In questo saggio si indaga sulla ricezione del dato runico nell’età e nell’ambiente della regina Cristina di Svezia, ambiente che punta con evidente quanto improvvisa vocazione centrifuga dalla Svezia all’Europa romanza, ovvero da una visione ‘gotico-centrica’ ad una ideale accademia universale delle lettere. Due ambiti risultano a riguardo particolarmente interessanti, in un tempo particolarmente cruciale e sfuggente per la runologia, fra epigoni runografici, recupero erudito e rivendicazioni scioviniste. Da un lato, vi è la congerie culturale per l’appunto ‘goticista’ che muove dall’assunzione propagandistica – e appassionata – da parte dei discendenti di Gustavo Vasa (e segnatamente di Gustavo Adolfo) delle tesi storicistiche diffuse dalle pagine della "Historia de omnibus Gothorum Sueonumque regibus" di Johannes Magnus. Dall’altro, vi è la intensa circolazione di manoscritti medievali che muove eruditi e fondi librari attraverso l’Europa fra acquisizioni e lasciti e bottini di guerra, casse o botti stipate di codici rastrellati ovunque, prestati e poi probabilmente distolti dalla collezione reale, come sappiamo dalle vicende della biblioteca di Cristina e dalle attività e dagli interessi dei suoi più instancabili bibliotecari, Heinsius e Vossius, soprattutto. Il presente contributo discute dunque sia della trattazione delle rune entro la produzione storiografica svedese di impronta ‘goticista’, sia delle rune come sistema scrittorio recuperato dai canali dell’erudizione europea e sovente documentato su pagine manoscritte. In particolare vengono pubblicate per la prima volta e discusse due attestazioni runiche preservate rispettivamente nel MS. Reginensis lat. 338, f. 93r, della Bibiolteca Apostolica Vaticana, e nel Cod. Vossianus lat. F. 12d, f. 3v, della Leiden Universiteitsbibliotheek.

Le rune al tempo di Cristina fra ‘goticismo’ e bibliofilia

CUCINA, Carla
2005-01-01

Abstract

In questo saggio si indaga sulla ricezione del dato runico nell’età e nell’ambiente della regina Cristina di Svezia, ambiente che punta con evidente quanto improvvisa vocazione centrifuga dalla Svezia all’Europa romanza, ovvero da una visione ‘gotico-centrica’ ad una ideale accademia universale delle lettere. Due ambiti risultano a riguardo particolarmente interessanti, in un tempo particolarmente cruciale e sfuggente per la runologia, fra epigoni runografici, recupero erudito e rivendicazioni scioviniste. Da un lato, vi è la congerie culturale per l’appunto ‘goticista’ che muove dall’assunzione propagandistica – e appassionata – da parte dei discendenti di Gustavo Vasa (e segnatamente di Gustavo Adolfo) delle tesi storicistiche diffuse dalle pagine della "Historia de omnibus Gothorum Sueonumque regibus" di Johannes Magnus. Dall’altro, vi è la intensa circolazione di manoscritti medievali che muove eruditi e fondi librari attraverso l’Europa fra acquisizioni e lasciti e bottini di guerra, casse o botti stipate di codici rastrellati ovunque, prestati e poi probabilmente distolti dalla collezione reale, come sappiamo dalle vicende della biblioteca di Cristina e dalle attività e dagli interessi dei suoi più instancabili bibliotecari, Heinsius e Vossius, soprattutto. Il presente contributo discute dunque sia della trattazione delle rune entro la produzione storiografica svedese di impronta ‘goticista’, sia delle rune come sistema scrittorio recuperato dai canali dell’erudizione europea e sovente documentato su pagine manoscritte. In particolare vengono pubblicate per la prima volta e discusse due attestazioni runiche preservate rispettivamente nel MS. Reginensis lat. 338, f. 93r, della Bibiolteca Apostolica Vaticana, e nel Cod. Vossianus lat. F. 12d, f. 3v, della Leiden Universiteitsbibliotheek.
2005
9788888039954
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