L’intento di questo contributo non è quello di offrire un’indagine critica ad ampio raggio sugli effetti del dominio della tecnica nel Novecento, né di fornire una ricostruzione filosofica dei molti autori che hanno messo a tema, soprattutto nel secolo scorso, la questione della tecnica connessa alla sua capacità di caratterizzare un’epoca, nonché di divenirne categoria interpretativa. Alla luce del connubio tecnica-violenza esibito nelle guerre mondiali e, maxime, nei campi di sterminio, si muoverà, in termini generali, da quelle che arendtianamente potremmo definire “alcune questioni di filosofia morale”, ossia la dissipazione della capacità di avvertire limiti a quanto si può fare. Si tratta di una questione che potremmo sintetizzare nei termini dell’incapacità umana di pensare e, per dirla con Anders, di saper sentire quanto si riesce, invece, a produrre. Situarsi in questo scarto che si produce tra le straripanti - ed esponenzialmente accrescibili - possibilità offerte all’essere umano dalla tecnica e la difficoltà o impossibilità della sua capacità immaginativa di farsi carico di quanto si realizza significa riattivare un compito morale. Il tentativo di indagare e riflettere su questo dislivello tra quanto si può fare e quanto si riesce a immaginare, nonché sullo scollamento tra azione e pensiero, si può estendere altresì a tematiche come la colpa e la responsabilità individuale.
Lo scarto tra uomo e mondo. Riflessioni sulla tecnica e sulla minorità dell'umano in Günther Anders
MATTUCCI, NATASCIA
2010-01-01
Abstract
L’intento di questo contributo non è quello di offrire un’indagine critica ad ampio raggio sugli effetti del dominio della tecnica nel Novecento, né di fornire una ricostruzione filosofica dei molti autori che hanno messo a tema, soprattutto nel secolo scorso, la questione della tecnica connessa alla sua capacità di caratterizzare un’epoca, nonché di divenirne categoria interpretativa. Alla luce del connubio tecnica-violenza esibito nelle guerre mondiali e, maxime, nei campi di sterminio, si muoverà, in termini generali, da quelle che arendtianamente potremmo definire “alcune questioni di filosofia morale”, ossia la dissipazione della capacità di avvertire limiti a quanto si può fare. Si tratta di una questione che potremmo sintetizzare nei termini dell’incapacità umana di pensare e, per dirla con Anders, di saper sentire quanto si riesce, invece, a produrre. Situarsi in questo scarto che si produce tra le straripanti - ed esponenzialmente accrescibili - possibilità offerte all’essere umano dalla tecnica e la difficoltà o impossibilità della sua capacità immaginativa di farsi carico di quanto si realizza significa riattivare un compito morale. Il tentativo di indagare e riflettere su questo dislivello tra quanto si può fare e quanto si riesce a immaginare, nonché sullo scollamento tra azione e pensiero, si può estendere altresì a tematiche come la colpa e la responsabilità individuale.File | Dimensione | Formato | |
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