Jean-Luc Marion, Michel Henry e Jean-Louis Chrétien hanno definito il loro pensiero una fenomenologia che riflette “oltre” (ma forse sarebbe più opportuno dire “contro”) Husserl e Heidegger e, soprattutto, “dopo” Levinas. Da questa riflessione ne è scaturito un “leggere alla rovescia” i principali temi fenomenologici (a rovescio è pensata la soggettività, costituita dai fenomeni e non costituente gli stessi; rovesciata è la riduzione, mentre l’intenzionalità diventa, in una metamorfosi che ne inverte il movimento, contro-intenzionalità…) per giungere a quella che, con una libera traduzione della Gegebenheit husserliana, i tre autori indicano con donation. Tale operazione pone perlomeno una questione: è possibile rovesciare ciò che neppure Husserl ha voluto codificare in “un” metodo e in “una” pratica? E soprattutto, è possibile veramente rovesciare la fenomenologia senza finire col parlare di “altro” dalla fenomenologia stessa? La nostra risposta è negativa: non è possibile rovesciare la fenomenologia né, riteniamo, basta appellarsi ai termini fenomenologici per proporre una fenomenologia che si sviluppi “oltre” e “contro” testi e motivi tanto ricchi e vari da essere perciò stesso destinati a sottrarsi alla critica che li ha voluti superare. Il che, tuttavia, non esime dall’interrogarsi comunque sulla posta in gioco di questi autori e sul senso in cui si sono “compresi” en tant que phénoménologues. Di qui il corpo a corpo delle loro letture di Husserl e Heidegger, la valutazione delle loro interpretazioni dei testi del fondatore della fenomenologia e del filosofo di Messkirch; un corpo a corpo che rivela spesso un “tradimento” dei testi interpretati, letti alla luce di un’ipotesi di partenza già assunta e che viene da “altrove” che dalla fenomenologia (in taluni casi viene, come giustamente Dominique Janicaud aveva osservato, da un presupposto “teologico”). Altrove in quanto presupposti che emergono anche nel confronto con l’altra famiglia fenomenologica francese contemporanea, quella che si reclama, tra gli altri, a Eugen Fink e che ha tra i suoi esponenti di spicco Marc Richir. Confronti seguiti per arrivare alla conclusione che occorre “sciogliere” questi autori dal preteso reclamarsi alla fenomenologia per coglierne la loro personale “posta in gioco” e per discernere le loro scelte e opzioni di partenza. Opzioni individuate all’interno del loro percorso alla rovescia, ossia condotto in un rovesciamento da noi individuato come tematico e fenomenologico seguendo i due termini tedeschi Umkehrung e Umschlag: il primo, a segnalare una modalità nella quale qualcosa è rovesciato in quanto è assunto da un altro punto di vista; il secondo ad indicare un rovesciamento che tenta di cogliere nel dato non solo ciò che lo dà ma anche ciò che ne preserva la capacità di passare alla sua concretizzazione. Che rovescia il dato, cioè, affinché quest’ultimo sia pensabile nel proprio darsi concreto e non solo nelle sue condizioni di possibilità. Marion, Henry e, per certi versi, Chrétien non si limitano a mettere in atto un rovesciamento tematico; quest’ultimo e il rovesciamento fenomenologico sono compiuti sempre insieme. Il problema che, tuttavia, in essi individuiamo, sta – di nuovo – nella loro stessa posta in gioco, ossia in quel dato che si propongono di attingere e a partire dal quale a nostra volta proponiamo di rovesciare la “fenomenologia rovesciata”. Ché il problema è esattamente questo: il rovesciamento è da loro messo in atto per cercare – in fedeltà infedele all’annuncio heideggeriano del § 7 di Essere e tempo secondo il quale “Più in alto della realtà si trova la possibilità” – un fenomeno in quanto pienamente “dato” dalla donazione ma colto soltanto alla luce della pura possibilità del suo darsi. È la ricerca di questa possibilità assoluta a muovere i tre autori, possibilità di fenomeni che, se pensati nell’orizzonte dell’Io (Husserl) o dell’essere (Heidegger) non hanno legittimità di manifestazione ma che, se pensati alla luce del puro movimento del loro stesso darsi (ovvero alla luce della pura e semplice donation) ricevono tale legittimità epistemologica. La donation, infatti, è il criterio epistemologico di ogni darsi, ovvero unica e sola condizione (in quanto possibilità) che i fenomeni siano, ciò che riguarda la ratio dei fenomeni, il principio per cui i fenomeni sono tali. O, ancora, ciò che riguarda la spettanza de iure dei fenomeni ma non il loro darsi de facto. Ma quando i fenomeni che s’intende pensare in quest’ampliamento di orizzonte sono la Rivelazione, il dono, la carne, la voce, la fatica…, basta un simile ampliamento del darsi/donarsi per poter parlare ancora di fenomeni che effettivamente si manifestano? E gli stessi “fenomeni saturi” di Marion, ossia manifestazioni la cui intuizione supera ogni intenzione (l’evento, il quadro/idolo, il volto/icona, la carne) sono effettivamente fenomeni o non, semplicemente, modelli di fenomenalità per giungere ai quali non basta rovesciare una fenomenologia della quale non si accettano gli orizzonti? Di qui, allora, il superamento di questi autori – che pure hanno il merito di riportare al centro della scena filosofica manifestazioni che ne stanno al margine pur caratterizzando strettamente l’umano esistere – verso l’effettività (e non soltanto la possibilità) del dato. Superamento che, senza più reclamarsi alla fenomenologia, è stato proposto per altra via, interrogando autori quali Jean Wahl e Henry Maldiney, punti di riferimento utili per andare oltre quello che abbiamo individuato, sulla scia di Hofstadter, come lo “Strano anello” che connota questi pensatori: «Il fenomeno dello “Strano Anello” consiste nel fatto di ritrovarsi inaspettatamente, salendo o scendendo lungo i gradini di qualche sistema gerarchico, al punto di partenza […]. Qualche volta sarà nascosto. Altre volte palese; qualche volta sarà sul diritto, altre volte sul rovescio del lavoro o sarà esposto a ritroso. “Quaerendo invenietis” è la mia avvertenza al lettore» (Gödel, Escher, Bach: un’Eterna Ghirlanda Brillante, Adelphi, Milano 2001 (settima edizione) p. 11). Lo “strano anello”, in Marion, Henry e, per certi versi, Chrétien, è una donation in quanto darsi che continuamente dà/dona facendosi condizione di possibilità della manifestazione ma senza incrociare il piano della realtà, dunque auto-legittimandosi. Auto-legittimazione che, tuttavia, non legittima il sottrarsi alla domanda che si pone circa l’effettività stessa della manifestazione. Se, allora, ogni manifestazione è possibile perché ogni “dato” si dà in quanto “donato” e perché nulla, di diritto, può delegittimare un processo di auto-donation, da questo anello si potrà uscire frantumando la sovrapposizione “di diritto” tra donation e donné (sovrapposizione per la quale ciò che è dato è donato). Detto altrimenti: la donation non basta perché un dato si manifesti effettivamente in quanto fenomeno. Per tale manifestazione effettiva occorre che esso sia dato e che, contemporaneamente, sia dato alle dimensioni che concretamente lo manifestano, ossia la sua dimensione linguistica, l’impatto con una carne che lo coglie, secondo le diverse possibilità che incoativamente lo dispiegano e nella passibilità che incessantemente lo connota come “esposto a”. Che sia dato, cioè, secondo quattro dimensioni individuabili nello schema di un quadruplice orientamento al cui centro è il dato stesso, il quale in una sorta di apertura “verso l’alto” ha da assumere una dimensione linguistica, “verso il basso” ha da impattarsi in una carne che lo accolga, rivelando la mancanza di quanto un semplice movimento di donation non può esaurire. Verso destra, si apre alle altre e continue possibilità che lo definiscono nel suo stesso “esser dato”, verso sinistra, si scopre in quanto passibile di “altro” oltre che dell’essere dato/donato. Questo quadruplice movimento è il concreto stesso del dato, ossia il suo aver da assumere – per manifestarsi effettivamente – quelle dimensioni che la sola donation non può esaurire. Un concreto verso cui il dato si destina sempre a essere; a essere verso il concreto e, dunque e infine, oltre la donation.

La fenomenologia rovesciata. Percorsi tentati in Jean-Luc Marion, Michel Henry e Jean-Louis Chrétien

CANULLO, Carla
2004-01-01

Abstract

Jean-Luc Marion, Michel Henry e Jean-Louis Chrétien hanno definito il loro pensiero una fenomenologia che riflette “oltre” (ma forse sarebbe più opportuno dire “contro”) Husserl e Heidegger e, soprattutto, “dopo” Levinas. Da questa riflessione ne è scaturito un “leggere alla rovescia” i principali temi fenomenologici (a rovescio è pensata la soggettività, costituita dai fenomeni e non costituente gli stessi; rovesciata è la riduzione, mentre l’intenzionalità diventa, in una metamorfosi che ne inverte il movimento, contro-intenzionalità…) per giungere a quella che, con una libera traduzione della Gegebenheit husserliana, i tre autori indicano con donation. Tale operazione pone perlomeno una questione: è possibile rovesciare ciò che neppure Husserl ha voluto codificare in “un” metodo e in “una” pratica? E soprattutto, è possibile veramente rovesciare la fenomenologia senza finire col parlare di “altro” dalla fenomenologia stessa? La nostra risposta è negativa: non è possibile rovesciare la fenomenologia né, riteniamo, basta appellarsi ai termini fenomenologici per proporre una fenomenologia che si sviluppi “oltre” e “contro” testi e motivi tanto ricchi e vari da essere perciò stesso destinati a sottrarsi alla critica che li ha voluti superare. Il che, tuttavia, non esime dall’interrogarsi comunque sulla posta in gioco di questi autori e sul senso in cui si sono “compresi” en tant que phénoménologues. Di qui il corpo a corpo delle loro letture di Husserl e Heidegger, la valutazione delle loro interpretazioni dei testi del fondatore della fenomenologia e del filosofo di Messkirch; un corpo a corpo che rivela spesso un “tradimento” dei testi interpretati, letti alla luce di un’ipotesi di partenza già assunta e che viene da “altrove” che dalla fenomenologia (in taluni casi viene, come giustamente Dominique Janicaud aveva osservato, da un presupposto “teologico”). Altrove in quanto presupposti che emergono anche nel confronto con l’altra famiglia fenomenologica francese contemporanea, quella che si reclama, tra gli altri, a Eugen Fink e che ha tra i suoi esponenti di spicco Marc Richir. Confronti seguiti per arrivare alla conclusione che occorre “sciogliere” questi autori dal preteso reclamarsi alla fenomenologia per coglierne la loro personale “posta in gioco” e per discernere le loro scelte e opzioni di partenza. Opzioni individuate all’interno del loro percorso alla rovescia, ossia condotto in un rovesciamento da noi individuato come tematico e fenomenologico seguendo i due termini tedeschi Umkehrung e Umschlag: il primo, a segnalare una modalità nella quale qualcosa è rovesciato in quanto è assunto da un altro punto di vista; il secondo ad indicare un rovesciamento che tenta di cogliere nel dato non solo ciò che lo dà ma anche ciò che ne preserva la capacità di passare alla sua concretizzazione. Che rovescia il dato, cioè, affinché quest’ultimo sia pensabile nel proprio darsi concreto e non solo nelle sue condizioni di possibilità. Marion, Henry e, per certi versi, Chrétien non si limitano a mettere in atto un rovesciamento tematico; quest’ultimo e il rovesciamento fenomenologico sono compiuti sempre insieme. Il problema che, tuttavia, in essi individuiamo, sta – di nuovo – nella loro stessa posta in gioco, ossia in quel dato che si propongono di attingere e a partire dal quale a nostra volta proponiamo di rovesciare la “fenomenologia rovesciata”. Ché il problema è esattamente questo: il rovesciamento è da loro messo in atto per cercare – in fedeltà infedele all’annuncio heideggeriano del § 7 di Essere e tempo secondo il quale “Più in alto della realtà si trova la possibilità” – un fenomeno in quanto pienamente “dato” dalla donazione ma colto soltanto alla luce della pura possibilità del suo darsi. È la ricerca di questa possibilità assoluta a muovere i tre autori, possibilità di fenomeni che, se pensati nell’orizzonte dell’Io (Husserl) o dell’essere (Heidegger) non hanno legittimità di manifestazione ma che, se pensati alla luce del puro movimento del loro stesso darsi (ovvero alla luce della pura e semplice donation) ricevono tale legittimità epistemologica. La donation, infatti, è il criterio epistemologico di ogni darsi, ovvero unica e sola condizione (in quanto possibilità) che i fenomeni siano, ciò che riguarda la ratio dei fenomeni, il principio per cui i fenomeni sono tali. O, ancora, ciò che riguarda la spettanza de iure dei fenomeni ma non il loro darsi de facto. Ma quando i fenomeni che s’intende pensare in quest’ampliamento di orizzonte sono la Rivelazione, il dono, la carne, la voce, la fatica…, basta un simile ampliamento del darsi/donarsi per poter parlare ancora di fenomeni che effettivamente si manifestano? E gli stessi “fenomeni saturi” di Marion, ossia manifestazioni la cui intuizione supera ogni intenzione (l’evento, il quadro/idolo, il volto/icona, la carne) sono effettivamente fenomeni o non, semplicemente, modelli di fenomenalità per giungere ai quali non basta rovesciare una fenomenologia della quale non si accettano gli orizzonti? Di qui, allora, il superamento di questi autori – che pure hanno il merito di riportare al centro della scena filosofica manifestazioni che ne stanno al margine pur caratterizzando strettamente l’umano esistere – verso l’effettività (e non soltanto la possibilità) del dato. Superamento che, senza più reclamarsi alla fenomenologia, è stato proposto per altra via, interrogando autori quali Jean Wahl e Henry Maldiney, punti di riferimento utili per andare oltre quello che abbiamo individuato, sulla scia di Hofstadter, come lo “Strano anello” che connota questi pensatori: «Il fenomeno dello “Strano Anello” consiste nel fatto di ritrovarsi inaspettatamente, salendo o scendendo lungo i gradini di qualche sistema gerarchico, al punto di partenza […]. Qualche volta sarà nascosto. Altre volte palese; qualche volta sarà sul diritto, altre volte sul rovescio del lavoro o sarà esposto a ritroso. “Quaerendo invenietis” è la mia avvertenza al lettore» (Gödel, Escher, Bach: un’Eterna Ghirlanda Brillante, Adelphi, Milano 2001 (settima edizione) p. 11). Lo “strano anello”, in Marion, Henry e, per certi versi, Chrétien, è una donation in quanto darsi che continuamente dà/dona facendosi condizione di possibilità della manifestazione ma senza incrociare il piano della realtà, dunque auto-legittimandosi. Auto-legittimazione che, tuttavia, non legittima il sottrarsi alla domanda che si pone circa l’effettività stessa della manifestazione. Se, allora, ogni manifestazione è possibile perché ogni “dato” si dà in quanto “donato” e perché nulla, di diritto, può delegittimare un processo di auto-donation, da questo anello si potrà uscire frantumando la sovrapposizione “di diritto” tra donation e donné (sovrapposizione per la quale ciò che è dato è donato). Detto altrimenti: la donation non basta perché un dato si manifesti effettivamente in quanto fenomeno. Per tale manifestazione effettiva occorre che esso sia dato e che, contemporaneamente, sia dato alle dimensioni che concretamente lo manifestano, ossia la sua dimensione linguistica, l’impatto con una carne che lo coglie, secondo le diverse possibilità che incoativamente lo dispiegano e nella passibilità che incessantemente lo connota come “esposto a”. Che sia dato, cioè, secondo quattro dimensioni individuabili nello schema di un quadruplice orientamento al cui centro è il dato stesso, il quale in una sorta di apertura “verso l’alto” ha da assumere una dimensione linguistica, “verso il basso” ha da impattarsi in una carne che lo accolga, rivelando la mancanza di quanto un semplice movimento di donation non può esaurire. Verso destra, si apre alle altre e continue possibilità che lo definiscono nel suo stesso “esser dato”, verso sinistra, si scopre in quanto passibile di “altro” oltre che dell’essere dato/donato. Questo quadruplice movimento è il concreto stesso del dato, ossia il suo aver da assumere – per manifestarsi effettivamente – quelle dimensioni che la sola donation non può esaurire. Un concreto verso cui il dato si destina sempre a essere; a essere verso il concreto e, dunque e infine, oltre la donation.
2004
9788870119787
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