Il saggio prende in esame il ruolo del modello di organizzazione, gestione e controllo nell’ambito del d. lgs. 231/2001, che, introducendo la responsabilità amministrativa da reato degli enti collettivi, ha di fatto sancito la sepoltura, nel mostro ordinamento, del principio societas delinquere et puniri non potest. Dopo avere evidenziato la funzione ‘esimente’ e ‘riparatoria del modello, che si atteggia come uno strumento di prevenzione dei rischi-reato individuati dal legislatore, l’Autore disegna una paradigmatica dello stesso, descrivendone l’ossatura proprio tenendo conto della sua funzione preventiva. Nel corso dell’analisi, spicca la parte relativa al contenuto della cautele dirette a ridurre il rischio-reato, che, riguardando organizzazioni complesse, rilasciano una maggiore complessità rispetto a quelle che vengono forgiate sul terreno del diritto penale individuale. In particolare, l’Autore evidenza che, in contesti culturali ed operativi complessi (la societas), le cautele possiedono, di regola, un triplice contenuto: (a) uno di natura procedimentale, che mette capo al principio di segregazione delle funzioni, orientato ad evitare la concentrazione di poteri decisionali, che è di ostacolo alla trasparenza e alla tracciabilità delle decisioni; (b) uno cautelare, diretto a governare i rischi-reato, emersi a seguito dell’attività di assessment, sì da ridurli ragionevolmente; (c) infine, emerge la fase del controllo, che richiede lo svolgimento di controlli di linea e di secondo grado sui processi decisionali nelle aree a rischio-reato. Nella parte finale del saggio, l’Autore affronta il tema della tenuta del modello di organizzazione al cospetto della valutazione del giudice, evidenziando le difficoltà che possono insorgere specie sul terreno del contenimento del rischio di consumazione dei reati dolosi, in cui il processo di confezionamento della cautele è di natura squisitamente ‘maieutica’ (autonormata). Respinta la possibilità di conformare la valutazione del giudice con il ricorso alle ‘certificazioni’, l’Autore disegna le linee di un percorso di positivizzazione delle cautele imperniato sulle best practices, da implementare secondo gli schemi di un’azione procedimentalizzata. che ricalca, da vicino, quella che presiede alla redazione dei protocolli in medicina. L’obbiettivo è quello di confezionare modelli e protocolli ‘pilota’, destinati a veicolare la nervatura essenziale delle cautele, suscettibili, poi, di integrazioni di dettaglio, dovute alle peculiarità organizzative ed operative di ciascun ente.
Paradigmatica dell'autocontrollo penale (dalla funzione alla struttura del "modello organizzativo" ex d.lgs. 231/2001)
PIERGALLINI, Carlo
2011-01-01
Abstract
Il saggio prende in esame il ruolo del modello di organizzazione, gestione e controllo nell’ambito del d. lgs. 231/2001, che, introducendo la responsabilità amministrativa da reato degli enti collettivi, ha di fatto sancito la sepoltura, nel mostro ordinamento, del principio societas delinquere et puniri non potest. Dopo avere evidenziato la funzione ‘esimente’ e ‘riparatoria del modello, che si atteggia come uno strumento di prevenzione dei rischi-reato individuati dal legislatore, l’Autore disegna una paradigmatica dello stesso, descrivendone l’ossatura proprio tenendo conto della sua funzione preventiva. Nel corso dell’analisi, spicca la parte relativa al contenuto della cautele dirette a ridurre il rischio-reato, che, riguardando organizzazioni complesse, rilasciano una maggiore complessità rispetto a quelle che vengono forgiate sul terreno del diritto penale individuale. In particolare, l’Autore evidenza che, in contesti culturali ed operativi complessi (la societas), le cautele possiedono, di regola, un triplice contenuto: (a) uno di natura procedimentale, che mette capo al principio di segregazione delle funzioni, orientato ad evitare la concentrazione di poteri decisionali, che è di ostacolo alla trasparenza e alla tracciabilità delle decisioni; (b) uno cautelare, diretto a governare i rischi-reato, emersi a seguito dell’attività di assessment, sì da ridurli ragionevolmente; (c) infine, emerge la fase del controllo, che richiede lo svolgimento di controlli di linea e di secondo grado sui processi decisionali nelle aree a rischio-reato. Nella parte finale del saggio, l’Autore affronta il tema della tenuta del modello di organizzazione al cospetto della valutazione del giudice, evidenziando le difficoltà che possono insorgere specie sul terreno del contenimento del rischio di consumazione dei reati dolosi, in cui il processo di confezionamento della cautele è di natura squisitamente ‘maieutica’ (autonormata). Respinta la possibilità di conformare la valutazione del giudice con il ricorso alle ‘certificazioni’, l’Autore disegna le linee di un percorso di positivizzazione delle cautele imperniato sulle best practices, da implementare secondo gli schemi di un’azione procedimentalizzata. che ricalca, da vicino, quella che presiede alla redazione dei protocolli in medicina. L’obbiettivo è quello di confezionare modelli e protocolli ‘pilota’, destinati a veicolare la nervatura essenziale delle cautele, suscettibili, poi, di integrazioni di dettaglio, dovute alle peculiarità organizzative ed operative di ciascun ente.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.