Costante è, nella riflessione di Max Scheler, il rapporto tra filosofia e psicologia, scienza quest’ultima dalla quale nell’età della crisi ci si attendeva il progresso dell’umano. Dall’approfondimento delle istanze, che sorgevano dal terreno dell’indagine psicologica empirica e che rimanevano a quel livello inevase, si sviluppano infatti le principali acquisizioni filosofiche scheleriane, le quali da parte loro offrono al complesso delle scienze antropologiche un insperato orizzonte di senso. Nell’esigenza di integrare, in un adeguato contesto assiologico-etico ed ontologico-metafisico, la prospettiva del riduzionismo psico-fisico, su cui l’interpretazione del sentire-del-sentimento era appiattita, trova la sua principale ragion d’essere l’esplorazione dell’ambito del valore e del Fühlen: Scheler lo percorre con completezza, congiungendo il livello a priori della assiologia fenomenologica e della prassi con il termine ultimo realizzativo dei portatori-di-valore effettivi, tramite l’applicazione dell’essere-attivo lavorativo. Molte autoillusioni vengono così smascherate e gli scienziati della psiche si trovano facilitati nel cogliere normalità e patologia del vissuto, potendo riferirsi a strutture essenziali di vissuto certe e definite, perché verificate nella loro realizzazione. Anche teoreticamente, il risultato che Scheler consegue, accettando di mettere a confronto il pensiero filosofico con le procedure delle scienze sperimentali, è notevole e consiste in un radicale rinnovamento della filosofia, che viene ripensata a partire dalle problematiche emergenti dal recente sviluppo dei saperi antropologici, tra cui la psicologia. Tale ripensamento culminerà nella ipotesi scheleriana di una nuova metafisica come «meta-antropologia e metafisica dell’atto» e teismo in fieri. Infine, nella pratica delle scienze antropologiche empiriche la riflessione scheleriana, se assunta, può aprire a importanti innovazioni, sulla base della possibilità del loro posizionamento all’interno di una gerarchia dei saperi, con all’apice la filosofia, nella quale si possa garantire quel nesso oggettivo tra valutare-conoscere-operare, andato smarrito quando l’entusiasmo per le conquiste, che le nuove scienze sperimentali sembravano spontaneamente produrre, fece erroneamente ritenere che non ci sarebbe stato più bisogno dell’apporto umano per orientare l’essere al bene.
La gerarchia dei saperi antropologici. Filosofia e psicologia in Max Scheler
VERDUCCI, Daniela
2005-01-01
Abstract
Costante è, nella riflessione di Max Scheler, il rapporto tra filosofia e psicologia, scienza quest’ultima dalla quale nell’età della crisi ci si attendeva il progresso dell’umano. Dall’approfondimento delle istanze, che sorgevano dal terreno dell’indagine psicologica empirica e che rimanevano a quel livello inevase, si sviluppano infatti le principali acquisizioni filosofiche scheleriane, le quali da parte loro offrono al complesso delle scienze antropologiche un insperato orizzonte di senso. Nell’esigenza di integrare, in un adeguato contesto assiologico-etico ed ontologico-metafisico, la prospettiva del riduzionismo psico-fisico, su cui l’interpretazione del sentire-del-sentimento era appiattita, trova la sua principale ragion d’essere l’esplorazione dell’ambito del valore e del Fühlen: Scheler lo percorre con completezza, congiungendo il livello a priori della assiologia fenomenologica e della prassi con il termine ultimo realizzativo dei portatori-di-valore effettivi, tramite l’applicazione dell’essere-attivo lavorativo. Molte autoillusioni vengono così smascherate e gli scienziati della psiche si trovano facilitati nel cogliere normalità e patologia del vissuto, potendo riferirsi a strutture essenziali di vissuto certe e definite, perché verificate nella loro realizzazione. Anche teoreticamente, il risultato che Scheler consegue, accettando di mettere a confronto il pensiero filosofico con le procedure delle scienze sperimentali, è notevole e consiste in un radicale rinnovamento della filosofia, che viene ripensata a partire dalle problematiche emergenti dal recente sviluppo dei saperi antropologici, tra cui la psicologia. Tale ripensamento culminerà nella ipotesi scheleriana di una nuova metafisica come «meta-antropologia e metafisica dell’atto» e teismo in fieri. Infine, nella pratica delle scienze antropologiche empiriche la riflessione scheleriana, se assunta, può aprire a importanti innovazioni, sulla base della possibilità del loro posizionamento all’interno di una gerarchia dei saperi, con all’apice la filosofia, nella quale si possa garantire quel nesso oggettivo tra valutare-conoscere-operare, andato smarrito quando l’entusiasmo per le conquiste, che le nuove scienze sperimentali sembravano spontaneamente produrre, fece erroneamente ritenere che non ci sarebbe stato più bisogno dell’apporto umano per orientare l’essere al bene.File | Dimensione | Formato | |
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