Il saggio affronta alcuni aspetti della traduzione e li connettono al problema dell'interculturalità. Per un essere finito come la persona umana, senza la relativa chiusura delle lingue (e delle culture) particolari l’apertura in linea di principio illimitata del distacco critico si risolverebbe in un nulla di conoscenza e di azione. Da questo punto di vista dev'essere affrontato e risolto il problema della fedeltà e della libertà del tradurre. Ogni traduttore, implicitamente o esplicitamente, deve assumere un punto di vista particolare, relativamente libero, che determina ciò che debba propriamente venir tradotto del testo di partenza. Ma questa libertà, che di per sé presa è certamente incondizionata, è anche del tutto vuota e indeterminata, e può realizzarsi soltanto in quanto responsabilità rispetto a valori storicamente determinati e incorporati in particolari comunità. In primo luogo, nella sua scelta del punto di vista traduttivo il traduttore non può sottrarsi alla responsabilità nei confronti della comunità cui appartiene: gli interessi obiettivi della comunità linguistica nella cui lingua si traduce sono la norma che deve regolare la scelta della prospettiva della traduzione. In secondo luogo, le continue modifiche e i continui miglioramenti d’ogni prodotto umano (per es. d’una lingua storicamente esistente, d’una istituzione sociale, d’una determinata forma di vita comunitaria, ecc.) debbono essere compiuti alla luce d’un principio trascendentale d’economia, che vorrei chiamare “principio della minima modifica necessaria”. Nella misura in cui autore e traduttore usano la lingua con uno scopo autenticamente comunicativo, essi dovrebbero modificare il senso tramandato delle parole e delle strutture linguistiche soltanto nella misura in cui ciò sia necessario, affinché la comunicazione interpersonale non venga ostacolata e al limite divenga di fatto impossibile. Il principio della minima modifica necessaria può essere applicato non soltanto al problema della semplice comprensione dell’estraneo, bensì anche al problema, caratteristico delle società occidentali, della durevole convivenza con lo straniero: il principio richiede un rispetto, differenziato ma reciproco, delle norme e delle tradizioni sia delle persone del luogo sia di quelle dello straniero.

Person, Sprachgemeinschaft und Übersetzung

BUZZONI, Marco
1997-01-01

Abstract

Il saggio affronta alcuni aspetti della traduzione e li connettono al problema dell'interculturalità. Per un essere finito come la persona umana, senza la relativa chiusura delle lingue (e delle culture) particolari l’apertura in linea di principio illimitata del distacco critico si risolverebbe in un nulla di conoscenza e di azione. Da questo punto di vista dev'essere affrontato e risolto il problema della fedeltà e della libertà del tradurre. Ogni traduttore, implicitamente o esplicitamente, deve assumere un punto di vista particolare, relativamente libero, che determina ciò che debba propriamente venir tradotto del testo di partenza. Ma questa libertà, che di per sé presa è certamente incondizionata, è anche del tutto vuota e indeterminata, e può realizzarsi soltanto in quanto responsabilità rispetto a valori storicamente determinati e incorporati in particolari comunità. In primo luogo, nella sua scelta del punto di vista traduttivo il traduttore non può sottrarsi alla responsabilità nei confronti della comunità cui appartiene: gli interessi obiettivi della comunità linguistica nella cui lingua si traduce sono la norma che deve regolare la scelta della prospettiva della traduzione. In secondo luogo, le continue modifiche e i continui miglioramenti d’ogni prodotto umano (per es. d’una lingua storicamente esistente, d’una istituzione sociale, d’una determinata forma di vita comunitaria, ecc.) debbono essere compiuti alla luce d’un principio trascendentale d’economia, che vorrei chiamare “principio della minima modifica necessaria”. Nella misura in cui autore e traduttore usano la lingua con uno scopo autenticamente comunicativo, essi dovrebbero modificare il senso tramandato delle parole e delle strutture linguistiche soltanto nella misura in cui ciò sia necessario, affinché la comunicazione interpersonale non venga ostacolata e al limite divenga di fatto impossibile. Il principio della minima modifica necessaria può essere applicato non soltanto al problema della semplice comprensione dell’estraneo, bensì anche al problema, caratteristico delle società occidentali, della durevole convivenza con lo straniero: il principio richiede un rispetto, differenziato ma reciproco, delle norme e delle tradizioni sia delle persone del luogo sia di quelle dello straniero.
1997
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11393/44629
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact