Nel presente lavoro si approfondiscono le tematiche relative ai negozi giuridici unilaterali con particolare attenzione ai profili applicativi delle singole fattispecie. Il legislatore non ha voluto prescindere dalla diversità di struttura degli atti unilaterali aventi contenuto patrimoniale rispetto a quella del contratto. Se è vero infatti che anche gli atti unilaterali determinano la costituzione, la modificazione e la estinzione di rapporti giuridici, risulta altresì che la parte del rapporto non corrisponde alla parte dell’atto, che è infatti terza rispetto a questo. La norma di cui all’art. 1324 c.c. può essere intesa, secondo una prima interpretazione, nel senso che il giudizio di compatibilità sulle norme applicabili all’atto unilaterale debba essere fatto con riferimento alla compatibilità in senso materiale della norma sul contratto con la fattispecie del negozio unilaterale da regolare. Sotto altro profilo, invece, il criterio di compatibilità può essere riferito alla possibilità di applicare, anche alla fattispecie unilaterale, la medesima ratio che è alla base della norma sul contratto della cui applicabilità si discute. In tal senso, la norma dell’art. 1324 c.c. nel disporre l’applicabilità, comunque diretta, delle norme dettate per i contratti, sarebbe soltanto espressione del principio generale di integrazione analogica. Va ancora segnalato che per quanto l’art. 1324 c.c. faccia riferimento ai soli atti unilaterali aventi natura negoziale, non si può escludere l’applicabilità in via analogica, e non quindi diretta, delle norme del contratto anche agli atti c.d. non negoziali o atti in senso stretto Ci si interroga poi sull’ammissibilità dei negozi unilaterali atipici. A tal proposito, vengono analizzati gli orientamenti tesi contestare la validità del tradizionale principio del numerus clausus degli atti unilaterali. Viene presa in considerazione la tesi di chi, in particolare, ha svolto una serrata critica al c.d. dogma della bilateralità nella formazione del contratto ed ha così argomentato dell’avvenuto superamento del principio della sovranità formale della volontà del soggetto sulla propria sfera giuridica a favore del principio della prevenzione della lesione patrimoniale ingiusta. Altri, muovendo dal principio della intangibilità in via diretta della sfera giuridica del terzo, in difetto del suo assenso, salvo che si tratti di alterazione giuridicamente del tutto favorevole al medesimo, ne ha dedotto l’insussistenza di limiti all’autonomia privata nella creazione di tipi negoziali con esso compatibili, pervenendo così, anche se da diversa angolazione, ad una completa equiparazione fra contratto e negozi unilaterali con effetti favorevoli per il destinatario. Tuttavia, secondo l'orientamento maggioritario, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza, il principio di tipicità delle promesse unilaterali, fissato dall'art. 1987 c.c., opera per tutti gli atti unilaterali. L’art. 1987 c.c. affermerebbe pertanto il principio di tipicità dei negozi unilaterali essendo difficile ricollegare, dal punto di vista logico, alla volontà unilaterale una situazione necessariamente bi-plurilaterale, tenuto anche conto che la promessa unilaterale, dal punto di vista causale, si presenta quantomeno ambigua. Ogni atto di autonomia privata necessita di una giustificazione causale eccezion fatta per quelle poche fattispecie di negozi astratti ammessi dall’ordinamento. Vengono poi analizzate le figure della promessa di pagamento e della ricognizione di debito, due istituti che producono i medesimi effetti di natura prevalentemente processuale attuando entrambi una scomposizione della fattispecie e semplificando così la prova del credito; né l’una né l’altra figura, infatti, danno vita ad un nuovo rapporto a sé stante ma determinano soltanto una inversione dell’onere della prova sulla validità ed efficacia del rapporto fondamentale. Possono però produrre anche effetti di carattere sostanziale in quanto sono atti validi ad interrompere la prescrizione ai sensi dell’art. 2944 c.c. e ad impedire la decadenza (art. 2966 c.c.). Viene altresì esaminato l’istituto della promessa al pubblico quale negozio unilaterale che vincola il promittente non per effetto dell’incontro della sua volontà con quella di altro soggetto che abbia manifestato di accettare la promessa, bensì per effetto della sua unilaterale determinazione. L’istituto in oggetto è una promessa unilaterale a destinatario indeterminato, in incertam personam, che ha per contenuto una prestazione da effettuarsi a favore di chi si trovi in una determinata situazione o compia una certa azione. La promessa diviene vincolante per il promettente appena è portata a conoscenza del pubblico ed è revocabile, secondo quanto dispone l’art. 1990 c.c., quando sussista giusta causa e questa sia resa pubblica nella forma stessa della promessa o quando non si sia già verificata la situazione considerata o non sia stata già compiuta l’azione prevista. Viene poi analizzato il rapporto tra le promesse unilaterali ed il contratto con obbligazioni a carico dl solo preponente di cui all’art. 1333 c.c. Rispetto però a quelle promesse che prevedono una reciprocità di prestazioni, il meccanismo del contratto con obbligazioni a carico del solo proponente non sembra del tutto compatibile con le esigenze pratiche e le caratteristiche fattuali della promessa al pubblico. Dopo attenta disamina delle ricostruzioni dottrinali e giurisprudenziali in ordine alla natura giuridica della figura di cui all’art. 1333 c.c., viene adottata la tesi che, senza il ricorso ad inutili finzioni, intravede nel contratto con obbligazioni a carico del solo proponente un accordo bilaterale. Ci si interroga poi sulla applicabilità della normativa in tema di buona fede precontrattuale oltre che alla fase della formazione del contratto, anche a quella dei negozi unilaterali tra vivi a contenuto patrimoniale. In particolare ci si domanda se nell’ipotesi di un negozio unilaterale recettizio invalido il destinatario di detto negozio, ignaro del vizio dell’atto, possa invocare la violazione dell’art. 1337 c.c. ove l’invalidità sia imputabile all’autore della dichiarazione. In ultima analisi viene esaminata un’ulteriore ipotesi normativa di negozio unilaterale desumibile dall’art 2645 ter c.c. In realtà, le insopprimibili esigenze di tutela della sfera giuridica del beneficiario, impongono la necessità della sua accettazione nell’ipotesi (eterodestinazione) in cui i beni vincolati siano stati in precedenza trasferiti dal “conferente” ad un fiduciario: la somiglianza col contratto a favore del terzo o con la donazione con modo a favore di terzo determinato rendono palese l’adesione del beneficiario ai fini dell’acquisto del diritto, benché la tesi dominante ritenga tale adesione a tal fine non necessaria.

Promesse vincolanti, atti unilaterali e contratti ad una sola dichiarazione

DAMIANI, Enrico
2007-01-01

Abstract

Nel presente lavoro si approfondiscono le tematiche relative ai negozi giuridici unilaterali con particolare attenzione ai profili applicativi delle singole fattispecie. Il legislatore non ha voluto prescindere dalla diversità di struttura degli atti unilaterali aventi contenuto patrimoniale rispetto a quella del contratto. Se è vero infatti che anche gli atti unilaterali determinano la costituzione, la modificazione e la estinzione di rapporti giuridici, risulta altresì che la parte del rapporto non corrisponde alla parte dell’atto, che è infatti terza rispetto a questo. La norma di cui all’art. 1324 c.c. può essere intesa, secondo una prima interpretazione, nel senso che il giudizio di compatibilità sulle norme applicabili all’atto unilaterale debba essere fatto con riferimento alla compatibilità in senso materiale della norma sul contratto con la fattispecie del negozio unilaterale da regolare. Sotto altro profilo, invece, il criterio di compatibilità può essere riferito alla possibilità di applicare, anche alla fattispecie unilaterale, la medesima ratio che è alla base della norma sul contratto della cui applicabilità si discute. In tal senso, la norma dell’art. 1324 c.c. nel disporre l’applicabilità, comunque diretta, delle norme dettate per i contratti, sarebbe soltanto espressione del principio generale di integrazione analogica. Va ancora segnalato che per quanto l’art. 1324 c.c. faccia riferimento ai soli atti unilaterali aventi natura negoziale, non si può escludere l’applicabilità in via analogica, e non quindi diretta, delle norme del contratto anche agli atti c.d. non negoziali o atti in senso stretto Ci si interroga poi sull’ammissibilità dei negozi unilaterali atipici. A tal proposito, vengono analizzati gli orientamenti tesi contestare la validità del tradizionale principio del numerus clausus degli atti unilaterali. Viene presa in considerazione la tesi di chi, in particolare, ha svolto una serrata critica al c.d. dogma della bilateralità nella formazione del contratto ed ha così argomentato dell’avvenuto superamento del principio della sovranità formale della volontà del soggetto sulla propria sfera giuridica a favore del principio della prevenzione della lesione patrimoniale ingiusta. Altri, muovendo dal principio della intangibilità in via diretta della sfera giuridica del terzo, in difetto del suo assenso, salvo che si tratti di alterazione giuridicamente del tutto favorevole al medesimo, ne ha dedotto l’insussistenza di limiti all’autonomia privata nella creazione di tipi negoziali con esso compatibili, pervenendo così, anche se da diversa angolazione, ad una completa equiparazione fra contratto e negozi unilaterali con effetti favorevoli per il destinatario. Tuttavia, secondo l'orientamento maggioritario, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza, il principio di tipicità delle promesse unilaterali, fissato dall'art. 1987 c.c., opera per tutti gli atti unilaterali. L’art. 1987 c.c. affermerebbe pertanto il principio di tipicità dei negozi unilaterali essendo difficile ricollegare, dal punto di vista logico, alla volontà unilaterale una situazione necessariamente bi-plurilaterale, tenuto anche conto che la promessa unilaterale, dal punto di vista causale, si presenta quantomeno ambigua. Ogni atto di autonomia privata necessita di una giustificazione causale eccezion fatta per quelle poche fattispecie di negozi astratti ammessi dall’ordinamento. Vengono poi analizzate le figure della promessa di pagamento e della ricognizione di debito, due istituti che producono i medesimi effetti di natura prevalentemente processuale attuando entrambi una scomposizione della fattispecie e semplificando così la prova del credito; né l’una né l’altra figura, infatti, danno vita ad un nuovo rapporto a sé stante ma determinano soltanto una inversione dell’onere della prova sulla validità ed efficacia del rapporto fondamentale. Possono però produrre anche effetti di carattere sostanziale in quanto sono atti validi ad interrompere la prescrizione ai sensi dell’art. 2944 c.c. e ad impedire la decadenza (art. 2966 c.c.). Viene altresì esaminato l’istituto della promessa al pubblico quale negozio unilaterale che vincola il promittente non per effetto dell’incontro della sua volontà con quella di altro soggetto che abbia manifestato di accettare la promessa, bensì per effetto della sua unilaterale determinazione. L’istituto in oggetto è una promessa unilaterale a destinatario indeterminato, in incertam personam, che ha per contenuto una prestazione da effettuarsi a favore di chi si trovi in una determinata situazione o compia una certa azione. La promessa diviene vincolante per il promettente appena è portata a conoscenza del pubblico ed è revocabile, secondo quanto dispone l’art. 1990 c.c., quando sussista giusta causa e questa sia resa pubblica nella forma stessa della promessa o quando non si sia già verificata la situazione considerata o non sia stata già compiuta l’azione prevista. Viene poi analizzato il rapporto tra le promesse unilaterali ed il contratto con obbligazioni a carico dl solo preponente di cui all’art. 1333 c.c. Rispetto però a quelle promesse che prevedono una reciprocità di prestazioni, il meccanismo del contratto con obbligazioni a carico del solo proponente non sembra del tutto compatibile con le esigenze pratiche e le caratteristiche fattuali della promessa al pubblico. Dopo attenta disamina delle ricostruzioni dottrinali e giurisprudenziali in ordine alla natura giuridica della figura di cui all’art. 1333 c.c., viene adottata la tesi che, senza il ricorso ad inutili finzioni, intravede nel contratto con obbligazioni a carico del solo proponente un accordo bilaterale. Ci si interroga poi sulla applicabilità della normativa in tema di buona fede precontrattuale oltre che alla fase della formazione del contratto, anche a quella dei negozi unilaterali tra vivi a contenuto patrimoniale. In particolare ci si domanda se nell’ipotesi di un negozio unilaterale recettizio invalido il destinatario di detto negozio, ignaro del vizio dell’atto, possa invocare la violazione dell’art. 1337 c.c. ove l’invalidità sia imputabile all’autore della dichiarazione. In ultima analisi viene esaminata un’ulteriore ipotesi normativa di negozio unilaterale desumibile dall’art 2645 ter c.c. In realtà, le insopprimibili esigenze di tutela della sfera giuridica del beneficiario, impongono la necessità della sua accettazione nell’ipotesi (eterodestinazione) in cui i beni vincolati siano stati in precedenza trasferiti dal “conferente” ad un fiduciario: la somiglianza col contratto a favore del terzo o con la donazione con modo a favore di terzo determinato rendono palese l’adesione del beneficiario ai fini dell’acquisto del diritto, benché la tesi dominante ritenga tale adesione a tal fine non necessaria.
2007
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