Rassegna telematica di diritto e procedura penale, Università degli Studi di Ferrara, (http://web.unife.it/progetti/crimen/ZANIER.htm). L’impianto della ricerca si situa in un’area interdisciplinare che vede la presenza e l’interazione di strumenti interpretativi riferibili sia alle scienze sociali sia alle scienze giuridiche. Il principale obiettivo è costituito dalla rilevazione empirica delle posizioni di alcuni testimoni privilegiati sul delicato e dibattuto tema della durata del processo penale in Italia. Nella nostra realtà sono scarsamente – o affatto – disponibili dati di provenienza ufficiale derivanti da statistiche effettuate su campioni rappresentativi. I vantaggi legati all’approccio di tipo qualitativo, con la raccolta e l’analisi di dati originali provenienti da figure protagoniste nella realtà del processo penale, sono molteplici. In primo luogo, questa rappresenta una prospettiva di ricerca che privilegia il dialogo e che permette di andare oltre alle risposte facili, scontate o di senso comune. Ciò aiuta anche a superare il classico stereotipo secondo cui ogni categoria coinvolta attribuirebbe la “colpa” del ritardo alle altre. Attraverso la conduzione di colloqui in profondità con un numero circoscritto di testimoni privilegiati presso sedi giudiziarie dislocate in differenti ambiti territoriali si è cercato invece di ricostruire alcuni elementi indicativi del fenomeno oggetto di studio. In particolare, l’obiettivo che ci siamo posti è quello di illustrare come l’introduzione del sistema accusatorio e altre successive riforme abbiano influenzato la durata dei processi. A questo scopo, sono stati individuati alcuni tribunali italiani, eterogenei per dimensioni e contesto locale: Bologna, Ferrara, Padova, Torino, Firenze e Catania. In ciascuna sede si sono presi contatti con figure rappresentative tra gli operatori del diritto, che hanno dato preliminarmente la disponibilità ad essere intervistati. Tra queste, il Presidente di una sezione penale del tribunale, il Presidente di una sezione Gip-Gup, il Procuratore capo (o il Procuratore aggiunto o, in alternativa, un Sostituto procuratore), un Dirigente della cancelleria penale e due Avvocati penalisti, uno dei quali, preferibilmente, con esperienze nel patrocinio delle parti civili. Questa opzione si rifà in primo luogo alla considerazione del fatto che probabilmente i diversi ruoli occupati avrebbero determinato, in certa misura, posizioni non del tutto assimilabili. In secondo luogo, tenendo conto di quanto emerge dalle statistiche ufficiali, si è supposto che le variabili di tipo contestuale – la collocazione territoriale del tribunale, le sue dimensioni ed eventualmente la tipicità della criminalità locale – avrebbero potuto rivelarsi efficaci nella determinazione della qualità delle opinioni espresse dagli intervistati. Anche questo aspetto può essere ricostruito attraverso l’analisi dei brani d’intervista. Si tenga conto del fatto che ciò che viene sottoposto ad analisi non costituisce altro che la realtà dei fatti “filtrata” dallo sguardo dei singoli intervistati. Sono state condotte complessivamente trentasei interviste in profondità presso sei sedi di tribunali italiani. La rilevazione ha preso avvio nel mese di giugno 2002 per concludersi nel dicembre dello stesso anno. A questo scopo, sono state elaborate quattro tracce d’intervista a seconda del ruolo rivestito dall’intervistato (magistratura requirente, magistratura giudicante, avvocati, cancellieri). Lo strumento di rilevazione maggiormente compatibile con gli scopi della ricerca è stato individuato appunto nell’intervista in profondità di tipo semi-strutturato, dal momento che questa tecnica prevede una serie di temi-stimoli standardizzati da proporre a tutti gli intervistati, rendendo possibile una comparazione tra le singole opinioni. Ma, allo stesso tempo, lascia libero l’intervistatore di modificare l’ordine dei quesiti e di riformulare in un secondo momento stimoli inizialmente trascurati o evitati nel colloquio perché ritenuti particolarmente sensibili. Alcuni temi-stimolo introdotti nel colloquio sono comuni alle quattro tipologie di intervista. In particolare, i quesiti su: aspetti descrittivi della durata dei processi, durate medie giudicate “normali” nelle diverse fasi e durate considerate invece “patologiche”; intoppi tipici; applicazione di norme processuali con margini di discrezionalità che possono incidere sui tempi; differenze nei tempi del processo a seconda delle materie trattate, delle caratteristiche dell’imputato (indagato, cliente) o di altre variabili intervenienti; organizzazione del proprio lavoro nell’ambito dei tempi complessivi tipici del sistema del processo penale; capacità (possibilità) di incidere sulle durate dei procedimenti; funzionamento e potenzialità deflattive dei riti speciali (patteggiamento, rito abbreviato, decreto penale di condanna); effetti della prescrizione sulle strategie processuali; eventuali rimedi individuati per far fronte alla durata eccessiva dei processi; rapporti con le altre figure coinvolte; aspetti relativi al contesto territoriale e ai dati di sfondo; elementi della biografia professionale dell’intervistato.

La durata del processo penale in prospettiva empirica. Lo sguardo dei testimoni privilegiati in alcuni tribunali italiani

ZANIER, Maria Letizia;NELKEN, David
2003-01-01

Abstract

Rassegna telematica di diritto e procedura penale, Università degli Studi di Ferrara, (http://web.unife.it/progetti/crimen/ZANIER.htm). L’impianto della ricerca si situa in un’area interdisciplinare che vede la presenza e l’interazione di strumenti interpretativi riferibili sia alle scienze sociali sia alle scienze giuridiche. Il principale obiettivo è costituito dalla rilevazione empirica delle posizioni di alcuni testimoni privilegiati sul delicato e dibattuto tema della durata del processo penale in Italia. Nella nostra realtà sono scarsamente – o affatto – disponibili dati di provenienza ufficiale derivanti da statistiche effettuate su campioni rappresentativi. I vantaggi legati all’approccio di tipo qualitativo, con la raccolta e l’analisi di dati originali provenienti da figure protagoniste nella realtà del processo penale, sono molteplici. In primo luogo, questa rappresenta una prospettiva di ricerca che privilegia il dialogo e che permette di andare oltre alle risposte facili, scontate o di senso comune. Ciò aiuta anche a superare il classico stereotipo secondo cui ogni categoria coinvolta attribuirebbe la “colpa” del ritardo alle altre. Attraverso la conduzione di colloqui in profondità con un numero circoscritto di testimoni privilegiati presso sedi giudiziarie dislocate in differenti ambiti territoriali si è cercato invece di ricostruire alcuni elementi indicativi del fenomeno oggetto di studio. In particolare, l’obiettivo che ci siamo posti è quello di illustrare come l’introduzione del sistema accusatorio e altre successive riforme abbiano influenzato la durata dei processi. A questo scopo, sono stati individuati alcuni tribunali italiani, eterogenei per dimensioni e contesto locale: Bologna, Ferrara, Padova, Torino, Firenze e Catania. In ciascuna sede si sono presi contatti con figure rappresentative tra gli operatori del diritto, che hanno dato preliminarmente la disponibilità ad essere intervistati. Tra queste, il Presidente di una sezione penale del tribunale, il Presidente di una sezione Gip-Gup, il Procuratore capo (o il Procuratore aggiunto o, in alternativa, un Sostituto procuratore), un Dirigente della cancelleria penale e due Avvocati penalisti, uno dei quali, preferibilmente, con esperienze nel patrocinio delle parti civili. Questa opzione si rifà in primo luogo alla considerazione del fatto che probabilmente i diversi ruoli occupati avrebbero determinato, in certa misura, posizioni non del tutto assimilabili. In secondo luogo, tenendo conto di quanto emerge dalle statistiche ufficiali, si è supposto che le variabili di tipo contestuale – la collocazione territoriale del tribunale, le sue dimensioni ed eventualmente la tipicità della criminalità locale – avrebbero potuto rivelarsi efficaci nella determinazione della qualità delle opinioni espresse dagli intervistati. Anche questo aspetto può essere ricostruito attraverso l’analisi dei brani d’intervista. Si tenga conto del fatto che ciò che viene sottoposto ad analisi non costituisce altro che la realtà dei fatti “filtrata” dallo sguardo dei singoli intervistati. Sono state condotte complessivamente trentasei interviste in profondità presso sei sedi di tribunali italiani. La rilevazione ha preso avvio nel mese di giugno 2002 per concludersi nel dicembre dello stesso anno. A questo scopo, sono state elaborate quattro tracce d’intervista a seconda del ruolo rivestito dall’intervistato (magistratura requirente, magistratura giudicante, avvocati, cancellieri). Lo strumento di rilevazione maggiormente compatibile con gli scopi della ricerca è stato individuato appunto nell’intervista in profondità di tipo semi-strutturato, dal momento che questa tecnica prevede una serie di temi-stimoli standardizzati da proporre a tutti gli intervistati, rendendo possibile una comparazione tra le singole opinioni. Ma, allo stesso tempo, lascia libero l’intervistatore di modificare l’ordine dei quesiti e di riformulare in un secondo momento stimoli inizialmente trascurati o evitati nel colloquio perché ritenuti particolarmente sensibili. Alcuni temi-stimolo introdotti nel colloquio sono comuni alle quattro tipologie di intervista. In particolare, i quesiti su: aspetti descrittivi della durata dei processi, durate medie giudicate “normali” nelle diverse fasi e durate considerate invece “patologiche”; intoppi tipici; applicazione di norme processuali con margini di discrezionalità che possono incidere sui tempi; differenze nei tempi del processo a seconda delle materie trattate, delle caratteristiche dell’imputato (indagato, cliente) o di altre variabili intervenienti; organizzazione del proprio lavoro nell’ambito dei tempi complessivi tipici del sistema del processo penale; capacità (possibilità) di incidere sulle durate dei procedimenti; funzionamento e potenzialità deflattive dei riti speciali (patteggiamento, rito abbreviato, decreto penale di condanna); effetti della prescrizione sulle strategie processuali; eventuali rimedi individuati per far fronte alla durata eccessiva dei processi; rapporti con le altre figure coinvolte; aspetti relativi al contesto territoriale e ai dati di sfondo; elementi della biografia professionale dell’intervistato.
2003
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