Mettendo a fuoco una delle zone in cui fu indiscutibilmente più significativo il fenomeno della “dissidenza” minoritica e nello stesso tempo più sentita l’influenza della testimonianza e degli insegnamenti di Angelo Clareno, la Marca Anconetana, l’articolo affronta questioni rilevanti per l’interpretazione di quelle vicende non solo a livello locale. In primo luogo, si mostra l’ambiguità del termine “fraticello” non solo come categoria storiografica, ma già come termine utilizzato nelle fonti coeve ad Angelo Clareno. Il significato oscilla infatti, come già segnalò Tognetti agli inizi degli anni Ottanta del secolo scorso, da una generica designazione di un “romito” in senso molto generico, a stigma di un preciso gruppo condannato dall’autorità ecclesiastica con la bolla Sancta Romana del 1317. Si fa inoltre notare che il termine viene usato per designare francescani “dissidenti” (e prevalentemente i seguaci di Angelo Clareno) dall’esterno, ma non da parte di coloro che si sentono parte di questi gruppi., vuoi da parte delle autorità, vuoi da parte dei saeculares, come scrive Paolino da Venezia. Altro elemento importante è che, in una prima fase, “fraticelli” non viene usato per designare coloro che sostennero la ribellione di Michele da Cesena a Giovanni XXII; è senza dubbio più tardo (attestato da Andrea Richi nel 1381) un uso del termine “fraticelli” per designare anche questo gruppo di francescani “dissidenti”, ancora più tardo uno stabilizzarsi della distinzione tra “fraticelli de paupere vita” e “fraticelli de opinione”. Nel corso dell’analisi, il saggio affronta la questione della interpretazione di una lettera Gentile da Foligno a Matteuccio da Gubbio, tramandataci in volgare insieme con la versione volgare delle lettere di Angelo Clareno. Si dimostra che le interpretazioni finora fornite devono essere corrette in modo sostanziale, e che solo cogliendo che Gentile da Foligno fa riferimento implicito alla bolla Sancta Romana (1317) il testo di Gentile diviene pienamente comprensibile. Anche l’interpretazione di una seconda lettera di Gentile, in cui l’Eremita di Sant’Agostino si fa latore del parere di Angelo Clareno, può essere decisamente migliorata rispetto ai commenti disponibili, e ricondotta al contesto degli atteggiamenti apologetici dei seguaci di Angelo Clareno nei confronti dell’accusa di essere stati condannati dalla bolla papale.
"Non so che fraticelli...": identità e tensioni minoritiche nella Marchia di Angelo Clareno
LAMBERTINI, Roberto
2007-01-01
Abstract
Mettendo a fuoco una delle zone in cui fu indiscutibilmente più significativo il fenomeno della “dissidenza” minoritica e nello stesso tempo più sentita l’influenza della testimonianza e degli insegnamenti di Angelo Clareno, la Marca Anconetana, l’articolo affronta questioni rilevanti per l’interpretazione di quelle vicende non solo a livello locale. In primo luogo, si mostra l’ambiguità del termine “fraticello” non solo come categoria storiografica, ma già come termine utilizzato nelle fonti coeve ad Angelo Clareno. Il significato oscilla infatti, come già segnalò Tognetti agli inizi degli anni Ottanta del secolo scorso, da una generica designazione di un “romito” in senso molto generico, a stigma di un preciso gruppo condannato dall’autorità ecclesiastica con la bolla Sancta Romana del 1317. Si fa inoltre notare che il termine viene usato per designare francescani “dissidenti” (e prevalentemente i seguaci di Angelo Clareno) dall’esterno, ma non da parte di coloro che si sentono parte di questi gruppi., vuoi da parte delle autorità, vuoi da parte dei saeculares, come scrive Paolino da Venezia. Altro elemento importante è che, in una prima fase, “fraticelli” non viene usato per designare coloro che sostennero la ribellione di Michele da Cesena a Giovanni XXII; è senza dubbio più tardo (attestato da Andrea Richi nel 1381) un uso del termine “fraticelli” per designare anche questo gruppo di francescani “dissidenti”, ancora più tardo uno stabilizzarsi della distinzione tra “fraticelli de paupere vita” e “fraticelli de opinione”. Nel corso dell’analisi, il saggio affronta la questione della interpretazione di una lettera Gentile da Foligno a Matteuccio da Gubbio, tramandataci in volgare insieme con la versione volgare delle lettere di Angelo Clareno. Si dimostra che le interpretazioni finora fornite devono essere corrette in modo sostanziale, e che solo cogliendo che Gentile da Foligno fa riferimento implicito alla bolla Sancta Romana (1317) il testo di Gentile diviene pienamente comprensibile. Anche l’interpretazione di una seconda lettera di Gentile, in cui l’Eremita di Sant’Agostino si fa latore del parere di Angelo Clareno, può essere decisamente migliorata rispetto ai commenti disponibili, e ricondotta al contesto degli atteggiamenti apologetici dei seguaci di Angelo Clareno nei confronti dell’accusa di essere stati condannati dalla bolla papale.File | Dimensione | Formato | |
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