità di letture, ma teorizza e incoraggia esplicitamente un pluralismo interpretativo, all’origine delle forme diverse attraverso le quali si modula nella storia il rapporto tra fede cristiana e ricerca filosofica. L’intervento chiama in causa alcune interpretazioni recenti e in qualche modo paradigmatiche dell’incrocio fra parola e Scrittura in Agostino, che può essere ripensato anche come tensione fra “confessio” e “doctrina”. In tale prospettiva l’eredità di Agostino può dirsi esemplare per la tradizione cristiana: non solo sul piano dei contenuti, in particolare per la elaborazione di una ontologia semantica a partire da un intreccio – discusso e suggestivo – di metafisica e cristologia, ma ancor più sul piano del metodo, soprattutto per l’invito a sussidiare l’esercizio esegetico con una riflessione ermeneutica di secondo livello, evitando di risolvere l’incontro con la Parola di Dio nella effimera occasionalità di un contatto immediato e ingenuo

“Ea quae obscura sunt aperienda”. Parola e Scrittura in Agostino

ALICI, Luigino
2011-01-01

Abstract

L’antico dilemma fra immediatezza e mediazione, fra la positività del dato d’esperienza, che s’impone di per sé con una propria forza di attestazione, e l’universalità della ricognizione trascendentale, che accetta la problematicità di una distanza critica dal mondo fenomenico in cambio di un rigore conoscitivo altrimenti irraggiungibile, ha trovato un importante banco di prova proprio nel punto di intersezione fra fenomenologia ed ermeneutica. In una certa misura, questo moto pendolare ha una qualche connessione con la difficoltà di raccordare, a livello diverso, intelligenza teologica della fede e fedeltà all’evento inaudito della rivelazione, custodito dalla Scrittura. La stessa rilettura di Agostino nell’ambito del pensiero contemporaneo riflette questa oscillazione; del resto, la sua opera non solo è aperta una pluralità di letture, ma teorizza e incoraggia esplicitamente un pluralismo interpretativo, all’origine delle forme diverse attraverso le quali si modula nella storia il rapporto tra fede cristiana e ricerca filosofica. L’intervento chiama in causa alcune interpretazioni recenti e in qualche modo paradigmatiche dell’incrocio fra parola e Scrittura in Agostino, che può essere ripensato anche come tensione fra “confessio” e “doctrina”. In tale prospettiva l’eredità di Agostino può dirsi esemplare per la tradizione cristiana: non solo sul piano dei contenuti, in particolare per la elaborazione di una ontologia semantica a partire da un intreccio – discusso e suggestivo – di metafisica e cristologia, ma ancor più sul piano del metodo, soprattutto per l’invito a sussidiare l’esercizio esegetico con una riflessione ermeneutica di secondo livello, evitando di risolvere l’incontro con la Parola di Dio nella effimera occasionalità di un contatto immediato e ingenuo
2011
9788871052977
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