Il gerundio, la cui interpretazione è stata a lungo dibattuta dai linguisti, si presta ad esprimere diverse funzioni sintattiche non sempre chiaramente distinguibili le une dalle altre e spesso riguardanti soprattutto lo sviluppo narrativo (progressione tematica). In tale prospettiva, per quanto riguarda l’italiano antico non sono stati compiuti, negli ultimi anni, significativi progressi. Mentre taluni studi “classici” (per es. Skerlj 1926) offrono ancora validi punti di riferimento, a poco giovano talune proposte formulate per l’analisi dell’italiano moderno (per es., la distinzione tra gerundio predicativo e gerundio frasale: Lonzi 1991). Per tale motivo, piuttosto che cercare di attribuire al gerundio un valore piuttosto che un altro, appare opportuno, in molti casi, parlare di “predominanza” di un valore rispetto all’altro (Antonini 1974-75) o di “condivisione di relazioni” (Frenguelli in stampa). Questa indefinitezza appare evidente in italiano antico, nel quale si presenta di frequente la condivisione di valore causale e valore temporale all’interno di uno stesso gerundio. Ciò accade perché i due valori sono strettamente connessi tra loro; infatti il succedersi della causa e dell’effetto presuppone sempre una successione temporale. Mentre nelle causali esplicite i connettivi specializzati pongono in primo piano l’uno o l’altro valore, il gerundio ne permette la compresenza. Ciò era possibile già in latino, nelle proposizioni costruite con il participio e in quelle introdotte da cum e postquam. La gerundiva causale-temporale appare adatta a rendere lo sviluppo della narrazione, dal momento che esplica la duplice funzione di marcare la successione temporale e di segnalare la presenza di un’implicazione tra due fatti. In effetti rappresenta uno dei tipi di gerundio più frequentemente usati nel Decameron: opera in cui il numero elevato di causali realizzate con il gerundio ben si addice al ritmo di una prosa, che persegue la modulazione ritmica del periodo e non ignora le cadenze della sintassi periodale latina. Al contrario, l’argomentazione di tipo scolastico del Convivio, che privilegia la chiarezza espositiva, non costituisce un terreno fertile per il gerundio, tipo proposizionale il cui significato «non è reso evidente da nessun segno particolare e risulta unicamente dal contesto» (Brambilla Ageno 1978: 296). Nel trattato dantesco i gerundi sono assai meno frequenti ed esprimono, nella maggior parte dei casi, proposizioni temporali, mentre i nessi fondamentali per la progressione del ragionamento, esprimenti il rapporto di causalità, sono sempre espliciti. Il saggio si propone di accertare, attraverso uno spoglio selettivo di altri testi in prosa dei secoli XIII e XIV, se la situazione riscontrata nei due massimi modelli di prosa narrativa e argomentativa, trovi corrispondenza nell’intero panorama della prosa antica. Al tempo stesso si cercherà di definire le differenze tra il gerundio causale vero e proprio e le altre relazioni che questo modo verbale può esprimere. Antonini Anna, 1974-75, Il problema del gerundio. “Studi di Grammatica Italiana”, IV: 85-107. Brambilla Ageno Franca, 1978, “Gerundio”. In Enciclopedia dantesca. Appendice: biografia, lingua e stile, opere, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana: 292-304. Frenguelli Gianluca, in stampa, L’espressione della causalità nell’italiano antico. In G. Salvi (a cura di), Semantica e lessicologia storiche. Atti del XXXII Congresso Internazionale di Studi (Budapest, 29-31 ottobre 1998), Roma, Bulzoni. Lonzi Lidia, 1991, Frasi subordinate al gerundio. In L. Renzi et al. (a cura di), 1988-95, Grande grammatica italiana di consultazione. vol. II: I sintagmi verbale, aggettivale, avverbiale. La subordinazione, Bologna, Il Mulino: 571-592. Skerly, Stanko, 1926, Syntaxe du participe présent et du gérondif en vieil italien, Paris, Champion.

Tra narrazione e argomentazione: il gerundio nella prosa d’arte dei primi secoli

FRENGUELLI, GIANLUCA
2003-01-01

Abstract

Il gerundio, la cui interpretazione è stata a lungo dibattuta dai linguisti, si presta ad esprimere diverse funzioni sintattiche non sempre chiaramente distinguibili le une dalle altre e spesso riguardanti soprattutto lo sviluppo narrativo (progressione tematica). In tale prospettiva, per quanto riguarda l’italiano antico non sono stati compiuti, negli ultimi anni, significativi progressi. Mentre taluni studi “classici” (per es. Skerlj 1926) offrono ancora validi punti di riferimento, a poco giovano talune proposte formulate per l’analisi dell’italiano moderno (per es., la distinzione tra gerundio predicativo e gerundio frasale: Lonzi 1991). Per tale motivo, piuttosto che cercare di attribuire al gerundio un valore piuttosto che un altro, appare opportuno, in molti casi, parlare di “predominanza” di un valore rispetto all’altro (Antonini 1974-75) o di “condivisione di relazioni” (Frenguelli in stampa). Questa indefinitezza appare evidente in italiano antico, nel quale si presenta di frequente la condivisione di valore causale e valore temporale all’interno di uno stesso gerundio. Ciò accade perché i due valori sono strettamente connessi tra loro; infatti il succedersi della causa e dell’effetto presuppone sempre una successione temporale. Mentre nelle causali esplicite i connettivi specializzati pongono in primo piano l’uno o l’altro valore, il gerundio ne permette la compresenza. Ciò era possibile già in latino, nelle proposizioni costruite con il participio e in quelle introdotte da cum e postquam. La gerundiva causale-temporale appare adatta a rendere lo sviluppo della narrazione, dal momento che esplica la duplice funzione di marcare la successione temporale e di segnalare la presenza di un’implicazione tra due fatti. In effetti rappresenta uno dei tipi di gerundio più frequentemente usati nel Decameron: opera in cui il numero elevato di causali realizzate con il gerundio ben si addice al ritmo di una prosa, che persegue la modulazione ritmica del periodo e non ignora le cadenze della sintassi periodale latina. Al contrario, l’argomentazione di tipo scolastico del Convivio, che privilegia la chiarezza espositiva, non costituisce un terreno fertile per il gerundio, tipo proposizionale il cui significato «non è reso evidente da nessun segno particolare e risulta unicamente dal contesto» (Brambilla Ageno 1978: 296). Nel trattato dantesco i gerundi sono assai meno frequenti ed esprimono, nella maggior parte dei casi, proposizioni temporali, mentre i nessi fondamentali per la progressione del ragionamento, esprimenti il rapporto di causalità, sono sempre espliciti. Il saggio si propone di accertare, attraverso uno spoglio selettivo di altri testi in prosa dei secoli XIII e XIV, se la situazione riscontrata nei due massimi modelli di prosa narrativa e argomentativa, trovi corrispondenza nell’intero panorama della prosa antica. Al tempo stesso si cercherà di definire le differenze tra il gerundio causale vero e proprio e le altre relazioni che questo modo verbale può esprimere. Antonini Anna, 1974-75, Il problema del gerundio. “Studi di Grammatica Italiana”, IV: 85-107. Brambilla Ageno Franca, 1978, “Gerundio”. In Enciclopedia dantesca. Appendice: biografia, lingua e stile, opere, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana: 292-304. Frenguelli Gianluca, in stampa, L’espressione della causalità nell’italiano antico. In G. Salvi (a cura di), Semantica e lessicologia storiche. Atti del XXXII Congresso Internazionale di Studi (Budapest, 29-31 ottobre 1998), Roma, Bulzoni. Lonzi Lidia, 1991, Frasi subordinate al gerundio. In L. Renzi et al. (a cura di), 1988-95, Grande grammatica italiana di consultazione. vol. II: I sintagmi verbale, aggettivale, avverbiale. La subordinazione, Bologna, Il Mulino: 571-592. Skerly, Stanko, 1926, Syntaxe du participe présent et du gérondif en vieil italien, Paris, Champion.
2003
9788883198519
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