Il movimento di “contro-intenzionalità”, introdotto da Levinas per ripensare a fondo l’incontro tra l’altro e l’io, tende a demistificare e capovolgere il dualismo di soggetto e oggetto, mandando in frantumi il mito di una libertà irresponsabile, così come, al contrario, ogni ingenuo irenismo comunitario; l’illusione di una reciprocità simmetrica, guadagnata per via contrattuale, viene spazzata via dinanzi all’evento “anarchico” dal darsi del volto di altri, in cui filtra l’infinito. Questo contributo vorrebbe tentare uno scavo proprio in questo punto, a partire da una domanda: che ne è dell’invito levinassiano a lasciarsi mettere all’accusativo dall’irruzione del volto dell’altro, fino a farsi suo ostaggio, se l’altro assume il volto violento del nemico, di colui che spinge l’asimmetria della relazione fino al suo estremo, che può arrivare all’oppressione dell’altro e con questo all’annientamento stesso della relazione? Non proviene forse dallo stesso Levinas l’invito appassionato a «pensare questa differenza tra me e l'altro, questa disuguaglianza, in un senso assolutamente opposto all'oppressione»?
Il nemico tra estraneità e prossimità
ALICI, Luigino
2009-01-01
Abstract
Il movimento di “contro-intenzionalità”, introdotto da Levinas per ripensare a fondo l’incontro tra l’altro e l’io, tende a demistificare e capovolgere il dualismo di soggetto e oggetto, mandando in frantumi il mito di una libertà irresponsabile, così come, al contrario, ogni ingenuo irenismo comunitario; l’illusione di una reciprocità simmetrica, guadagnata per via contrattuale, viene spazzata via dinanzi all’evento “anarchico” dal darsi del volto di altri, in cui filtra l’infinito. Questo contributo vorrebbe tentare uno scavo proprio in questo punto, a partire da una domanda: che ne è dell’invito levinassiano a lasciarsi mettere all’accusativo dall’irruzione del volto dell’altro, fino a farsi suo ostaggio, se l’altro assume il volto violento del nemico, di colui che spinge l’asimmetria della relazione fino al suo estremo, che può arrivare all’oppressione dell’altro e con questo all’annientamento stesso della relazione? Non proviene forse dallo stesso Levinas l’invito appassionato a «pensare questa differenza tra me e l'altro, questa disuguaglianza, in un senso assolutamente opposto all'oppressione»?File | Dimensione | Formato | |
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