Un’antica afasia pesa su ogni tentativo di razionalizzare il corporeo ed esige di tenere a distanza sia la semplificazione dualistica sia la risposta riduzionista. Questo senso di inadeguatezza si manifesta in tutta la sua radicalità, con un crescendo aporetico, quando l’attenzione si sposta dal piano del corpo fisico, genericamente inteso, a quello del corpo organico, che costituisce la dimensione somatica propria di ogni individuo vivente; in misura maggiore, quando c’interroghiamo sull’identità del corpo personale; massimamente, infine, quando l’intento riflessivo prende di mira l’esperienza vissuta del mio corpo. Il contributo si sofferma su quest’ultima accezione, rispetto alla quale cerca di articolare un possibile percorso di approfondimento in chiave etico-antropologica, misurandosi con due approcci, in qualche misura paradigmatici, costitutiti dalla tradizione fenomenologica da un lato e dalla filosofia analitica e postanalitica dall’altro. Fra queste due tradizioni resta una distanza di principio, eppure un dialogo appare possibile e persino doveroso, almeno in quanto possono apportare al medesimo ambito tematico i guadagni di approcci metodologici diversi, depurati da irrigidimenti più o meno estremistici. Se la via fenomenologia inscrive il corpo nella scala temporale del vissuto, la via analitica lo mantiene nella dimensione ontica e “spazializzata” della fisica e della biologia. Il corpo conferisce alla persona umana la sua più propria individualità, vincolandolo ad un duplice ordine di grandezza, spaziale e insieme temporale, che appare come la condizione necessaria, anche se non sufficiente, della sua piena identità.
Corporeità, persona e vita morale
ALICI, Luigino
2003-01-01
Abstract
Un’antica afasia pesa su ogni tentativo di razionalizzare il corporeo ed esige di tenere a distanza sia la semplificazione dualistica sia la risposta riduzionista. Questo senso di inadeguatezza si manifesta in tutta la sua radicalità, con un crescendo aporetico, quando l’attenzione si sposta dal piano del corpo fisico, genericamente inteso, a quello del corpo organico, che costituisce la dimensione somatica propria di ogni individuo vivente; in misura maggiore, quando c’interroghiamo sull’identità del corpo personale; massimamente, infine, quando l’intento riflessivo prende di mira l’esperienza vissuta del mio corpo. Il contributo si sofferma su quest’ultima accezione, rispetto alla quale cerca di articolare un possibile percorso di approfondimento in chiave etico-antropologica, misurandosi con due approcci, in qualche misura paradigmatici, costitutiti dalla tradizione fenomenologica da un lato e dalla filosofia analitica e postanalitica dall’altro. Fra queste due tradizioni resta una distanza di principio, eppure un dialogo appare possibile e persino doveroso, almeno in quanto possono apportare al medesimo ambito tematico i guadagni di approcci metodologici diversi, depurati da irrigidimenti più o meno estremistici. Se la via fenomenologia inscrive il corpo nella scala temporale del vissuto, la via analitica lo mantiene nella dimensione ontica e “spazializzata” della fisica e della biologia. Il corpo conferisce alla persona umana la sua più propria individualità, vincolandolo ad un duplice ordine di grandezza, spaziale e insieme temporale, che appare come la condizione necessaria, anche se non sufficiente, della sua piena identità.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.