“Filosofo e poeta” : così Jean-Louis Chrétien è presentato e conosciuto, avendo pubblicato sia raccolte di poesie , sia opere di filosofia . Ambedue gli aggettivi dicono qualcosa della sua riflessione, ampia ed ancora in fieri, senza però renderle giustizia, giacché la circoscrivono separando due aspetti inscindibili del suo pensiero. Un pensiero che – tanto nella forma poetica quanto in quella filosofica – si dà nella forma dell’“antifonario”; o meglio, che vuole essere ed intende sé come un antifonario, la risposta ad un appello. Presentare ed introdurre sono gesti semplici, banali per i quali, normalmente, conoscenza e competenza bastano. “Presentare la” o “introdurre all’ ” opera di Chrétien è però una strana esperienza, perché facendolo si fa esperienza, al contempo, di non essere di fronte ad un corpus prendibile e circoscrivibile, definibile, delimitabile. Si direbbe piuttosto di essere messi a confronto proprio con una poesia che si ammanta di “filosofia”. In realtà neppure questo è il caso, e l’opera di Chrétien non è un tentativo – pure in nulla da deplorare – di tentare l’intreccio di filosofia e poesia. La sua è un’opera nella quale la filosofia e la sua storia sono questionate perché si risponda ad una domanda che, prima ancora di riguardare la filosofia, riguarda chi fa filosofia; una domanda che si pone nella filosofia perché è già posta da “chi” fa filosofia: “chi è l’uomo?”. L’interrogativo non è mai posto da Chrétien: lo poniamo noi per introdurre alla sua opera, ché dialogare con essa implica stare già in questa domanda, rispondere ad una questione nella quale si è perché la si è. Più che presentare ed introdurre, allora, si tratta di stare nel medesimo antifonario della filosofia che Chrétien, in questi anni, ha consegnato. Con un’avvertenza, sua, che facciamo nostra. «Possiamo realmente cercare soltanto ciò che si lascia cercare, e trovare ciò che si lascia trovare. (Ma) ciò che si lascia trovare coincide con ciò che si lascia cercare? L’uomo fa spesso esperienza di trovare ciò che non cercava. […] Pensare la scoperta senza ricerca non significa cercare il casuale o l’insensato ma è cercare in che modo e perché un fenomeno può lasciarsi trovare senza essersi lasciato cercare» .

Simbolica del corpo. La tradizione cristiana del Cantico dei Cantici

CANULLO, Carla
2009-01-01

Abstract

“Filosofo e poeta” : così Jean-Louis Chrétien è presentato e conosciuto, avendo pubblicato sia raccolte di poesie , sia opere di filosofia . Ambedue gli aggettivi dicono qualcosa della sua riflessione, ampia ed ancora in fieri, senza però renderle giustizia, giacché la circoscrivono separando due aspetti inscindibili del suo pensiero. Un pensiero che – tanto nella forma poetica quanto in quella filosofica – si dà nella forma dell’“antifonario”; o meglio, che vuole essere ed intende sé come un antifonario, la risposta ad un appello. Presentare ed introdurre sono gesti semplici, banali per i quali, normalmente, conoscenza e competenza bastano. “Presentare la” o “introdurre all’ ” opera di Chrétien è però una strana esperienza, perché facendolo si fa esperienza, al contempo, di non essere di fronte ad un corpus prendibile e circoscrivibile, definibile, delimitabile. Si direbbe piuttosto di essere messi a confronto proprio con una poesia che si ammanta di “filosofia”. In realtà neppure questo è il caso, e l’opera di Chrétien non è un tentativo – pure in nulla da deplorare – di tentare l’intreccio di filosofia e poesia. La sua è un’opera nella quale la filosofia e la sua storia sono questionate perché si risponda ad una domanda che, prima ancora di riguardare la filosofia, riguarda chi fa filosofia; una domanda che si pone nella filosofia perché è già posta da “chi” fa filosofia: “chi è l’uomo?”. L’interrogativo non è mai posto da Chrétien: lo poniamo noi per introdurre alla sua opera, ché dialogare con essa implica stare già in questa domanda, rispondere ad una questione nella quale si è perché la si è. Più che presentare ed introdurre, allora, si tratta di stare nel medesimo antifonario della filosofia che Chrétien, in questi anni, ha consegnato. Con un’avvertenza, sua, che facciamo nostra. «Possiamo realmente cercare soltanto ciò che si lascia cercare, e trovare ciò che si lascia trovare. (Ma) ciò che si lascia trovare coincide con ciò che si lascia cercare? L’uomo fa spesso esperienza di trovare ciò che non cercava. […] Pensare la scoperta senza ricerca non significa cercare il casuale o l’insensato ma è cercare in che modo e perché un fenomeno può lasciarsi trovare senza essersi lasciato cercare» .
2009
9788830809604
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