L’obiettivo del presente lavoro è spiegare, dal punto di vista psicologico e linguistico, l’esistenza di frasi del tipo “Tu mi fai arrabbiare”, “Mi fai felice”, “Mi diverti” e simili, la cui struttura sintattico-semantica perlocutoria (Austin 1962) comunica che i sentimenti che il parlante (P) prova sono causati da ciò che l’interlocutore (I) ha detto e/o fatto (“causalità affettiva”) e veicola una teoria implicita e ingenua (naïve) delle relazioni interpersonali che è quella del senso comune, secondo la quale I è attivo e P è passivo e dipendente, teoria confermata e rinforzata ogni giorno appunto dal linguaggio che usiamo. Dopo aver illustrato le conseguenze paradossali di tale teoria, vengono presentati due punti di vista teorici alternativi, non “ingenui” ma “critici”, che promuovono l’autonomia emotiva delle persone: il primo proviene dalla psicoterapia (Gestalt Therapy, Transactional Analysis, Neuro Linguistic Programming ecc.), il secondo dalla Psicologia della Gestalt, in particolare da W. Metzger (1954), il quale, nel campo della percezione visiva, ha coniato il termine di Anmutungsweisen (Metzger 1954, pp. 64-65 ) per riferirsi alle qualità che scaturiscono con immediatezza dal modo di essere dell’oggetto percepito in rapporto con il modo di essere del soggetto percepente, più precisamente al particolare effetto di tale relazione sul soggetto (qualità dunque definibili come “effettuali”). L’esistenza delle suddette frasi è spiegata con il punto di vista teorico di A. Michotte (1954,1962) risultante dalla sua fenomenologia sperimentale della percezione della causalità.

“You make me feel…”: Affective Causality in Language Communication

ZUCZKOWSKI, Andrzej;RICCIONI, ILARIA
2008-01-01

Abstract

L’obiettivo del presente lavoro è spiegare, dal punto di vista psicologico e linguistico, l’esistenza di frasi del tipo “Tu mi fai arrabbiare”, “Mi fai felice”, “Mi diverti” e simili, la cui struttura sintattico-semantica perlocutoria (Austin 1962) comunica che i sentimenti che il parlante (P) prova sono causati da ciò che l’interlocutore (I) ha detto e/o fatto (“causalità affettiva”) e veicola una teoria implicita e ingenua (naïve) delle relazioni interpersonali che è quella del senso comune, secondo la quale I è attivo e P è passivo e dipendente, teoria confermata e rinforzata ogni giorno appunto dal linguaggio che usiamo. Dopo aver illustrato le conseguenze paradossali di tale teoria, vengono presentati due punti di vista teorici alternativi, non “ingenui” ma “critici”, che promuovono l’autonomia emotiva delle persone: il primo proviene dalla psicoterapia (Gestalt Therapy, Transactional Analysis, Neuro Linguistic Programming ecc.), il secondo dalla Psicologia della Gestalt, in particolare da W. Metzger (1954), il quale, nel campo della percezione visiva, ha coniato il termine di Anmutungsweisen (Metzger 1954, pp. 64-65 ) per riferirsi alle qualità che scaturiscono con immediatezza dal modo di essere dell’oggetto percepito in rapporto con il modo di essere del soggetto percepente, più precisamente al particolare effetto di tale relazione sul soggetto (qualità dunque definibili come “effettuali”). L’esistenza delle suddette frasi è spiegata con il punto di vista teorico di A. Michotte (1954,1962) risultante dalla sua fenomenologia sperimentale della percezione della causalità.
2008
1902956613
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