Il riconoscimento giuridico dello status personae avvenuto in ambito giusnaturalistico e volto a pacificare la comunità europea, appare ormai del tutto inadeguato ad affrontare con successo le problematiche bioetiche, insorgenti ai nostri giorni: le attuali biotecnologie mediche ci consentono, infatti, di operare su individui della specie umana nella fase embrionale e pre-embrionale, cioè prima che abbiano conseguito quello status personae, per il quale gli ordinamenti vigenti, eredi delle conquiste della modernità, sono attrezzati a prevedere regolamentazione e tutela. E’ per questo che la questione bioetica, di sapere quando un individuo della specie umana diventa persona, si è fatta pressante e, in quanto tesa a riguardare la persona per quello che è in sé, indipendentemente dalla sua fase di sviluppo e prima di essere calata nel contesto dei diritti, rimanda a contesti extragiuridici e sospinge a rivolgersi a intenzionalità conoscitive di pertinenza della filosofia. Hans Jonas si è cimentato con il tema della vita umana tra biologia e filosofia e ne ha tratto utili lineamenti etici. Ma per affrontare alla radice la questione che si pone occorre praticare la metafisica per sviluppare, al pari di M. Scheler e A.-T. Tymieniecka, una nuova concezione, insieme unitaria e dinamica, dell’essere come vita, e porsi, in campo antropologico, al di là del dualismo cartesiano che a una res cogitans libera e spontanea oppone una res extensa determinata e meccanica. Si può così giungere a condividere la conclusione di R. Spaemann, al termine della sua ampia disamina della differenza tra «qualcosa» e «qualcuno»: «Può e deve aversi un unico criterio per la personalità: l’appartenenza biologica al genere umano[…]L’essere della persona è la vita di un uomo».
De persona
VERDUCCI, Daniela
2007-01-01
Abstract
Il riconoscimento giuridico dello status personae avvenuto in ambito giusnaturalistico e volto a pacificare la comunità europea, appare ormai del tutto inadeguato ad affrontare con successo le problematiche bioetiche, insorgenti ai nostri giorni: le attuali biotecnologie mediche ci consentono, infatti, di operare su individui della specie umana nella fase embrionale e pre-embrionale, cioè prima che abbiano conseguito quello status personae, per il quale gli ordinamenti vigenti, eredi delle conquiste della modernità, sono attrezzati a prevedere regolamentazione e tutela. E’ per questo che la questione bioetica, di sapere quando un individuo della specie umana diventa persona, si è fatta pressante e, in quanto tesa a riguardare la persona per quello che è in sé, indipendentemente dalla sua fase di sviluppo e prima di essere calata nel contesto dei diritti, rimanda a contesti extragiuridici e sospinge a rivolgersi a intenzionalità conoscitive di pertinenza della filosofia. Hans Jonas si è cimentato con il tema della vita umana tra biologia e filosofia e ne ha tratto utili lineamenti etici. Ma per affrontare alla radice la questione che si pone occorre praticare la metafisica per sviluppare, al pari di M. Scheler e A.-T. Tymieniecka, una nuova concezione, insieme unitaria e dinamica, dell’essere come vita, e porsi, in campo antropologico, al di là del dualismo cartesiano che a una res cogitans libera e spontanea oppone una res extensa determinata e meccanica. Si può così giungere a condividere la conclusione di R. Spaemann, al termine della sua ampia disamina della differenza tra «qualcosa» e «qualcuno»: «Può e deve aversi un unico criterio per la personalità: l’appartenenza biologica al genere umano[…]L’essere della persona è la vita di un uomo».I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.