La produzione delle politiche tende ad una sottoutilizzazione delle forme giuridiche (che presuppongono l’implementazione) che favorisce l’uso della pianificazione, ossia di strumenti non necessariamente giuridico-normativi. L’assunzione del punto di vista della legittimità dell’azione discrezionale dell’amministrazione riguardo all’individuazione del significato da assegnare al testo normativo si risolve quindi in una presa d’atto del superamento della pretesa neutralità del diritto, utilizzato per strutturare i processi decisionali in modo da favorire la condivisione degli esiti allocativi delle politiche non solo da parte dei destinatari di queste ultime ma anche, e forse soprattutto, dei soggetti esclusi. Tale scenario prelude alla comprensione di processi regolativi in cui rileva la dimensione locale, intesa come l’insieme delle specificità dei contesti geografici, storici e culturali, dell’individuazione di preesistenti meccanismi regolativi sociali e delle condizioni di attivazione di tali meccanismi. Così all’origine dell’inclusione del welfare nella comprensiva idea di police power dello Stato vi è l’obiettivo di proteggere gli interessi del resto della società perseguito da una legislazione sulla povertà risalente, ma al tempo stesso moderna, in ragione del suo carattere “pubblico”, mentre in Inghilterra la trasformazione della funzione assistenziale in una funzione pubblica è stata paradossalmente favorita dallo smantellamento del modello assistenziale ecclesiastico a seguito della Riforma protestante. Le politiche sociali contemporanee sono declinate in termini di pretese esigibili, ossia di diritti ed obbligazioni a prestazioni positive da parte dello Stato e delle sue articolazioni territoriali: si tratta di «diritti sociali» che richiedono l’erogazione di prestazioni e servizi da parte dell’amministrazione, e rispetto ai quali la legge non si limita a circoscrivere e definire la dimensione pubblica e privata, ma si occupa dell’organizzazione delle strutture amministrative e della previsione delle spese necessarie per realizzare l’effettività del diritto sociale. Al centro di tale impostazione si colloca il tema della ‘giustiziabilità’ dei diritti sociali, strettamente, ma anche problematicamente, connesso a quello della loro costituzionalizzazione e si riflette sulle tecniche di riconoscimento di tali diritti adottate nei documenti costituzionali, che nel saggio sono discusse in modo critico.
Comunità locali, servizi sociali e diritti: una prospettiva teorica
RAITERI, Monica
2010-01-01
Abstract
La produzione delle politiche tende ad una sottoutilizzazione delle forme giuridiche (che presuppongono l’implementazione) che favorisce l’uso della pianificazione, ossia di strumenti non necessariamente giuridico-normativi. L’assunzione del punto di vista della legittimità dell’azione discrezionale dell’amministrazione riguardo all’individuazione del significato da assegnare al testo normativo si risolve quindi in una presa d’atto del superamento della pretesa neutralità del diritto, utilizzato per strutturare i processi decisionali in modo da favorire la condivisione degli esiti allocativi delle politiche non solo da parte dei destinatari di queste ultime ma anche, e forse soprattutto, dei soggetti esclusi. Tale scenario prelude alla comprensione di processi regolativi in cui rileva la dimensione locale, intesa come l’insieme delle specificità dei contesti geografici, storici e culturali, dell’individuazione di preesistenti meccanismi regolativi sociali e delle condizioni di attivazione di tali meccanismi. Così all’origine dell’inclusione del welfare nella comprensiva idea di police power dello Stato vi è l’obiettivo di proteggere gli interessi del resto della società perseguito da una legislazione sulla povertà risalente, ma al tempo stesso moderna, in ragione del suo carattere “pubblico”, mentre in Inghilterra la trasformazione della funzione assistenziale in una funzione pubblica è stata paradossalmente favorita dallo smantellamento del modello assistenziale ecclesiastico a seguito della Riforma protestante. Le politiche sociali contemporanee sono declinate in termini di pretese esigibili, ossia di diritti ed obbligazioni a prestazioni positive da parte dello Stato e delle sue articolazioni territoriali: si tratta di «diritti sociali» che richiedono l’erogazione di prestazioni e servizi da parte dell’amministrazione, e rispetto ai quali la legge non si limita a circoscrivere e definire la dimensione pubblica e privata, ma si occupa dell’organizzazione delle strutture amministrative e della previsione delle spese necessarie per realizzare l’effettività del diritto sociale. Al centro di tale impostazione si colloca il tema della ‘giustiziabilità’ dei diritti sociali, strettamente, ma anche problematicamente, connesso a quello della loro costituzionalizzazione e si riflette sulle tecniche di riconoscimento di tali diritti adottate nei documenti costituzionali, che nel saggio sono discusse in modo critico.File | Dimensione | Formato | |
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