La monografia dedicata a Le vie cristiane della sicurezza sociale. Un dibattito fra i cattolici italiani 1931-2001, Milano, CUEM, 2009, prende innanzi tutto in esame il rapporto fra il mondo cattolico e lo sviluppo dello Stato sociale in Italia dagli anni Trenta del Novecento alla fine del secolo, sulla base di un’ampia letteratura e di un confronto con la realtà internazionale. La storiografia cattolica entre deux guerres, che avverte la crisi della civiltà europea, mette subito in evidenza il problema della povertà e delle forme storiche dell’assistenza, interagendo con le posizioni che vengono assunte di fronte alla politica sociale del fascismo. Il punto di riferimento costante – sul quale si registrano all’inizio vasti consensi – è l’esperimento corporativo, di cui le realizzazioni assistenziali, previdenziali, sanitarie sembrano un esempio: lo sottolineano non poche voci ufficiali, come la rivista dei gesuiti, e gli ambienti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Il punto di riferimento resta la “dottrina sociale” della Chiesa, qui presa in esame soprattutto per queste implicazioni. Essa conosce una profonda riformulazione con l’enciclica Quadragesimo anno di Pio XI del 1931: il documento del pontefice lombardo vuole da una parte rispondere alla crisi mondiale, con una forte critica a un’economia di mercato non regolata e soprattutto alla speculazione finanziaria, e dall’altra proporre nuove prospettive per il pensiero e l’azione dei cattolici. L’intervento pubblico trova una sua compiuta legittimazione, mentre si riprende con forza il tema della giustizia, indicando una relazione positiva fra il tema tradizionale del bene comune e quello della solidarietà, all’interno degli Stati non meno che sul piano internazionale. Nel testo, come poi nel magistero successivo di Pio XI, s’individua al tempo stesso la necessità di passare a una fase ulteriore della protezione sociale, caratterizzata da una più estesa legislazione del lavoro e da politiche di contrasto della povertà non legate soltanto alla beneficenza. Anche in questo caso il corporativismo fascista è un interlocutore obbligato, ma distinzioni e riserve sono subito presenti, e aprono la strada alla riflessione sulla democrazia negli anni del secondo conflitto mondiale. Nel dopoguerra l’attenzione si sposta non a caso verso esperienze diverse, come dimostra la discussione sulla “sicurezza sociale” quale punto d’arrivo dell’intero percorso dell’assistenza pubblica, soprattutto nelle posizioni di Fanfani e La Pira, in analogia con quelle del socialismo milanese e alla luce delle suggestioni provenienti dal mondo anglosassone e francese, dal “socialismo cristiano” e dal pensiero di Reinhold Niebuhr alla riflessione di Maritain. Se la Costituzione repubblicana fa propri i presupposti di un modello di Welfare State, è il dibattito successivo a porre più decisamente il problema dell’attuazione del sistema secondo una prospettiva universalistica, già al centro del dibattito durante la settimana sociale dei cattolici italiani tenutasi a Bologna nel 1949. La sicurezza sociale – con le sue vie cristiane richiamate da Fanfani – è oggetto di realizzazioni successive, dal centro-sinistra alle riforme della previdenza e della sanità fino agli anni Ottanta, mentre già si avverte una crisi del modello e si fa strada la valorizzazione di nuovi attori sociali. Il Concilio Vaticano II riprende queste formulazioni in un orizzonte più vasto, soprattutto con la Gaudium et spes, orientando i cattolici verso scelte autonome e confermando il significato della scelta compiuta, che alla valorizzazione della società civile e delle sue espressioni unisce la garanzia di una tutela fondata sul riconoscimento dei diritti di cittadinanza.
Le vie cristiane della sicurezza sociale. Un dibattito fra i cattolici italiani 1931-2001
BRESSAN, EDOARDO
2009-01-01
Abstract
La monografia dedicata a Le vie cristiane della sicurezza sociale. Un dibattito fra i cattolici italiani 1931-2001, Milano, CUEM, 2009, prende innanzi tutto in esame il rapporto fra il mondo cattolico e lo sviluppo dello Stato sociale in Italia dagli anni Trenta del Novecento alla fine del secolo, sulla base di un’ampia letteratura e di un confronto con la realtà internazionale. La storiografia cattolica entre deux guerres, che avverte la crisi della civiltà europea, mette subito in evidenza il problema della povertà e delle forme storiche dell’assistenza, interagendo con le posizioni che vengono assunte di fronte alla politica sociale del fascismo. Il punto di riferimento costante – sul quale si registrano all’inizio vasti consensi – è l’esperimento corporativo, di cui le realizzazioni assistenziali, previdenziali, sanitarie sembrano un esempio: lo sottolineano non poche voci ufficiali, come la rivista dei gesuiti, e gli ambienti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Il punto di riferimento resta la “dottrina sociale” della Chiesa, qui presa in esame soprattutto per queste implicazioni. Essa conosce una profonda riformulazione con l’enciclica Quadragesimo anno di Pio XI del 1931: il documento del pontefice lombardo vuole da una parte rispondere alla crisi mondiale, con una forte critica a un’economia di mercato non regolata e soprattutto alla speculazione finanziaria, e dall’altra proporre nuove prospettive per il pensiero e l’azione dei cattolici. L’intervento pubblico trova una sua compiuta legittimazione, mentre si riprende con forza il tema della giustizia, indicando una relazione positiva fra il tema tradizionale del bene comune e quello della solidarietà, all’interno degli Stati non meno che sul piano internazionale. Nel testo, come poi nel magistero successivo di Pio XI, s’individua al tempo stesso la necessità di passare a una fase ulteriore della protezione sociale, caratterizzata da una più estesa legislazione del lavoro e da politiche di contrasto della povertà non legate soltanto alla beneficenza. Anche in questo caso il corporativismo fascista è un interlocutore obbligato, ma distinzioni e riserve sono subito presenti, e aprono la strada alla riflessione sulla democrazia negli anni del secondo conflitto mondiale. Nel dopoguerra l’attenzione si sposta non a caso verso esperienze diverse, come dimostra la discussione sulla “sicurezza sociale” quale punto d’arrivo dell’intero percorso dell’assistenza pubblica, soprattutto nelle posizioni di Fanfani e La Pira, in analogia con quelle del socialismo milanese e alla luce delle suggestioni provenienti dal mondo anglosassone e francese, dal “socialismo cristiano” e dal pensiero di Reinhold Niebuhr alla riflessione di Maritain. Se la Costituzione repubblicana fa propri i presupposti di un modello di Welfare State, è il dibattito successivo a porre più decisamente il problema dell’attuazione del sistema secondo una prospettiva universalistica, già al centro del dibattito durante la settimana sociale dei cattolici italiani tenutasi a Bologna nel 1949. La sicurezza sociale – con le sue vie cristiane richiamate da Fanfani – è oggetto di realizzazioni successive, dal centro-sinistra alle riforme della previdenza e della sanità fino agli anni Ottanta, mentre già si avverte una crisi del modello e si fa strada la valorizzazione di nuovi attori sociali. Il Concilio Vaticano II riprende queste formulazioni in un orizzonte più vasto, soprattutto con la Gaudium et spes, orientando i cattolici verso scelte autonome e confermando il significato della scelta compiuta, che alla valorizzazione della società civile e delle sue espressioni unisce la garanzia di una tutela fondata sul riconoscimento dei diritti di cittadinanza.File | Dimensione | Formato | |
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