Il lavoro si pone sul piano di un’indagine antropologica, etica e di teoria della politica. L’analisi muove da una ricognizione di tre paradigmi fondamentali del pensiero politico occidentale, quello aristotelico, quello agostiniano e quello machiavellico. D’altra parte viene messa in luce l’insufficienza storica, ma anche antropologica ed etica, di questi modelli, cercando quindi di indicare la percorribilità di una via alternativa e in buona parte ancora inedita. Nel passaggio successivo si entra nel contesto di diverse ermeneutiche del potere, in special modo nelle impostazioni che lavorano all’elaborazione di una concezione democratica del potere stesso. Qui sono posti in risalto e discussi gli apporti, rispettivamente, di Hans Kelsen, di Simone Weil e di John Rawls. Nello stesso ambito tematico affiora la questione della fondazione e dell’universalità dei diritti e dei doveri umani, autentico nucleo di ogni politica democratica. Ne scaturisce una proposta teorica secondo cui cambiare politica è possibile e urgente, ma solo se si comincia a riconoscere che una svolta simile non sarà realizzabile se non cambiando il paradigma di concezione della politica come tale. Si tratta di mutare in profondità il modo in cui essa viene pensata e praticata. La riflessione delineata in queste pagine contestualizza la questione del possibile cambiamento di paradigma attraverso l’elaborazione di una diagnosi delle cause della crisi di civiltà che investe l’attuale fase storica e la vita pubblica. Alla diagnosi segue l’indicazione di un metodo di rigenerazione della cultura politica, un metodo che sappia declinare e svolgere quell’etica della dignità, della nonviolenza e del bene comune che è il cuore stesso della visione democratica della società.
Per un'altra politica. Scegliere il bene comune
MANCINI, Roberto
2010-01-01
Abstract
Il lavoro si pone sul piano di un’indagine antropologica, etica e di teoria della politica. L’analisi muove da una ricognizione di tre paradigmi fondamentali del pensiero politico occidentale, quello aristotelico, quello agostiniano e quello machiavellico. D’altra parte viene messa in luce l’insufficienza storica, ma anche antropologica ed etica, di questi modelli, cercando quindi di indicare la percorribilità di una via alternativa e in buona parte ancora inedita. Nel passaggio successivo si entra nel contesto di diverse ermeneutiche del potere, in special modo nelle impostazioni che lavorano all’elaborazione di una concezione democratica del potere stesso. Qui sono posti in risalto e discussi gli apporti, rispettivamente, di Hans Kelsen, di Simone Weil e di John Rawls. Nello stesso ambito tematico affiora la questione della fondazione e dell’universalità dei diritti e dei doveri umani, autentico nucleo di ogni politica democratica. Ne scaturisce una proposta teorica secondo cui cambiare politica è possibile e urgente, ma solo se si comincia a riconoscere che una svolta simile non sarà realizzabile se non cambiando il paradigma di concezione della politica come tale. Si tratta di mutare in profondità il modo in cui essa viene pensata e praticata. La riflessione delineata in queste pagine contestualizza la questione del possibile cambiamento di paradigma attraverso l’elaborazione di una diagnosi delle cause della crisi di civiltà che investe l’attuale fase storica e la vita pubblica. Alla diagnosi segue l’indicazione di un metodo di rigenerazione della cultura politica, un metodo che sappia declinare e svolgere quell’etica della dignità, della nonviolenza e del bene comune che è il cuore stesso della visione democratica della società.File | Dimensione | Formato | |
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