Il processo di apertura della pittura medievale verso nuovi svolgimenti narrativi, che si estendono anche ai fatti della cronaca e della storia, registra un notevole sviluppo tra la seconda metà del Duecento e il Trecento, sotto la spinta da un lato dell’affermarsi di un linguaggio formale di matrice sempre più convincentemente naturalistico, dall’altro dei nuovi compiti che le istituzioni comunali cominciano ad attribuire agli artisti, che vengono sempre più spesso contattati non solo per tradurre in immagini gli avvenimenti della cronaca e della storia locale, ma anche per fornire un’efficace e coerente veste figurativa all’ideologia e all’azione politica delle élites al potere, fino a trasformarsi in veri e propri “pittori civici”. Esemplare è il caso di Siena, dove i maggiori pittori del Trecento sono chiamati a realizzare una complessa sequenza di affreschi di carattere storico e ideologico nelle sale del Palazzo Pubblico (dalla Maestà e dal Guidoriccio da Fogliano di Simone Martini, alla Presa del Castello di Giuncarico attribuito a Duccio di Boninsegna, all’Allegoria ed effetti del Buono e del Cattivo Governo in città e in campagna di Ambrogio Lorenzetti, alle conquiste dei castelli del contado di Lippo Vanni), volti a celebrare la potenza militare e il buon governo della Magistratura dei Nove al potere. Non dissimile è la situazione a Firenze dove, secondo le fonti, dipinti con la raffigurazione dei castelli conquistati dalla città dovevano decorare nel Trecento il Palazzo del Bargello, mentre al Quattrocento risale la celebre serie delle tre grandi tavole di Paolo Uccello, ora sparse in altrettanti musei, con la raffigurazione dei vari momenti della Battaglia di San Romano con cui, nel 1432, Firenze aveva sconfitto Siena, vendicando l’oltraggio di Montaperti. A questa tradizione celebrativa delle glorie militari del comune si riallaccia ancora, all’inizio del Cinquecento, il gonfaloniere Pier Soderini nell’ideare l’impresa dei due grandi affreschi della Sala del Maggior Consiglio di Palazzo Vecchio con la Battaglia di Anghiari e la Battaglia di Cascina, capolavori mai portati a termine da Leonardo e Michelangelo.

Dalla cronaca al mito cittadino: istituzioni urbane e pittura di storia nei comuni italiani tra il XIV e l'inizio del XVI secolo

VERGANI, Graziano Alfredo
2004-01-01

Abstract

Il processo di apertura della pittura medievale verso nuovi svolgimenti narrativi, che si estendono anche ai fatti della cronaca e della storia, registra un notevole sviluppo tra la seconda metà del Duecento e il Trecento, sotto la spinta da un lato dell’affermarsi di un linguaggio formale di matrice sempre più convincentemente naturalistico, dall’altro dei nuovi compiti che le istituzioni comunali cominciano ad attribuire agli artisti, che vengono sempre più spesso contattati non solo per tradurre in immagini gli avvenimenti della cronaca e della storia locale, ma anche per fornire un’efficace e coerente veste figurativa all’ideologia e all’azione politica delle élites al potere, fino a trasformarsi in veri e propri “pittori civici”. Esemplare è il caso di Siena, dove i maggiori pittori del Trecento sono chiamati a realizzare una complessa sequenza di affreschi di carattere storico e ideologico nelle sale del Palazzo Pubblico (dalla Maestà e dal Guidoriccio da Fogliano di Simone Martini, alla Presa del Castello di Giuncarico attribuito a Duccio di Boninsegna, all’Allegoria ed effetti del Buono e del Cattivo Governo in città e in campagna di Ambrogio Lorenzetti, alle conquiste dei castelli del contado di Lippo Vanni), volti a celebrare la potenza militare e il buon governo della Magistratura dei Nove al potere. Non dissimile è la situazione a Firenze dove, secondo le fonti, dipinti con la raffigurazione dei castelli conquistati dalla città dovevano decorare nel Trecento il Palazzo del Bargello, mentre al Quattrocento risale la celebre serie delle tre grandi tavole di Paolo Uccello, ora sparse in altrettanti musei, con la raffigurazione dei vari momenti della Battaglia di San Romano con cui, nel 1432, Firenze aveva sconfitto Siena, vendicando l’oltraggio di Montaperti. A questa tradizione celebrativa delle glorie militari del comune si riallaccia ancora, all’inizio del Cinquecento, il gonfaloniere Pier Soderini nell’ideare l’impresa dei due grandi affreschi della Sala del Maggior Consiglio di Palazzo Vecchio con la Battaglia di Anghiari e la Battaglia di Cascina, capolavori mai portati a termine da Leonardo e Michelangelo.
2004
9788882158415
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