Il lavoro affronta l’istituto della conversione sostanziale nonché le questioni che lo interessano a partire da quella relativa al fondamento dello stesso. La sua naturale giustificazione dogmatica, vale a dire il principio di conservazione, è stata da piú parti contestata sul presupposto che si assisterebbe ad una trasformazione qualitativa del voluto tale che non si potrebbe piú discorrere di conservazione. Si è dimostrato, tuttavia, che il principio di cui all’art. 1367 cod. civ. tende a conservare non l’atto in quanto tale, ma l’intento pratico che le parti vogliono realizzare e, quindi, l’attività negoziale da esse perseguita. Per ciò che concerne il ruolo della volontà negoziale ai fini della conversione, sarà necessario, nel rispetto della locuzione finale dell’art. 1424 cod. civ., valutare la corrispondenza tra il diverso schema contrattuale e gli interessi in concreto perseguiti dai contraenti e, quindi, la compatibilità tra effetti e programma predisposto. Questa valutazione può essere compiuta soltanto grazie al procedimento di interpretazione e qualificazione dell’atto: è compito del giudice, infatti, individuare, attraverso i criteri dettati dall’art. 1362 e ss. cod. civ., il risultato avuto di mira dalle parti con il negozio posto in essere ed accertarne la rispondenza con il negozio i cui effetti, quello, è idoneo a produrre. In questa prospettiva si è voluto affermare che la conversione sostanziale, piuttosto che un modo per recuperare un contratto nullo, rappresenta un esempio ed una testimonianza di riaffermazione, nonché di applicazione, dei princípi ermeneutici, e finisce con il risolversi in una corretta qualificazione operata dall’interprete e diretta a dare l’esatto nomen iuris al contratto conformemente agli interessi in esso dedotti e nel rispetto degli effetti prodotti.
Conversione sostanziale e procedimento di qualificazione del contratto
MARUCCI, Barbara
2006-01-01
Abstract
Il lavoro affronta l’istituto della conversione sostanziale nonché le questioni che lo interessano a partire da quella relativa al fondamento dello stesso. La sua naturale giustificazione dogmatica, vale a dire il principio di conservazione, è stata da piú parti contestata sul presupposto che si assisterebbe ad una trasformazione qualitativa del voluto tale che non si potrebbe piú discorrere di conservazione. Si è dimostrato, tuttavia, che il principio di cui all’art. 1367 cod. civ. tende a conservare non l’atto in quanto tale, ma l’intento pratico che le parti vogliono realizzare e, quindi, l’attività negoziale da esse perseguita. Per ciò che concerne il ruolo della volontà negoziale ai fini della conversione, sarà necessario, nel rispetto della locuzione finale dell’art. 1424 cod. civ., valutare la corrispondenza tra il diverso schema contrattuale e gli interessi in concreto perseguiti dai contraenti e, quindi, la compatibilità tra effetti e programma predisposto. Questa valutazione può essere compiuta soltanto grazie al procedimento di interpretazione e qualificazione dell’atto: è compito del giudice, infatti, individuare, attraverso i criteri dettati dall’art. 1362 e ss. cod. civ., il risultato avuto di mira dalle parti con il negozio posto in essere ed accertarne la rispondenza con il negozio i cui effetti, quello, è idoneo a produrre. In questa prospettiva si è voluto affermare che la conversione sostanziale, piuttosto che un modo per recuperare un contratto nullo, rappresenta un esempio ed una testimonianza di riaffermazione, nonché di applicazione, dei princípi ermeneutici, e finisce con il risolversi in una corretta qualificazione operata dall’interprete e diretta a dare l’esatto nomen iuris al contratto conformemente agli interessi in esso dedotti e nel rispetto degli effetti prodotti.File | Dimensione | Formato | |
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